Si dice che negli anni Trenta quel poco di storia europea che era conosciuta dagli americani, venisse loro dalla visione dei film in costume. Una sorta di primo infotainment” (da “information”, informazione, e “entertainment”, intrattenimento), che fa sempre storcere il naso ai colti, ma che di fatto è stato ed è ancora talvolta oggi in qualche Paese un veicolo d’informazione e di formazione fondamentale per le masse. Anche la straordinaria mostra “Post Zang Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943” alla Fondazione Prada di Milano, in parte suggerisce la stessa sensazione. Ma d’altronde si tratta di una mostra che racconta un ventennio difficile, controverso, caratterizzato per gran parte dal fascismo, ma che è (in questo caso della mostra milanese) soprattutto un’enorme, incredibile ricostruzione artistica.

E se vi domandate il perché di questo titolo certo non facile, dato alla mostra, la risposta è una sola: perché si allude all’opera letteraria “Zang Tumb Tuuum” scritta nel 1914 da Filippo Tommaso Marinetti, in cui l’ideatore del Manifesto Futurista e animatore del movimento applicava la poetica delle “parole in libertà” segnando, lui per primo, una radicale frattura con la tradizione artistica del suo tempo e con il passato. Una sorta di punto di partenza per raccontare… quel che è accaduto da quel momento.

Questa mostra dunque esplora il sistema dell’arte e della cultura in Italia proprio tra le due guerre mondiali, decenni in cui coesistono avanguardia e tradizione, utopia e realismo, modernità e ritorno all’ordine. L’indagine, svolta in collaborazione con archivi, fondazioni, musei, biblioteche e raccolte private, ha portato alla selezione di oltre 500 lavori, tra dipinti, sculture, disegni, manifesti, arredi, progetti e modelli architettonici, realizzati da più di cento diversi autori dell’epoca.

In “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943” questi oggetti sono introdotti da immagini storiche, pubblicazioni originali, lettere, appunti, riviste, rassegne stampa e foto personali, così da mettere in discussione la decontestualizzazione espositiva, in cui l’opera d’arte è tradizionalmente ridotta a una presenza neutra e isolata. Ricostruire, invece, le condizioni materiali e fisiche della sua presentazione originale non solo consente di indagare il complesso sistema di relazioni tra autori, galleristi, critici, ideologi, politici, collezionisti, mecenati e spettatori, ma permette anche di esplorare il dispositivo di mostra nelle sue diverse declinazioni, come un elemento essenziale dell’universo simbolico del tempo. Una lettura che sottolinea ulteriormente come l’esposizione di immagini e di prodotti nazionali, anche in contesti internazionali, sia stata utilizzata dal fascismo come uno strumento flessibile, adattabile e moderno, un mezzo funzionale al progetto di rifare gli italiani e di plasmare la loro esperienza del mondo.

Il progetto di allestimento, ideato dallo studio 2×4 di New York (uno storico partner della Fondazione Prada, di cui ha firmato altre precedenti installazioni museali) si presenta come un percorso immersivo, ritmato da venti ricostruzioni parziali di sale espositive pubbliche e private. In questi ambienti, costituiti dall’ingrandimento in scala reale delle immagini storiche, vengono ri-collocate le opere originali di artisti come Giacomo Balla, Carlo Carrà, Medardo Rosso, Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Filippo de Pisis, Arturo Martini, Fausto Melotti, Alberto Savinio, Giorgio Morandi, Scipione, Gino Severini, Mario Sironi, Arturo Tosi e Adolfo Wildt, tra gli altri.

Si rinnova così l’osmosi tra espressione artistica e aspetti contestuali, come arredi, elementi architettonici, dettagli decorativi, che permette al pubblico una conoscenza maggiore delle opere esposte e degli artisti e un’interpretazione più approfondita della storia delle arti in Italia. Si ripercorre così la dialettica tra singoli autori ed esponenti di movimenti, gruppi e tendenze, come Futurismo, Valori Plastici, Novecento, Scuola romana, i cosiddetti Italiens de Paris, il gruppo degli astrattisti e Corrente, che animano un panorama artistico e culturale, caratterizzato da eclettismo e pluralismo espressivi e in cui convivono avanguardia e ritorno all’ordine, sperimentazione e realismo, intimismo e propaganda.

L’intero percorso espositivo, che si snoda alla Fondazione Prada in diverse location (Galleria Sud, Deposito, Galleria Nord e Podium) è scandito da focus tematici dedicati anche a figure di politici, intellettuali, scrittori e pensatori del tempo, come Giuseppe Bottai, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Carlo Levi, Alberto Moravia, Luigi Pirandello, Margherita Sarfatti e Lionello Venturi, in cui si analizzano le loro diverse posizioni in un momento di forte radicalizzazione delle idee, di scambio tra le arti e di dialogo o scontro aperto tra le persone. In questo clima l’intellettuale, così come l’artista, sviluppava la propria autonomia espressiva partecipando attivamente o restando indifferente alle indicazioni del regime, o al contrario, subendone o criticandone (purtroppo solo in rari casi) le imposizioni in campo politico, culturale e artistico.
Ma c’è anche il cinema in questa mostra, perché in una sala apposita vengono proiettati a ciclo continuo una trentina di cinegiornali integrali dell’epoca, selezionati in collaborazione con l’Istituto Luce – Cinecittà, distribuiti nelle sale tra il 1929 e il 1941. Si tratta di filmati che documentano le fasi di allestimento e le inaugurazioni di alcuni tra i principali eventi espositivi e artistici di quel periodo.