Lo shutdown di Donald Trump dovrebbe essere rientrato. Se non avrà strascichi, allora per gli americani sarà una buona notizia: non soltanto per gli stipendi ritrovati dei dipendenti federali ma per tutti gli amanti dell’arte. Perché, con il ritorno dei fondi, avranno la possibilità di ammirare alla National Gallery of Art di Washington due capolavori appena restaurati di Tintoretto: Maria in lettura e Maria in meditazione, realizzati entrambi tra il 1582 e 1583 dal vulcanico, poliedrico e rivoluzionario Jacopo Robusti, in arte appunto Tintoretto, appellativo che gli derivò dalla professione di tintore del padre. Salvo intoppi, quindi, a primavera (data ancora da definire) le due grandi “telerie”, così si chiamano tecnicamente, faranno parte della prima retrospettiva mai dedicata al pittore veneziano negli Stati Uniti e volutamente organizzata a 500 anni dalla nascita del pittore.
Ma, in fondo, i due restauri realizzati da Sabina Vedovello e Irene Zuliani della CBC Conservazione Beni Culturali di Roma e resi possibili grazie ai generosi fondi messi a disposizione da Sky Arte sono quasi un pretesto. Confermano, sì, semmai ce ne fosse bisogno, la grande professionalità e la ineguagliabile arte delle scuole di restauro italiane. Ma colpisce di più il fatto che siano soltanto una parte dell’impegno che ha radunato un gruppo prestigioso di intellettuali e di critici d’arte chiamati a raccolta dalla rete televisiva: dalle scrittrici Melania Mazzucco («Tintoretto fu il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura») e Igiaba Scego, al regista Peter Greenway, dalla storica e archivista Maria Agnese Chiari Moretto Wiel ai ricercatori Dino Chinellato e Davide Bussolari, da Demetrio Sonaglioni, direttore dei lavori della Scuola Grande di San Rocco ai sovrintendenti alle Belle arti del Comune di Venezia Amalia Basso e Sandro Longega, ai critici d’arte Kate Bryan, Matteo Casini, Astrid Zenkert, Michel Hochmann.
Tutti uniti in un grande progetto: rendere giustizia a Tintoretto. Un ribelle a Venezia. Si intitola così il documentario ideato e scritto da Melania Mazzucco, narrato nella versione inglese da Helena Bonham Carter e in quella italiana da Stefano Accorsi.
E ribelle, e spesso poco capito, il Tintoretto lo fu davvero. Basterebbe una sua scelta di vita, forte e pericolosa, a dare una prima immagine del personaggio. Quando in Laguna, nel 1575 e fino al 1577, esplode la peste e miete migliaia di vittime, lui è l’unico a non fuggire. Resta nel suo studio a dipingere instancabilmente: la Fortuna – o Qualcuno dall’alto – devono essere rimasti colpiti decidendo di risparmiarlo. Anzi, è proprio durante la peste tra i canali deserti, cupi e spettrali pervasi di morte e dolore che Tintoretto crea il suo ciclo più importante. Contribuendo – con pennellate bellissime, molto energiche e dalla illuminazione drammatica – alla gloria della Serenissima che in quei secoli, prima che la scoperta dell’America deviasse per sempre le rotte delle navi commerciali e della politica, dominava davvero i mari. E da Venezia, dove era nato tra il 1518 e il 1519 e dove morirà nel 1592 «all’età di 75 anni» riferisce il referto ufficiale, Tintoretto non si mosse praticamente mai. A differenza dei suoi eterni rivali: l’anziano Tiziano Vecellio e il più giovane Paolo Veronese che nei secoli successivi rischiarono di schiacciarlo con la loro fama.
Senza peraltro riuscirci. Perché una personalità controcorrente come quella di Tintoretto, irascibile e sfrontato ma anche ironico e caustico al punto da divertirsi a dipingere con fulminea rapidità qualsiasi soggetto pur di accaparrarsi lucrose commesse, giustificava l’appellativo che gli venne affibbiato di “furioso” o quello di “terribile” datogli dal collega Giorgio Vasari. In epoca più recente, il filosofo francese Jean Paul Sartre lo ha considerato: «Il primo regista della Storia». Ma, al giorno d’oggi, il termine che forse più gli si adatta è venuto in mente a David Bowie che definisce Tintoretto «una proto rock star».
Persino il sommo Tiziano venne sconfitto da questo genio insolito e in continua ebollizione. Quando venne commissionato un quadro per la Scuola Grande di San Rocco, confraternita fondata alcuni decenni prima da un gruppo di cittadini benestanti dediti a opere di beneficienza, Tiziano – vantando anche il fatto di essere un membro della Scuola – si fece avanti. Ma la spuntò Tintoretto. Il quale ne fece anche un’altra delle sue. Quando, sempre per la Scuola, venne bandita una gara per un ovale rappresentante San Rocco in gloria, i committenti erano stati precisi: avrebbero esaminato i bozzetti dei candidati, volevano soltanto i bozzetti. Ma Tintoretto si presentò con il dipinto finito e lo piazzò direttamente al suo posto. Aveva nemici tra i membri della confraternita, qualcuno pare che avesse anche promesso dei soldi se Tintoretto non fosse stato scelto, ma dovettero tutti capitolare quando lui disse che il dipinto lo regalava. È finita che tutti i quadri e i dipinti della Scuola Grande, che è tra l’altro un magnifico edificio, sono opera del Tintoretto. Nessuno, nemmeno il Michelangelo della Cappella Sistina, ha potuto vantare di avere dipinto un intero palazzo rinascimentale!
Un personaggio così contemporaneo nel suo essere fuori da ogni schema non attira soltanto David Bowie. Merita anche di essere il protagonista di una graphic novel, narrazione tipicamente moderna. Che, infatti, c’è e ha lo stesso titolo del documentario: Tintoretto. Un ribelle a Venezia, sceneggiata da Alberto Bonanni e disegnata da Gianmarco Veronesi. Questa prima pubblicazione a fumetti, sempre realizzata da Sky Arte in collaborazione con lo studio creativo TIWI, è in sintonia con il protagonista: un mix di tavole e riproduzioni in alta definizione che, spiegano gli autori, vogliono «celebrare la pittura nervosa e cinematografica del Tintoretto». Inaugurando anche – va detto – un modo originale di divulgare la storia dell’arte. E anche il bel documentario di Melania Mazzucco, ricco di dettagli e sontuoso nelle immagini, si adegua alle regole moderne della commercializzazione: nelle sale italiane verrà proiettato soltanto tre giorni: dal 25 al 27 febbraio. Poi passerà su Sky Arte, il canale diretto da Roberto Pisoni. Ma, distribuito da Nexo Digital, sarà visibile in oltre 50 Paesi, dal Canada all’Australia. Lo straordinario e miracoloso “dono” all’umanità che è stata l’arte rinascimentale italiana si preserva, si diffonde e si divulga anche così: grazie all’intuito commerciale di una intelligente rete televisiva commerciale. È il segno dei tempi.