Correre è un’arte, non solo uno sport o una disciplina. E’ in grado, a prescindere dal luogo in cui ci si trova, di accompagnare chi ci dedica tempo e costanza in un vero e proprio viaggio attraverso se’ stessi, per raggiungere l’armonia tra corpo e mente, addirittura propedeutica alle attività intellettuali, come la scrittura.
Lo spiega, nel suo linguaggio efficace e con il suo ritmo sostenuto dai passi sull’asfalto, la scrittrice Chiara Marchelli, finalista premio Strega nel 2017 con “Le notti blu”.
Nel suo ultimo libro, “New York, una città di corsa” con l’avvertenza “A perdifiato nella Grande Mela” di Giulio Perrone editore, collana “Passaggi di dogana” si compie un vero e proprio tour che non è né un manuale sulla corsa né una guida turistica della città più eclettica del mondo.
Chiara ci vive da anni, e da anni corre ogni giorno, partendo dalla sua casa a Brooklyn, con percorsi sempre nuovi, un itinerario in cui racconta, una falcata dopo l’altra, aneddoti, ricordi personali, la storia della città, della sua architettura, delle piazze e delle strade che pulsano come arterie nel cuore della grande mela.
La abbiamo intervistata poco prima di cominciare un’altra corsa, quella della promozione del suo libro in Italia.

Hai scritto New York una città di corsa a pochi mesi dalla nomina tra i finalisti del premio Strega. Da quanto tempo avevi in mente questo progetto e perché?
“Me lo ha chiesto il mio editore, Giulio Perrone. Ma volevo fare una cosa diversa – ci sono centinaia di guide su New York, anche letterarie – e scrivere un libro che avesse un angolo di osservazione personale. Così ho messo insieme le mie passioni e alcuni dei tasselli che compongono la mia identità: la scrittura, la corsa e la città dove vivo”.
Perché correre aiuta a scrivere? Per te Da dove origina il legame, osservato da molti, tra moto e creatività?
“Correre per me aiuta a concentrare il pensiero, liberarmi della stanchezza fisica e mentale, fare piazza pulita di ciò che è inutile e dare aria alla testa. Come ho scritto nella guida, con i muscoli si sciolgono anche i meccanismi della mente, e l’immaginazione, o la memoria, si trovano d’un tratto a muoversi dentro uno spazio che prima era costretto: l’imbuto di un certo capitolo, per esempio, oppure, semplicemente, il buio sul seguito di ciò che sto scrivendo. Correre ossigena la testa, e quindi anche la scrittura. In molti modi la corsa è un’estensione naturale della scrittura. In tutte e due queste attività sono necessarie resistenza, pazienza, sforzo. E bisogna muoversi, cominciare un nuovo libro, con l’idea di fare un passo alla volta: lasciare che l’idea o la suggestione ci abitino e poi, a furia di essere presenti, si distilli, gocciando, come un’acquavite che casca una stilla alla volta dentro la bottiglia. Attraverso la corsa è possibile allenare non soltanto il corpo, che si costruisce a mano a mano più forte e capace di rispondere a obiettivi sempre più ambiziosi, ma anche la mente, che diventa sempre più capace di concentrazione, con il risultato che spesso ci si trova a correre in uno stato di assorbimento totale, risultato della perfetta armonia tra movimento del corpo e della mente”.
La corsa è una attività, a quanto scrivi, a cui ti dedichi soprattutto quando sei a New York. Quando sei altrove mantieni questa abitudine e se si quali sono le sensazioni simili e/ o differenti?
“Corro ovunque io sia. Correndo è possibile vedere parti della città o della geografia in cui ci si trova che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere o vedere nel loro complesso. A piedi si può certamente accedere agli stessi luoghi, ma si va troppo lenti e si vede quindi una frazione di quanto si riesce invece a vedere correndo. Con i mezzi di trasporto pubblici non si può girare a seconda dell’ispirazione che all’ultimo minuto ci fa deviare perché abbiamo intravisto l’insegna di un locale che pare interessante, o un angolo di parco, o una strada alberata che a venti metri da qui nemmeno sospettavi. E questo è anche il principio che sta dietro alla stesura della guida: offrire uno scorcio differente, proporre percorsi da fare a piedi, di corsa o passeggiando, per conoscere meglio una città mastodontica come New York. Ma, appunto, io corro ovunque. Rientro ora da una presentazione del libro a Roma: il giorno dopo mi sono svegliata presto e ho fatto una corsa indimenticabile in giro per la città. Stamane, invece, tornata in Valle d’Aosta, ho fatto una corsa completamente diversa lungo il fiume Dora: silenziosa, immersa nella natura. Correre è un vettore straordinario della conoscenza: dei luoghi e di sé.
Il libro è un vero proprio viaggio a ritmo di passo con la storia della città e la trasformazione dei suoi quartieri. Quanto è cambiata New York da quando ci vivi ?
Molto. New York viaggia a ritmi accelerati e io, che ci abito da quasi vent’anni, l’ho vista cambiare in molte cose. Sia in positivo che in negativo”.

© Masterfile Royalty-Free
Tra le pagine racconti anche qualche aneddoto autobiografico. Quanto invece la città ha cambiato Te?
“Non lo so. Non ho alternative, non so come sarei stata se non fossi venuta a vivere qui. So che si cambia necessariamente anche a seconda di ciò che ci circonda. Di certo, ho imparato la velocità, la rapidità d’intuizione, un senso dell’umorismo obbligatorio, che è quello della città, senza il quale vivere bene qui è dura. Ecco, fossi rimasta ad Aosta, sarei forse meno nevrotica (ma lo siamo tutti, è una qualità del nostro tempo), però forse anche meno rapida. E senz’altro meno aperta”.
Murakami scriveva: Corro. Semplicemente corro nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto. Tu cosa cerchi quando corri?
“La quiete, il senso del corpo, lo spazio, la concentrazione, la consapevolezza dell’ambiente e dell’altro, le idee. Penso, e anche molto, e meglio quando corro. E corro su tutto. Non si dice, correre su qualcosa, ma lo dico ugualmente. Correre su qualcosa aiuta a guardarlo, passarci attraverso. Nel libro ho scritto proprio questo: “Ho corso su qualsiasi cosa: sulla disperazione, sulle offese, sugli abbandoni, sulla solitudine, sull’esaustione, sulla paura e l’umiliazione. E ho corso sulla gioia, sull’amore, sulla pace, la quiete, l’armonia di una vita che cerco di tenere sempre d’occhio, perché non sfugga mentre mi distraggo e si vada a far vivere da qualcun altro. Correre insegna anche questo: a stare.
E insegna la resistenza. Continuare anche quando credi di non farcela più, quando le gambe diventano macigni, il respiro è spugnoso, ti fa male tutto, hai le mestruazioni e sei dolorante, oppure peggio: sei nella settimana prima delle mestruazioni e staccheresti a morsi la testa di chiunque. Prosegui e attraversi il dolore. Da una parte o da un’altra si esce sempre”.
Quindi non resta che seguire l’avventura di Chiara, indossare scarpe adatte, guardarsi intorno e fare il primo dei tanti passi che ci porteranno a scoprire sicuramente qualche luogo nuovo, anche dentro di noi.
Discussion about this post