A pagina 7 del Report di Sostenibilità 2021 di Terratinta Group, che è un po’ il loro credo, è scritto: “Un nuovo punto di vista è necessario. Passi piccoli ma concreti verso un domani differente. Combattere la mediocrità e ricercare l’eccellenza nelle nostre azioni rimangono sempre i sogni aziendali originari, e così andiamo avanti”.
“We can change habits, not our planet”, la frase all’ingresso dello showroom dell’azienda di Fiorano Modenese sembra una di quelle locuzioni messe lì ad effetto. Ma poi succede che la visita in sede, e un contatto diretto con il CEO, fanno capire che dietro ci sono diverse idee innovative. Progetti ambiziosi ma misurabili, raccontati con estrema chiarezza e raccolti in un documento aziendale che parla di valori molto radicati sul fronte della sostenibilità.

Luca Migliorini ha 39 anni ed è a capo del Gruppo, nato nel 2017, che comprende cinque marchi. I numeri parlano di una realtà con 42 dipendenti, per metà donne, e di 22 milioni di euro di ricavi nel 2020. Il 95% della produzione viene venduto in 50 Paesi, con grande prevalenza del Nord Europa, in particolare Scandinavia, Benelux, UK e Irlanda, ma anche negli USA e in Estremo Oriente.
Lui è emilianissimo a giudicare dall’accento. Ha seguito le orme del padre, che era nel settore da molti anni ed è stato la sua guida fin da quando, nel 2008, a 26 anni, ha cominciato a lavorare come rappresentante di ceramica nel Nord Europa. La madre è svedese e anche questo lo ha aiutato. Migliorini è partito conoscendo bene la lingua e il prodotto, e l’esperienza di contatto con i clienti è servita a farlo crescere in fretta. Così dopo due anni, nel 2010, è nata Terratinta Ceramiche, sempre con prudenza, un piccolo passo per volta, prendendo in affitto sedi via via più grandi. Poi nel 2014 viene incorporata Ceramica Magica, che era attiva già dal 1983. Sartoria entra nel 2018, Micro nel 2019 e Atmosfere nel 2020. Quest’anno hanno finalmente comprato la sede: grande showroom, verde all’ingresso e una colonnina di ricarica elettrica nel parcheggio, segnali chiari. Qui, dal quartier generale, gestiscono i marchi, ognuno con una sua specificità e un suo mercato; progettano le collezioni, definiscono il marketing operativo e i listini, scelgono la comunicazione, che ha sei siti internet, organizzano il magazzino e le spedizioni della merce. Ma non producono niente direttamente, non hanno la fabbrica, niente presse e forni.

Terratinta ha scelto di essere “editore”, come potremmo dire con accezione di importazione francese. Quando parliamo di editori ci viene in mente la carta stampata dove esistono editori che hanno deciso di affidare ad altri il ruolo della stampa: confezionano il giornale, o la rivista, e li fanno stampare a chi fa solo quello di mestiere.
Editore, nel nostro caso specifico, significa non aver investito nell’hardware ma nel software. Non aver acquistato impianti di produzione e tutto quello che comporta la parte industriale di questa attività ma aver strutturato un “hub creativo” che di volta in volta affida a un’azienda il progetto che vuole realizzare. Nel settore della ceramica chi si muove in questa direzione è, ad esempio, Mutina, un marchio che ha saputo distinguersi negli anni grazie anche alla collaborazione di designer di fama mondiale, da Ronan ed Erwan Bouroullec a Nathalie du Pasquier a Patricia Urquiola, per citarne alcuni.

La strada di Terratinta invece non è quella dei grandi nomi. Per Migliorini “i designer portano attenzione sul marchio ma possono rappresentare anche un limite”. Quindi non ha in catalogo ceramiche “firmate”, e anche questa è una presa di distanza da un contesto che rincorre spesso e volentieri al nome di richiamo. Lui non crede neanche alle ceramiche “aumentate”, che promettono qualità antibatteriche o addirittura antivirali. La ceramica ha le caratteristiche per presentarsi come “prodotto inerte caratterizzato da igienicità, non tossicità ed assenza di emissioni da composti organici volatili”, è scritto nel report aziendale. E questo gli basta.
Riassumendo: Terratinta è un gruppo di cinque marchi che progetta ceramiche, dalle grandi lastre ai piccoli mosaici, e ha in catalogo anche una proposta artigianale della ceramica “fatta come una volta”, dove il prodotto è ogni volta diverso, con nuance di colore e una matericità che i grandi numeri annullano. È un gruppo che non produce direttamente ma gestisce il design, il magazzino e la vendita. Che non si affida a designer di fama mondiale. Che non crede nella ceramica addizionata in chiave antibatterica.
Non è finita. L’ultima proposta in ordine di tempo riguarda il brand Atmosfere, con l’art director Francesco Lucchese, e la scelta di abbracciare un concetto di total look che va dalle pareti ai pavimenti, ai tavoli, alle sedie e presto all’outdoor. Ecco, le sedie: è la prima volta che un marchio del settore ceramico decide di allargare l’ambito delle sue proposte mettendo in collezione anche arredi di legno. Grés porcellanato per il piano dei tavoli e il top delle cucine ma anche sedie dal design pulito ed essenziale, squisitamente nordico. “E presto _ annuncia Migliorini _ ci occuperemo anche di carta da parati”.

Infine la sostenibilità, principio che in Terratinta Group anima e supporta tutto. Nel 2020 hanno deciso di cambiare lo statuto societario e diventare società benefit. Questo status, riconosciuto dall’Italia nel 2016, primo Paese al di fuori degli Usa (dove queste società sono nate), significa perseguire il profitto bilanciandolo con l’interesse degli altri stakeholders. Da qui si parte con una serie di misure a favore del welfare aziendale; all’etica nel rapporto con fornitori e clienti; ad attività sostenibili verso l’ambiente; al supporto alla comunità locale, in particolare nel campo dello sport e dei bambini.
Nello stesso tempo è stato avviato anche un percorso per arrivare ad acquisire la certificazione B Corp attraverso un processo di assesment che dovrebbe vedere la conclusione nei prossimi mesi. In Italia sono 129 le società certificate B Corp, l’unica nel settore della ceramica è Florim. “Noi vogliamo essere la prima società certificata B Corp non produttiva”, spiega Migliorini. Che tenendo sotto controllo la filiera produttiva, al 98% italiana, utilizza energia elettrica 100% green certificata e compensa interamente le emissioni di CO2 mediante progetti internazionali in linea con gli SDG (Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite, in Paesi in via di sviluppo, attraverso ONG italiane.

L’azienda sta seguendo un programma chiamato Change che già la pone nella logica plastic free (bicchieri di carta per il caffè, acqua purificata, borracce) ed è impegnata a garantire il minimo di carta indispensabile, trasferendo su supporto digitale i contenuti di comunicazione e di gestione. Obiettivo ulteriore, una mobilità 100% elettrica e ibrida. Esiste già, appena fuori dall’azienda, un parco di 600 metri quadri gestito dall’azienda e aperto a tutti; all’interno, una palestra aziendale e un’area giochi per i figli dei dipendenti. Che già lavorano in smart working o staccano comunque alle 17.30, per avere tempo da dedicare alla famiglia o a sé stessi. Perché, come scrive Migliorini, Terratinta vuole “essere di esempio alle aziende del nostro comprensorio perché possano intraprendere un percorso simile, migliorando le politiche di welfare verso i collaboratori e agendo concretamente per il bene del territorio”.