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December 31, 2017
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December 31, 2017
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Giorgio Bassani: come finisce un mondo, come si può ricordarlo

Giorgio Van Straten racconta "Il giardino dei Finzi Contini", il romanzo scritto nel 1962 da Giorgio Bassani

Giorgio Van StratenbyGiorgio Van Straten
Time: 1 min read

Uno dei capisaldi della letteratura italiana, una storia raccontata attraverso il filtro della memoria. “Il giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani è un libro scritto non nella fase storica a cui si riferiscono, bensì molto, molto dopo. Nel 1962. Il suo attacco è famosissimo: “Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi Contini”. La sua trama è ben conosciuta.

I Finzi-Contini sono una famiglia ebrea di Ferrara che vive in una grande villa circondata da un meraviglioso giardino e separata dal resto del mondo attraverso un grande muro di cinta, protetti e insieme, in qualche misura, segregati. Ma non solo. Questo romanzo è anche una grandissima storia d’amore tra il narratore e Micol Finzi Contini, un amore che però non va a buon fine e che resta sullo sfondo dell’aspetto principale del testo: la persecuzione degli ebrei in Italia. Prima con le leggi razziali del 1938, poi con l’occupazione da parte dei nazisti e la deportazione degli ebrei italiani nei lager nazi-fascisti.

Anche i Finzi-Contini in qualche modo evidentemente finiscono in questo enorme massacro. E ci finiscono con un atteggiamento che colpisce: quello della sorpresa. La sorpresa di vivere sulla propria pelle qualcosa che non sembra reale, che non pare stia accadendo per davvero, che non è coerente con la dignità umana, né spiegabile con raziocinio.

Il racconto, filtrato dalla memoria, di un fenomeno – quello della segregazione razziale e della deportazione nei campi di sterminio – che non si sarebbe mai dovuto consumare.

 

English subtitles by Emmelina De Feo

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Giorgio Van Straten

Giorgio Van Straten

Lo scrittore fiorentino Giorgio Van Straten, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, sceglie 10 Opere italiane per intraprendere un affascinante viaggio letterario. Chi può raccontare il Novecento meglio degli autori che lo hanno vissuto e scritto? Non sarà il Novecento degli storici, ma il secolo delle storie e delle emozioni, il Novecento dei letterati, della poesia e dei romanzi. Quello destinato a restare per sempre, nelle pagine e nella memoria. Dalla biblioteca dell'Istituto italiano di cultura a New York, Van Straten ci guida su queste pagine con brevi video racconti, perché ogni puntata di questa rubrica sia solo l'inizio del fantastico viaggio dei lettori. Uno dei direttori di “Nuovi Argomenti”, Giorgio van Straten è autore dei romanzi "Generazione" (Garzanti 1987), "Ritmi per il nostro ballo" (Marsilio 1992), "Il mio nome a memoria" (Mondadori 2000, Premio Viareggio), "La verità non serve a niente" (Mondadori 2008), "Storia d’amore in tempo di guerra" (Mondadori 2014) e delle raccolte "Hai sbagliato foresta" (Garzanti 1989) e "L’impegno spaesato" (Editori Riuniti 2002). Il suo ultimo libro è "Storie di libri perduti" (2017). Ha tradotto dall’inglese autori come Kipling, London e Stevenson e ha curato, da solo o con altri, "Ebraismo e antiebraismo: immagine e pregiudizio" (Giuntina 1989), "Autobiografia di un giornale" (Editori Riuniti 1989), "La ghisa delle cure e altri scritti di Romano Bilenchi" (Cadmo 1997) e "Juve! Undici scrittori raccontano una grande passione" (Rizzoli 2013).

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