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March 2, 2014
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Strage di Kunming: Pechino accusa i terroristi uiguri

Silvia RomanellibySilvia Romanelli
La stazione di Kunming dopo l'attacco

La stazione di Kunming dopo l'attacco. Il governo cinese reagì all'attentato rivolgendo accuse agli Uiguri.

Time: 2 mins read

 

Almeno 29 persone sono state uccise e più di 130 ferite a colpi di coltello, sabato 1 marzo, poco dopo le nove di sera, nella stazione ferroviaria della città di Kunming, nel Sud-Ovest della Cina, da un gruppo di uomini vestiti di nero e non ancora identificati.

Secondo alcune testimonianze gli aggressori, armati di lunghi coltelli, avrebbero attaccato in modo indiscriminato i presenti, rincorrendoli nei corridoi della stazione. Alcune foto postate su Weibo, un social network molto usato in Cina, mostrano corpi riversi a terra, chiazze e schizzi di sangue sul pavimento.

Quattro aggressori sono stati uccisi dalla polizia, tra cui una donna, mentre un’altra donna è stata arrestata. Gli altri colpevoli, probabilmente cinque, sono riusciti a scappare.

L’attacco, definito l’11 settembre della Cina dall’agenzia ufficiale Xinhua, è stato attribuito dalla stessa agenzia ai terroristi uiguri, un’etnia di lingua turca e religione musulmana residente principalmente nello Xinjiang, una provincia dell’estremo Ovest della Cina. L’aggressione, continua Xinhua, confermerebbe un cambiamento di strategia dei terroristi uiguri, che finora avrebbero colpito strutture istituzionali e di polizia quasi solo all’interno dello Xinjiang, mentre ora metterebbero in opera degli attacchi contro la popolazione civile in altre province cinesi.

Negli ultimi anni, nello Xinjiang, si sono moltiplicati gli scontri tra la polizia, i residenti uiguri e quelli han, l’etnia maggioritaria in Cina. Gli uiguri, ad oggi circa 45% degli abitanti della regione, si dichiarano vittime di discriminazione e chiedono che la loro regione sia indipendente o per lo meno più autonoma da Pechino. Tuttavia, l’evoluzione e la natura di gruppi terroristici tra gli uiguri sono oggetto di dibattito.

A ottobre scorso le autorità cinesi hanno identificato alcuni uiguri come gli autori di un attacco a piazza Tian’anmen a Pechino, in cui una jeep è stata fatta esplondere, provocando cinque morti e 38 feriti.

Commentando l’aggressione di ieri, il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto alle forze di polizia di fare tutto il possibile per portare i colpevoli davanti alla giustizia e di rafforzare il controllo e la prevenzione del terrorismo in tutte le sue forme. Il primo ministro Li Keqiang gli ha fatto eco, chiedendo di aumentare le misure di sicurezza nei luoghi pubblici.

L’agenzia Xinhua ha accolto le condanne dell’attacco espresse da alcuni paesi e istituzioni, come il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, e ha detto di aspettarsi presto ulteriori dichiarazioni di condanna. “Chiunque tenti di proteggere e di esprimere simpatie per i terroristi, definendoli degli oppressi o dei deboli – continua Xinhua – incoraggia questo tipo di attacchi e contribuisce a un’azione criminale”.

Con questa nota l’agenzia sembra riferirsi al fatto che le violenze nello Xinjiang sono state spiegate da alcuni osservatori come la risposta degli uiguri all’oppressione e alla discriminazione di cui si dicono vittime da parte del governo centrale.

Il violento attacco nella stazione di Kunming ha luogo a pochi giorni dal meeting annuale del parlamento cinese, mercoledì prossimo, in cui la sicurezza sarà probabilmente uno dei temi più caldi.

 

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Silvia Romanelli

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