Smessi i panni di Massimo Decimo Meridio nel film Il gladiatore, di Ridley Scott, che gli valse l’Oscar nel 2001, Russell Crowe indossa ora quelli di Padre Gabriele Amorth, il prete modenese che, dal 1986 alla sua morte, nel 2016, è stato esorcista capo del Vaticano, praticando oltre 100mila esorcismi, da lui puntualmente documentati in numerosi libri, tra cui Un esorcista racconta e Nuovi racconti di un esorcista. Questi ultimi sono serviti come libera fonte di ispirazione per L’esorcista del Papa, un thriller-horror di Julius Avery, oggi nelle sale italiane e da domani in quelle statunitensi.
Padre Amorth (Crowe, per la prima volta in questo tipo di ruolo) è dipinto come un servo di Dio dalla battuta facile (Se avete qualche problema con me, parlatene con il mio capo: il Papa), che si muove, a Roma come in Spagna, a cavallo di una Vespa, anticonformista e sopra le righe, insofferente al clero moderno che vuole cancellare le pratiche esorcistiche: insomma, un uomo tra l’incudine dei demoni e il martello di giovani cardinali che vogliono bloccarlo.
A difenderlo c’è però il Papa (Franco Nero), che nel 1987 (come veramente avvenuto, ndr) lo manda in missione in Spagna, nell’abbazia di San Sebastian, ereditata dalla giovane vedova Julia (Alexandra Essoe), lì trasferitasi dall’America assieme ai due figli Amy (Laurel Masden, che soffre di incubi notturni che la mostrano con braccia pelose, disincarnate) e Henry (il bravo dodicenne Peter DeSouza-Feighoney) per ristrutturale e poi venderla. Poco dopo l’arrivo, però, il piccolo Henry, che soffre da un anno di mutismo dopo la morte del padre, inizia a mostrare segni di autolesionismo e si scopre che è posseduto dal demonio e che Satana ha chiesto che l’esorcista Amorth vada ad affrontarlo di persona. Durante il tentativo di scacciare il diavolo, il prelato si troverà ad indagare anche su una cospirazione silenziosamente insabbiata dal Vaticano e risalente persino ai tempi della Santa Inquisizione e… Cosa ha nascosto il Vaticano e perché?
Il film di Avery non vuole essere un film biografico, né è paragonabile al classico e ben riuscito documentario di William Friedkin (già autore de L’esorcista, 1973) su padre Amorth (The Devil and Father Amorth, 2017), né alle innumerevoli produzioni che lo hanno seguito, pur condividendone la struttura narrativa. È per certi versi più simile a Il codice da Vinci (Ron Howard, 2006) e End of Days (Peter Hyams,1999: Arnold Schwarzenegger affronta il diavolo in persona, evidenziando l’eroe d’azione nel mezzo di una trama horror).
Anche se, purtroppo, l’esorcismo del giovane si traduce in effetti speciali spesso scuri che tolgono tensione invece di favorirla, il film- mai particolarmente spaventoso o elettrizzante come il genere invece richiederebbe – riesce comunque a tenere vivo l’interesse dello spettatore grazie soprattutto alla buona caratterizzazione dei personaggi e a un “supereroe” Russell Crowe che, in un italiano stentato, comico direi, dà vita ad un amabile padre Amorth, dal passato tormentato, che spezza la seriosità degli ingessati ambienti vaticani. Il film, insomma, non si prende mai troppo sul serio e ciò contribuisce bene a renderlo piacevole, anche se con qualche tassello storico quantomeno ridicolo (“L’inquisizione fu opera del Diavolo”, si dice ad un certo punto).
Il film procede a ritmo serrato senza dilungarsi troppo e riesce a mantenere un buon livello di tensione quasi ininterrotto. Le situazioni tipiche di un film horror lasciano il posto a una battaglia apocalittica tra rappresentanti di Dio e il Diavolo. Né più né meno. Dove il lungometraggio di Avery lascia a desiderare è il finale: se per quattro quinti del film il regista ha puntato, per spaventare il pubblico, più sull’aspetto della tensione che su quello “visivo”, negli ultimi 15 minuti sono inserite scene, effetti speciali e scelte di regia che volendo forse essere citazioni a film horror del passato e di successo, finiscono per stonare con quanto visto in precedenza.

Le riprese si sono svolte la scorsa estate a Roma per poi proseguire in Irlanda, tra Dublino e Limerick.
L’esorcista del Papa ha già sollevato la protesta dell’Associazione internazionale degli esorcisti (AIE), che, in un comunicato stampa rilasciato settimane fa ha definito il film – sulla base del solo trailer! – “uno splatter inattendibile” e il titolo “pretenzioso”. Sottolineava inoltre il rischio di lasciare lo spettatore con un “dubbio inaccettabile”: il vero nemico è il diavolo o il potere ecclesiastico?
Per l’AIE, poi, “il risultato finale è di infondere la convinzione che l’esorcismo sia un fenomeno abnorme, mostruoso e pauroso, il cui unico protagonista è il demonio, le cui reazioni violente si possono fronteggiare con grande difficoltà: il che è l’esatto contrario di ciò che si verifica nel contesto dell’esorcismo celebrato nella Chiesa cattolica in obbedienza alle direttive da essa impartite”.
Che diranno dopo aver visto il film, e non solo il trailer?
Ultima nota. Non si può dimenticare che padre Gabriele Amorth fu anche al centro di alcune controversie, come quando disse che l’omosessualità ha natura demoniaca e che preservativo e televisione sono invenzioni di Satana. Affermò anche che alcune personalità italiane agiscono “sotto l’influenza del demonio”, fra cui Beppino Englaro, Rosario Fiorello, Maurizio Crozza, Mario Monti e Nichi Vendola.