Spesso, travolti dagli eventi tumultuosi di questi anni, ci dimentichiamo che c’è un altro modo per analizzare quanto sta accadendo nel Mediterraneo. Ci riferiamo alle grandi migrazioni, alle migliaia e migliaia di uomini e donne che lasciano l’Africa e il Medio Oriente per cercare di vivere una vita migliore nell’Europa. Affrontiamo temi importanti come la demografia, la sicurezza di chi solca il Mare Nostrum per raggiungere le nostre coste, l’accoglienza, l’integrazione e qualche volta le difficoltà nella gestione delle emergenze. E finiamo col dimenticare che nel dialogo, mai interrotto, tra l’Europa e i Paesi del Mediterraneo c’è un filo che non si è mai spezzato: il filo che unisce culture diverse.
A ricordarci questi valori c’è un libro scritto dei linguisti Giovanni Ruffino e Roberto Sottile. Il volume s’intitola: Parole Migranti tra Oriente e Occidente (edito dal Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani). Giovanni Ruffino ha insegnato Linguistica italiana nella Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Palermo. Attualmente è presidente del Centro di studi filologici e linguistici siciliani e dirige il Progetto ALS, Atlante Linguistico della Sicilia. Roberto Sottile insegna Linguistica italiana all’Università di Palermo. Fa parte del gruppo di lavoro dell’Atlante Linguistico della Sicilia e dirige la collana L’ALS per la scuola e il territorio. Ha dedicato una particolare attenzione al rapporto tra dialetto e mondo giovanile.
“Le parole migrano, come e con gli uomini – si legge in un comunicato di presentazione del lavoro di Giovanni Ruffino e Roberto Sottile -. Nel corso dei secoli anche loro, partendo dalle coste del Nord Africa, hanno attraversato il Mediterraneo per poi fermarsi sulle coste della Sicilia. Ma non solo. Gli stessi arabismi che hanno messo radici nell'Isola, crocevia di popoli e culture, hanno raggiunto e hanno avuto altre evoluzioni in diverse parti dell'Italia e dell'Europa. Una migrazione, quella delle parole, che non va ricercata solo dal Sud al Nord, ma anche dai Paesi Normanni verso il Sud, oppure seguendo tracciati pluridirezionali”.
Il lavoro di questi due studiosi arriva in un momento storico particolare. In un momento in cui l’Europa non sembra pronta a raccogliere le grandi sfide del nostro tempo. Basti pensare alla questione demografica (come potete leggere qui). O all’incapacità della stessa Unione Europea di elaborare una politica estera in grado di affrontare le grandi questioni economiche e sociali del Sud del mondo. Il volume di questi due studiosi, in parole più semplici, ci aiuta a “guardare al passato” per “affrontare un presente drammatico, in cui il Mediterraneo è diventato un luogo di tragedie immani”.
Partendo da una riflessione, documentata con approfonditi studi linguistici, sull'importanza dell'apporto arabo in diversi ambiti della vita e della cultura tradizionale, gli autori dimostrano come questa importanza sia “ancora oggi assai tenace, dovuta a mutamenti migratori, a percorsi secolari e plurimi che hanno determinato scambi importanti di persone e cose. Riflettere su questi percorsi può aiutare a cogliere la ricchezza culturale che ne è scaturita e che ancora potrebbe scaturire se tra le varie sponde del Mediterraneo non si fossero nel frattempo interposti atteggiamenti di preoccupante chiusura o di devastante aggressività”.
Sempre più, oggi, si percepisce questo mare come uno spazio di attraversamenti intolleranti. “Ma percepire il Mediterraneo partendo dal suo passato – insistono i due autori – è utile per una convivenza in seno ai territori multietnici, là dove si incrociano e si mescolano culture, religioni e lingue diverse”.
Il libro scava anche nel dialetto siciliano che, nei secoli, si è miscelato con i suoni e le parole portate sulle coste dell'Isola dai numerosi popoli che il territorio è stato capace di ospitare. A dimostrazione di ciò, nella seconda parte del libro vengono riportati numerosi esempi concreti non solo di questi miscugli, ma anche di numerose strade percorse dagli arabismi in altre parti dell'Europa. Da lì parole differenti, vocaboli che hanno una matrice comune da ricercare al di là della costa dell'Africa del Nord.
Il libro “non è solo ricerca linguistica, ma anche una lezione di convivenza, di accettazione e accoglienza del diverso, di percezione della migrazione come fattore di ricchezza. Per questo motivo il volume si rivolge principalmente alle scuole, dove studiano e si formano i cittadini di domani. Utilizzando un linguaggio non eccessivamente settoriale, gli autori propongono una guida per le nuove generazioni alla scoperta delle origini comuni con popoli che sembrano lontani, ma che lontani non lo sono affatto.
“Nel Medioevo – scrivono i due autori – attraverso la Spagna e la Sicilia giunsero in Europa le tecniche, le scienze, la filosofia che gli Arabi avevano ereditato dai Greci, dagli Indiani, dai Persiani, dagli Egiziani e dagli Ebrei. Questi apporti – sottolineano Ruffino e Sottile – permisero all'Europa Occidentale di realizzare uno straordinario sviluppo. Tutto ciò poté accadere perché questi complessi, millenari processi sono stati contrassegnati da progressive aggiunzioni più che da sostituzioni, da vitali sincretismi più che da cancellazioni”. Per facilitare la comprensione delle migrazioni delle parole soprattutto tra gli studenti, il libro è corredato da tavole illustrate che tracciano sulla cartina dell'Europa i percorsi delle numerose voci studiate dai due docenti universitari.
Con questo lavoro il Centro di Studi Filologici e Linguistici siciliani ufficializza l'apertura di Lingue e culture di Sicilia – Piccola Biblioteca per la Scuola curata dia Marina Castiglione e Iride Valenti. “La nuova Collana conferma la speciale attenzione del Centro per la Scuola – concludono gli autori – alla quale vogliamo offrire gli strumenti per approfondire gli aspetti più diversi della storia linguistica siciliana e dialettale. Ma vogliamo dare anche le chiavi per comprendere quanto, oggi come ieri, accade intorno a noi”.