Nonostante sia stato realizzato in bianco e nero oltre mezzo secolo fa, il film “Psycho” continua a trasmettere ancora oggi a tutti noi un senso di angoscia e ci obbliga a confrontarci con alcune delle nostre paure. Ebbene, questa stessa atmosfera cupa la si può rivivere attraverso le foto esposte in una straordinaria mostra dedicata a uno dei più grandi registi e produttori del secolo scorso, il grande sir Joseph Alfred Hitchcock, classe 1899, inglese naturalizzato americano.

Organizzata in Italia, nello storico Arengario di Monza la mostra – che era stata inizialmente pensata per la primavera del 2020, per ricordare i 40 anni dalla scomparsa del regista, ma poi rimandata per la pandemia da Covid 19 – indaga la figura del regista del brivido attraverso 70 fotografie e contenuti speciali provenienti dagli archivi della Major americana che conducono il pubblico nel backstage dei principali film di Hitchcock, facendo scoprire particolari curiosi sulla realizzazione delle scene più celebri, sull’impiego dei primi effetti speciali, sugli attori e sulla vita privata del regista inglese, forse il più eclettico, originale e talvolta controverso del cinema del secondo Novecento.
Celebrato come uno dei principali e più influenti innovatori della storia del cinema, Hitchcock è famoso per il suo ingegno, le trame avvincenti, la gestione delle camere da presa, l’originale stile di montaggio, l’abilità nel tener viva la tensione in ogni singolo fotogramma.

“Hitchcock, come hanno detto i critici della nouvelle vague – afferma il curatore della rassegna, Gianni Canova – è stato uno dei più grandi creatori di forme di tutto il Novecento. I suoi film, per quante volte li si riveda, sono ogni volta una sorpresa. Ogni volta aprono nuove prospettive attraverso cui osservare il mondo e guardare la vita”.
Il percorso espositivo analizza i principali capolavori di Hitchcock, prodotti dalla casa di produzione Universal Pictures. Primo fra tutti “Psycho” (1960), una delle sue opere più controverse che riuscì a battere tutti i record di incassi e fece fuggire il pubblico dalle sale in preda al panico, che proprio quest’anno celebra i sessant’anni dall’uscita nelle sale.
Un’occasione per vedere il dietro le quinte del metafisico Motel Bates, conoscere il personaggio inquietante di Norman, la doppia personalità di Marion e la celebre scena della doccia.
Una sezione è dedicata a “Gli Uccelli” (1963), pellicola in cui introdusse numerose novità nel campo del suono e degli effetti speciali; con ben 370 trucchi di ripresa, il film richiese quasi tre anni di preparativi a causa della sua complessità tecnica.

L’itinerario nell’universo hitchcockiano prosegue con “La finestra sul cortile” (1954), con James Stewart che interpreta il fotoreporter ‘Jeff’ Jeffries, costretto su una sedia a rotelle per una frattura alla gamba e che, per vincere la noia, spia le vite dei vicini dal proprio appartamento, fino a convincersi che in uno si sia consumato un delitto. Il film fu un grande successo; uscito nell’agosto 1954, nel maggio 1956 aveva già incassato 10 milioni di dollari. Tra l’altro proprio l’anno 1954 è considerato, da tutti, come il punto più alto della produzione del regista, visto che uno dopo l’altro girò “Delitto perfetto”, il mitico “Caccia al ladro” (che poi è diventato una sorta di paradigma per tutti i film che ruotavano e ruotano attorno a un colpo grosso) e appunto “La finestra sul cortile” (tutti i tre film con protagonista l’attrice Grace Kelly).
E ancora, ecco in mostra lo spazio dedicato a “La donna che visse due volte” (1958), altro film capolavoro divenuto oggetto di venerazione, che racconta una delle storie d’amore più angoscianti del cinema, narrata attraverso un numero infinito di angolazioni e riprese straordinarie nei luoghi più famosi di San Francisco.
Il materiale fotografico getta inoltre uno sguardo su altri celebri film come “Sabotatori” (1942), “L’ombra del dubbio” (1943), “Nodo alla gola” (1948), “La congiura degli innocenti” (1955), “L’uomo che sapeva troppo” (1956), “Marnie” (1964), “Il sipario strappato” (1966), “Topaz” (1969), “Frenzy” (1972) e “Complotto di famiglia” (1976).

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