Il cinquecentesimo anniversario della nascita del Tintoretto (1518/19-1594) ha spronato due musei di Manhattan ad allestire altrettante mostre del pittore veneziano, limitandole peraltro ad aspetti particolari delle sue opere. La prima ha luogo nel Metropolitan Museum ed è intitolata “Celebrating Tintoretto: Portrait Painting and Studio Drawing”; il titolo stesso richiama l’attenzione sulla ritrattistica di questo pittore, molto limitata perché quasi sempre ridotta al viso o al massimo al busto, in funzione preparatoria di rappresentazioni più vaste; dunque prodotti di studio, da ravvicinare ai disegni che anch’essi hanno esclusivamente una funzione pratica in vista di quei dipinti che nell’ultima parte della sua vita gli avrebbero assicurato una posizione di primato nella pittura veneziana. La seconda esposizione, intitolata “Drawing in Tintoretto’s Venice”, si tiene negli sfarzosi ambienti della Biblioteca e Museo Morgan, cioè in quella che fu l’abitazione di uno dei grandi finanzieri americani, e, anch’essa limitata al disegno, osserva esplicitamente come nelle mani del Tintoretto il disegno – finora oggetto di uno studio del tutto inadeguato – ebbe un carattere molto speciale ai fini di una produzione artistica anch’essa dotata di caratteri assolutamente originali rispetto all’insieme dell’arte italiana e europea.
È noto come “el Tentoreto”, come questo figlio di un semplice tintore si firmava sui suoi quadri nell’italiano di Venezia, fu nel tempo stesso criticato e ammirato per la velocità, la “prestezza” come si soleva dire, con cui eseguiva i suoi quadri, interpretata generalmente come sbadataggine, fino a quando non fu evidente che si trattava della natura stessa di una rappresentazione imperniata su un unico e drammatico sforzo per penetrare negli aspetti essenziali di un soggetto. L’esposizione alla Morgan Library ha l’inedito e importantissimo obiettivo di dimostrare come, nel disegno, questa caratteristica appaia praticamente in tutti i pittori veneziani, anche se in misura meno vistosa di quanto questo fondamento psicologico non appaia nel Tintoretto, al punto che è possibile parlare di un ‘disegno veneziano’ da contrapporre, per quanto riguarda il Rinascimento italiano, a un “disegno fiorentino” che, quando usato nella preparazione di un dipinto, ha sempre o comunque mira sempre a una finitezza formale. Una sorpresa che lo studio del disegno veneziano ha prodotto alla luce di questa mostra è anche che un gruppo di disegni che finora erano stati attribuiti al Tintoretto o a Palma il Giovane sono invece di mano di El Greco, in un suo passaggio a Venezia finora non abbastanza studiato.
Anche la mostra del Metropolitan è, come già detto, indirizzata a un aspetto particolare e ancora non abbastanza studiato, dell’opera del Tintoretto, cioè la ritrattistica, della quale una serie di esemplari realizzati con quella rapidità, destrezza e vigore che fin dall’inizio avevano stupefatto il pubblico veneziano sono per la prima volta esposti insieme e paragonati per la loro forza comunicativa a quelli di Tiziano e di Giorgione. Il risultato è quello di una modernità inaspettata, e che al tempo stesso avrebbe influito sull’intero corso della pittura barocca italiana. Anche questa mostra contiene una sorpresa, sotto forma della forza espressiva del principale aiutante di Jacopo Tintoretto, suo figlio Doemenico, del quale è esposta una serie di nudi femminili di ammirevole sinuosità e scioltezza.
Nello stesso ambiente in cui sono esposti i ritratti del Tintoretto, cioè nelle gallerie normalmente riservate alla collezione lasciata al Met dal finanziere Robert Lehman, è stata inoltre aperta, quasi a corona delle opere del Tintoretto e nello stesso giorno, una splendida serie di dipinti dei Paesi Bassi del periodo storico che vide il loro trionfo sul colonialismo spagnolo in una lotta durata ottant’anni. La mostra, che comprende per la prima volta, esposti insieme, pressoché tutti i capolavori di questa scuola di proprietà del Metropolitan, s’intitola “In praise of painting: Dutch masterpieces at the Met” e ha anch’essa la sua sorpresa. È il pittore “dissidente” Gerard de Lairesse, che con limpidi e luminosi quadri si oppone al grosso della pittura corrente intorno al 1665 e lamenta: “non si vede altro in giro che quadri di mendicanti, bordelli, fumatori di tabacco, musicisti, bambini sudici sui loro vasi e atre cose ancora più sporche e peggio.” Accanto c’è il ritratto del de Lairesse col viso consumato da sifilide congenita, di mano di Rembrandt.
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