
Oil on canvas
85 x 48 3/8 inches
Fondazione Museo di Palazzo Moroni, Bergamo – Lucretia Moroni Collection. Photo: Mauro Magliani
Le solenni gallerie di una delle grandi ville neo-rinascimentali di Manhattan, quella che ospita la Frick Collection e che fu la casa del cosiddetto “re dell’acciaio” Henry Clay Fick, splendono in questi giorni di vividi e lussuosi tocchi di colore grazie ai quadri del pittore rinascimentale bergamasco Giovanni Battista Moroni (1525 circa-1578), nella sua prima grande mostra personale in questo emisfero. Il ritardo si spiega soprattutto con la sottile riservatezza di questo eminente rappresentante di una corrente naturalistica formatasi a Brescia e dintorni e poi mai uscita da quei confini, dove Moroni, allievo e poi primo aiutante del Moretto da Brescia, eseguì una innumerevole quantità di ritratti, di gran lunga superiore, numericamente ma in alcuni casi anche qualitativamente, a quelli altri pittori molto più famosi che lavoravano nei grandi centri, come il Bronzino a Firenze e lo stesso Tiziano a Venezia.
È così accaduto che Moroni sia stato totalmente ignorato, a suo tempo, da biografi come Giorgio Vasari e che la sua fama sia anche evaporata, in un angolo d’Italia particolarmente coinvolto in quell’epoca dalle agitazioni politiche connesse alle “guerre d’Italia” nonchè in quelle spirituali sollevate da Lutero. Solo critici molto sottili come lo stesso Tiziano e, un secolo dopo, Marco Boschini nella sua “Carta del navegar pittoresco” del 1660, nella sua indagine, cioè, dell’arte veneta, avvertirono, il primo la “naturale arte” di questo pittore, il secondo la “eloquenza” dei suoi ritratti. Mentre i ritratti di Moroni si diffondevano in ogni parte del mondo (oggi se ne trovano nei musei da Firenze a Honolulu e da Milano a Dublino) l’incredibile isolamento di questo artista è durato fino ai tempi moderni quando Berenson lamentava una sua adesione troppo stretta al naturale senza accorgersi della sua eccezionale forza, e fino a quando il Longhi restaurò una volta per tutte la sua reputazione estetica insistendo sull’alto valore “documentario” del suo realismo e ponendolo a capo di una tradizione naturalistica lombarda che, grazie anche all’influenza di artisti tedeschi, olandesi e fiamminghi, avrebbe anticipato di un secolo il naturalismo di Caravaggio.
È infine notevole come accanto ai pacati e luminosi ritratti di Moroni non solo dell’aristocrazia ma anche della fiorente borghesia lombarda, esista tutta una sua produzione di arte sacra di livello certamente minore, spiegabile con le tendenze laiche e individualistiche del suo ambiente (l’unico viaggio importante di Moroni fu, che si sappia, a Trento dove rimase per tutto il periodo del Concilio, fino alla sua conclusione deludente per chi, come lui, sperava veramente in una riforma ecclesiastica).

The Tailor (Il Sarto, or Il Tagliapanni), ca. 1570
Oil on canvas
39 1/8 x 30 1/4 inches
The National Gallery, London. Photo: © The National Gallery, London

Bernardo Spini, ca.1573-75
Oil on canvas
77 1/2 x 38 5/8 inches
Accademia Carrara, Bergamo. Photo: Fondazione Accademia Carrara, Bergamo
La mostra alla Frick Collection, intitolata “Moroni: The Riches of Renaissance Portraiture” riunisce oltre una ventina di ritratti moroniani di provenienza da molti dei maggiori musei del mondo, tra cui le opere più famose come “Il Cavaliere in Rosa” e la “Isotta Bramboni”, tutti e due a figura intera e tutti e due provenienti dalla Fondazione Museo di Palazzo Moroni di Bergamo – due esseri avvolti in un’aura di luce e fasto – , “Lo scultore Alessandro Vittoria”, a due terzi di figura, proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna e “Il Sarto”, della stessa grandezza, proveniente dalla National Gallery di Londra, quest’ultimo di una forza narrativa che, a giudizio della curatrice associata della Frick, Aimee Ng, che è tra gli organizzatori della mostra, “anticipa quella di Rembrandt.” Gli altri autori di questa mostra bellissima sono Simone Facchinetti del Museo Bernaretti di Bergamo e Arturo Galansino, Direttore Generale di Palazzo Strozzi. Consapevoli di quel “valore documentario” di cui aveva parlato Longhi, i curatori hanno avuto anche l’ottima idea di affiancare a molti dei quadri oggetti autentici di vita quotidiana dell’epoca, anch’essi provenienti da vari paesi, da un’armatura per braccio a piccola maglia tedesca, identica al bracciale che indossa uno dei militari ritratti, al libro di esercizi spirituali di Ignazio da Loyola, prima edizione, che è nelle mani di un altro soggetto. Accanto al “Sarto” c’è un paio di forbicioni d’acciaio francesi uguali a quelli usati dal pensoso personaggio del quadro.
Chi, come chi scrive, rimanga profondamente colpito da questa mostra, non ha poi che da fare due passi nel verde del vicino Central Park di Manhattan per arrivare al Museo Metropolitan e qui, nelle gallerie d’arte europea rifatte per l’ennesima volta per renderle tutte accessibili alla luce del giorno, arrivare a quella in cui c’è il ritratto del legulejo Bartolomeo Bonghi di Moroni. Esso è esposto accanto ad altri ritratti contemporanei soprattutto nordeuropei, p. es. il commovente “Giovane col rosario” di Cranach e quadri di Dürer e Tiziano, che permettono uno studio di influenze reciproche nella grande pittura non tanto tempo dopo l’arrivo del colore a olio. La mostra alla Frick rimane aperta fino al 2 giugno 2019, fin praticamente alla vigilia, cioè, di quando la Frick si imbarcherà in un vasto lavoro di restauro che già ora tiene in sospeso gli animi dei visitatori abituali di questa incantevole villa.