Come hanno reagito Capitan America e Iron Man all'11 settembre? E Doonesbury, cosa ne pensa della "guerra al Terrore" scatenata poco dopo da George W. Bush? Le risposte a questi e altri interrogativi le potete trovare in un libro curioso e dettagliatissimo, Dall'11 settembre a Barack Obama – la storia contemporanea nei fumetti, edito dalla NPE di Roma, che ha in catalogo anche altri titoli imperdibili per gli amanti del genere, fra cui uno dedicato a Jacovitti.
L'autore, Luigi Siviero, classe 1977, ha pubblicato fra gli altri, nel 2012, un volume su Dylan Dog e Sherlock Holmes, e interviene regolarmente su alcuni dei principali portali a tema italiani oltre che gestire il blog House of Mistery. Questo suo nuovo lavoro si confronta con quella che è senza dubbio la ferita più profonda inferta al corpo dell'America dai tempi di Pearl Harbour. Un evento sul quale sono state costruite molte narrazioni – ad esempio il non felicissimo L'uomo che cade di Don De Lillo, primo romanzo di un grande autore americano sul tema – oltre che ovviamente delle decisioni che hanno cambiato la geografia politica del mondo, dalla guerra in Afghanistan, iniziata solo 26 giorni dopo la distruzione del World Trade Center, all'invasione dell'Iraq di Saddam Hussein.
Siviero è un esperto di fumetti, e questa è l'ottica da cui guarda a questi eventi, dalle strisce ai comics. Scopriamo così che la prima casa editrice a dedicare un'opera a se stante all'11 settembre, Heroes, dedicata ai pompieri, fu la Marvel, quella dei supereroi. Sempre gli albi dei supereroi, per la precisione l'Uomo Ragno e Capitan America, sono stati i primi fumetti seriali ad affrontare il tema. Quale la differenza? In Heroes a prevalere è l'intento apologetico, teso ad esaltare le gesta dei nuovi eroi (negli attentati alle Torri gemelle morirono anche 411 soccorritori); il supereroe, invece, nel periodo immediatamente successivo, accusa il colpo, ed entra in crisi ("Dov'eri?", chiedono due persone all'Uomo Ragno mentre fuggono dalle Torri. Va detto che i supereroi Marvel, a differenza di quelli della stagione precedente, come Superman, sono sempre stati supereroi "amletici", messi in crisi dai sensi di colpa e straziati dai problemi derivanti dalle loro doppie identità).
Particolarmente interessante nel libro di Siviero il capitolo sull'uso del fumetto per la propaganda politica, in particolare per l'operazione Enduring Freedom, ovvero l'intervento militare in Afghanistan per catturare Bin Laden e sconfiggere i talebani suoi alleati. L'analisi parte prima dal linguaggio usato dall'amministrazione Bush, che nel descrivere l'evento delle Twin Towers è passata nel giro di qualche giorno dalla definizione "attacco terrorista" a "dichiarazione di guerra" o "atto di guerra" (attenzione, la differenza non è solo nominale, perché dal punto di vista del diritto internazionale è solo una guerra dichiarata che consente di rispondere, appunto, con una guerra, nei confronti di un altro paese, anziché chiedere semplicemente l'estradizione di un criminale). Dalla politica al fumetto: Stan Lee, il "padre" della Marvel, ricalca il linguaggio di Bush nel fumetto The sleeping giant, la storia di un elefante pacifico molestato da topi invidiosi e crudeli, sposandone il dualismo elementare – bene-male, ad esempio – e l'enfasi riposta sul concetto di giustizia, svincolato però da quello del giusto processo. Una giustizia, insomma, simile semmai a quella dell'epopea della Frontiera, esplicitamente richiamata dal presidente USA in un suo discorso del 17 settembre.
Doneesbury, la striscia di Garry B. Trudeau, rappresenta l'ideale contraltare di questa impostazione. Più volte essa torna ad esempio sulla monoliticità del presidente Bush, che di fronte a qualsiasi domanda dei giornalisti risponde sempre con "11/9!", sottolineando quindi ossessivamente la necessità dell'America di rimanere unita nel ricordo di quell'"atto di guerra" e di non porsi troppi interrogativi di natura politica. Un'altra striscia che si rapportata criticamente al linguaggio dell'amministrazione Bush è stata Boondocks, di Aaron McGruder, in Italia certamente meno nota di Doonesbury, che venne reso popolare negli anni '70 dalla rivista Linus.
E i supereroi? Passata la fase iniziale, in cui ad essere messa in evidenza era la loro debolezza, si riprendono la scena a volte come "armi" al servizio delle politiche del Governo, a volte con un ruolo critico nei confronti delle sue scelte. Appartiene a questo secondo filone il Capitan America di John Ney Rieber, che propone una rilettura del "male" dell'11 settembre alla luce del "male" commesso dall'America in precedenza, fra cui il celebre, devastante bombardamento di Dresda (quello che ispirò fra gli altri una fortunata opera di narrativa, Mattatoio 5 di Kurt Vonnegut). Sul versante "militarista", invece, uno degli esempi più compiuti è la collana Ultimates, pianificata prima degli attentati ma che in seguito trasse ispirazione dalla cronaca di quegli anni, compresa l'invasione in Afghanistan.
Il libro estende la sua analisi anche al conflitto arabo-israeliano, ai cosiddetti Stati Canaglia, a Barack Obama e anche ad Assange. A renderlo particolarmente appetibile una ricca bibliografia, certamente fra le più complete in Italia su questo tema. Chissà che libro non possa accendere l'interesse di qualche editore americano.