Sono passati 50 anni da quel magico tour dei Beatles negli Usa. Il 7 febbraio del 1964 i quattro Scarabei di Liverpool atterrano al JKK, accolti da nugoli di fans e giornalisti. I due passaggi all'Ed Sullivan show scatenano la beatlesmania negli States: il 9 febbraio sono 73 milioni gli americani che li vedono in TV. Due concerti a New York (alla Carnegie Hall) e uno a Washington (su un palco girevole) non bastano a saziare la fame della loro musica, anzi: in tutta fretta viene organizzato un altro passaggio televisivo all'Ed Sullivan show dalla Florida, altri 70 milioni di spettatori. L'America di Dylan e dei beat, l'America che sta entrando a testa bassa nel carnaio sulfureo del Vietnam, l'America che presto avrebbe marciato per i diritti civili, si innamora un po' tardivamente ma anche incondizionatamente del sound che arriva da oltreoceano. Dei Beatles, certo, e poi dei Rolling Stones, degli Who, dei Led Zeppelin e così via.
Ricordare tutto questo oggi fa piacere, anche se non ci si può nascondere un po' di rammarico per il fatto che la musica pop/rock non è più una presenza così importante nella vita delle persone (e certamente non dei giovani). Con tutto ciò che la musica all'epoca trascinava con sé: moda, stili di vita, valori, altre forme d'arte che con la musica si sposavano e si fondevano, dal cinema alla pittura, dal teatro alla letteratura e alla poesia.

Gli autori, Ernesto Assante e Gino Castaldo
Ad aiutarci a ripercorrere la straordinaria parabola dei Beatles, nel complesso anche piuttosto breve, se paragonata a quella di altre band (1960-70), arriva ora in Italia Beatles, scritto dai giornalisti di Repubblica Ernesto Assante e Gino Castaldo.
Edito da Laterza, il libro cala la vicenda del gruppo nel contesto più generale di quegli anni: dagli esordi in patria e ad Amburgo all'esplosione straordinaria e senza precedenti della swingin' London e del beat, incontrando poi il flower power, il movimento hippies, fino all'epilogo (che probabilmente all'epoca i protagonisti non percepirono come tale): l'elezione di Richard Nixon, Charles Manson, le "cattive vibrazioni" emanate dal festival di Altamont.
Ma Assante e Castaldo evitano il pericolo di scrivere un trattato di sociologia spicciola, tentazione sempre presente in pubblicazioni del genere. La loro attenzione si sofferma innanzitutto sulla musica, sulla straordinaria qualità delle canzoni. Ed è un bene che sia così, perché alla fine, se le leggende muoiono, ciò che hanno realizzato di solito ha vita più lunga, anzi, ha vita propria. E così, se per i più giovani sarà interessante ripercorrere i primi anni, squattrinati e "liberi" del gruppo più famoso della storia, misurando la distanza, ma anche la vicinanza, rispetto al mondo attuale, alle narrazioni affidate al computer e alle barbette degli hipsters, chi quelle vicende le ha viste e vissute (più o meno) in presa diretta potrà coltivare su queste pagine il non piccolo piacere di riscoprire brano dopo brano come John, Paul, George e Ringo passarono dallo Star Club di Amburgo agli studi di Abbey Road, dal sound ad un tempo semplice e straordinariamente coeso degli esordi agli arrangiamenti sontuosi di Sergent Pepper's e fino al commovente epilogo di Let it be.
Il libro è frutto di un ciclo di dodici lezioni sulla discografia beatlesiana organizzato dall'Auditorium Parco della musica di Roma, il cui percorso segue quasi fedelmente.
Ernesto Assante, Gino Castaldo, Beatles, Editori Laterza, 2014.