L’annuncio ufficiale è arrivato alle 21.04 di mercoledì scorso, ora italiana. “Il Salone del Mobile di Milano, ci sarà”. Questo il titolo del comunicato stampa che mette fine alle mille voci, alla suspense durata mesi, ai dissidi sotto traccia che a sorpresa avevano portato quattro giorni prima alle dimissioni del presidente Claudio Luti, l’uomo del fare sistema, la faccia elegante e positiva della fiera di design più importante al mondo.
E si capisce da quella virgola, messa di proposito tra soggetto e predicato, quanto è stata ricercata e dibattuta la decisione. Una virgola che sospende, fa prendere il fiato, e alla fine lancia Milano fuori dalle incertezze. Dando il via a una corsa a cronometro tra le aziende, a quattro mesi dall’apertura dei cancelli della Fiera, con agosto di mezzo.
A decidere che il Salone del Mobile si farà è stato all’unanimità il board di FederlegnoArredo (FLA), il comparto di Confindustria che aggrega le aziende del settore. Il CdA presieduto da Claudio Feltrin era riunito in seduta permanente da giorni, un conclave via webcam che alla fine ha partorito la risposta che tutti volevano: il via libera a un’edizione che si annuncia “innovativa, iconica, unica”, la 59.a nell’anno del sessantesimo anniversario del Salone del Mobile perché il 2020, anche per questo, va cancellato. Un evento che mostra l’orgoglio di non ammainare il tricolore a dispetto della pandemia, che lo scorso anno aveva costretto gli organizzatori a spostare la manifestazione da aprile a giugno per poi annullarla. Come il Vinitaly, le Olimpiadi, l’Expo.
A novembre scorso era infine arrivato l’annuncio con le date dell’edizione di quest’anno, dal 5 al 10 settembre. Poi serviva il via libera del governo sulla riapertura delle fiere, il decreto del 16 aprile, e a quel punto la palla mezza sgonfia è tornata a FLA. Tante le questioni sul tavolo. Non solo i tempi strettissimi ma anche le spese ingenti per gli stand della Fiera, che in alcuni casi superano il milione. Poi il fatto che molte novità a settembre non sono più tali, perché il mercato dell’arredo ha le sue stagionalità e non può permettersi di arrivare in ritardo negli showroom europei, americani e asiatici. I concorrenti non aspettano.

Tutto è successo in pochi giorni. Gli imprenditori sono stati tirati per la giacchetta dal sindaco di Milano Beppe Sala, che si è rivolto loro dicendo che anche ristoratori e albergatori hanno bisogno di lavorare, e che “non esiste un tema di debiti o crediti ma esiste il tema della generosità”. Una comprensibile mozione degli affetti, all’indomani delle dimissioni di Luti, di un sindaco per di più in campagna elettorale. Perché a Milano si vota in ottobre e l’effetto Salone ha un peso nelle urne. Sala ha anche rivelato che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato il suo ok a venire a tagliare il nastro del Salone.

La Fiera, dal canto suo, contratto alla mano, ha ventilato una penale di nove milioni di euro a FLA nel caso in cui la manifestazione non si fosse tenuta. Una bella spada di Damocle, certo. Non l’unica. Approfittando del comprensibile impasse, Colonia ha lanciato un’Opa sull’intero settore del mobile cercando di attirare le aziende italiane alla sua Fiera di gennaio, srotolando il red carpet degli sconti per gli stand. Cosa che ha fatto ottenere l’effetto contrario. Rinverdendo i fasti calcistici del 1970, quell’Italia-Germania finita 4-3 a Città del Messico, tutti gli attori di questa partita hanno calzato gli scarpini e si sono sentiti come Mazzola, Rivera e Riva durante l’inno di Mameli.
Non è finita. C’era, e aleggia ancora, lo spettro delle presenze. Incrociando le dita, a patto che non ci siano varianti selvagge del Covid, che la vaccinazione proceda a spron battuto, che il green pass sia realtà e che, e che… insomma, quanti visitatori verranno a Milano dall’Italia e dall’estero? ci saranno i cinesi, gli americani, gli inglesi, i tedeschi e via dicendo? Bella domanda. Risposta da un milione di dollari. Ma di fronte alla madre di tutte le incertezze, nei giorni della settimana più calda, gli organizzatori del Fuorisalone hanno annunciato che, in ogni caso, la loro manifestazione ci sarebbe stata. Con centinaia di bandierine del design entrate nella logica del Grand Tour meneghino, questo avrebbe dato vita al contorno senza pietanza, al Fuorisalone senza Salone. A un pullulare di gallerie, spazi industriali, ex qualcosa e showroom nuovissimi, per citarne uno quello di Edra nel gioiello settecentesco di Palazzo Durini: tutto molto bello ma incompleto. Dopo trent’anni, l’intuizione di Gilda Bojardi, storica direttrice di Interni, Compasso d’Oro alla carriera, avrebbe fatto la parte del leone. Anche ciò ha inciso sulla decisione di farlo questo benedetto, inedito, iconico, Salone.

Perché in ballo ci sono dei bei punti di Pil. Nel 2019 il valore della filiera del legno è stato di 42,5 miliardi, pari al 4,5% del fatturato manifatturiero italiano (derivante dal 15,2% delle imprese e dall’8,4% degli addetti) e di questi 42 e passa miliardi, 27,5 vengono dal comparto arredo (dati Fla), che dà lavoro a quasi 73.000 addetti divisi tra società di capitali (il 23%) e per il resto in imprese artigiane.

Infine, l’effetto Salone del Mobile sull’intera produzione lorda italiana è stimato in 1,4 miliardi mentre solo per Milano i giorni della manifestazione producono un fatturato di circa 200 milioni di euro. In Fiera, le aziende espositrici dell’ultima edizione sono state 2500, hanno occupato 210mila mq di padiglioni, e i visitatori sono stati circa 400mila, di cui due terzi dall’estero.

Detto ciò, che Salone del Mobile sarà? Vietato parlare di edizione mini o light, gli organizzatori hanno in mente una cosa diversa, in presenza e no, con percorsi tematici e l’esposizione dei prodotti che le aziende hanno messo a catalogo negli ultimi 18 mesi. Come dire: dove eravamo rimasti? Sarà varata nelle prossime settimane anche un’inedita piattaforma digitale, vedremo che emozione darà. Infine è stato deciso che il Salone sarà affidato e coordinato da un curatore di fama internazionale. E qui gli occhi di molti sono puntati su Stefano Boeri, l’architetto del Bosco Verticale nonché presidente della Triennale, la storica istituzione che dal 1933 è il tempio del design. Lui, prima ancora della conferma del Salone, si era affrettato a offrire spazi nel Palazzo di Giovanni Muzio per garantire il successo corale della manifestazione. Comunque vada, Claudio Feltrin, presidente di FLA, ha già espresso una giusta soddisfazione per aver mantenuto il Salone. “Abbiamo vinto una grande sfida: dare alle aziende, dalle grandi e alle piccole realtà che rappresentano il tessuto della filiera, la migliore vetrina per valorizzare le eccellenze internazionali e del made in Italy”.