“È fantastico essere qui alla Commissione sullo stato delle donne, uno dei corpi più dinamici, in un momento così cruciale per i diritti di donne e bambine”, ha detto Antonio Guterres , Segretario Generale delle Nazioni Unite, nel suo commento iniziale riguardante il Convegno di due settimane iniziato il 12 marzo.
Istituita dalla risoluzione 11 (II) del 1946, la Commissione ha come proposito quello di “promuovere i diritti delle donne, documentare la realtà delle vite delle donne in tutto il mondo, e dare forma agli standard globali sull’eguaglianza di genere e l’emancipazione femminile”. Durante la sessione annuale, i rappresentanti degli Stati Membri, organizzazioni civili e entità delle Nazioni Unite si radunano al Palazzo di Vetro per discutere i progressi e i gap che mancano alla realizzazione degli standard dettati internazionalmente – soprattutto dalla Dichiarazione di Pechino del 1995.
Ma questo, come ha specificato Guterres, è un anno particolare, un anno in cui i vari Stati Membri stanno ricevendo particolari pressioni dal Palazzo di Vetro per un’accelerazione nel processo di emancipazione femminile. “In tutto il mondo, le donne hanno iniziato a raccontare massivamente le loro storie, provocando importanti e necessarie conversazioni – nei villaggi ma anche nelle città; nelle boardrooms ma anche nelle bedrooms (nelle sale riunioni e nelle stanze da letto, ndr); nelle strade ma anche nei corridoi del potere. In Latino-America, Francia, Medio Oriente, Cina e qui negli Stati Uniti… Da ‘Me too’ a ‘Time’s Up’ a ‘Time is Now’… Donne e bambine stanno denunciando abusi e discriminazioni”, continua Guterres nel suo commento. Nuove storie vengono fuori, i trend verso la parità peggiorano e ci allontaniamo dagli obiettivi per il 2030.
Il meeting tra i vari vertici nazionali e transnazionali avrà un grande impatto, o almeno si spera. Infatti, ha sottolineato Guterres, “viviamo ancora in un mondo dominato da una cultura prevalentemente basata sul genere maschile. E questo è il motivo per cui l’emancipazione di donne e bambine è il nostro obiettivo più importante”. Guterres che, su questo tema, si è sempre espresso con durezza; “Secoli di patriarcato e discriminazione hanno lasciato strascichi deleteri. Attitudini sessiste e stereotipi sono diffusi in governi e settori differenti, tra cui quello privato, accademico, artistico, scientifico e tecnologico, e addirittura nelle società civili e nelle organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite”.
Particolarmente interessante, tra i meeting del primo giorno, quello riguardante le donne che vivono nelle zone rurali. Notizie sconvolgenti ci erano già arrivate rispetto alla discriminazione che incontra questo gruppo sociale, anche rispetto alle altre donne degli stessi Paesi, nell’accesso ai servizi e beni primari. Un gruppo sociale discriminato e trattato da outsider, che contribuisce però incredibilmente alla crescita di ogni Paese.
E questo accade per i Paesi meno sviluppati, come l’Angola, dove le donne rurali sono il 37,1% della popolazione, e l’82% di queste è coinvolto nella produzione alimentare; ma anche nei Paesi più sviluppati, come la Svizzera, dove “uno studio ha dimostrato che le donne raramente sono co-proprietarie delle aziende agricole, che molto spesso vengono lasciate ai figli maschi. Sono donne che posseggono solo l’uguaglianza da un punto di vista giuridico ma non la detengono per quanto riguarda l’informazione. Sanno poco riguardo alla loro possibilità di ottenere protezione e profitto”, ha dichiarato lo svizzero Markus Seiler, Segretario Generale del FDFA.
Dall’Italia, il Vice-Ministro per lo sviluppo economico, Teresa Bellanova porta “buone notizie”. Nel nostro Paese, “un terzo delle aziende agricole è in mano alle donne”, e lo Stato “ha voluto riconoscere il valore delle donne, concedendo il De@Terra” a 80 imprenditrici. “L’Italia vuole ripartire da queste esperienze di successo”, quello di tante donne che affrontano “un mestiere duro ma affascinante”, ha detto il Vice-Ministro con tono particolarmente positivo.
Insomma, un incontro di idee, esperienze, stimoli e anche realtà che sono, allo stesso tempo, differenti e convergenti. Quello che sorprende è che ogni storia (o quasi) ha un elemento in comune con le altre. Ciascuna sembra dire “ci stiamo lavorando, ci siamo quasi, ma potremmo fare di più”.
Perché la lotta per l’emancipazione, ha concluso Guterres nel suo intervento “non è solo la più grande sfida per i diritti umani del nostro tempo. È anche nell’interesse di tutti. La discriminazione contro le donne danneggia comunità, organizzazioni, compagnie, economie e società. E questo è il motivo per cui tutti gli uomini dovrebbero supportare i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere”. Guterres si considera lui stesso “un femminista orgoglioso”. E crede che “il lavoro di questa Commissione” sia “vitale per mettere fine agli stereotipi e alle discriminazioni che limitano le opportunità disponibili per donne e bambine. Dalle scuole agli uffici, dalle aule ai laboratori, nei film, nelle pubblicità e nei media dobbiamo renderlo chiaro: la capacità delle donne è infinita. E lo è pure la loro ambizione. Urge ora che continuiate ad alzare la voce per l’uguaglianza di genere, la dignità e i diritti umani. Il vostro lavoro è essenziale per un mondo più giusto e decente per tutti. E io personalmente mi impegno a fare la mia parte”, ha concluso Guterres.
Ed è vero, il Segretario Generale si è impegnato molto. Tra numerosi discorsi di denuncia, commitment, si ritiene davvero un femminista convinto. Non è da poco che almeno il Palazzo di Vetro si stia trasformando in un luogo immune da discriminazioni; né è da poco che il numero di donne con posizioni da Senior Manager ai vertici delle Nazioni Unite abbia raggiunto quello degli uomini.
Ma davvero il messaggio delle Nazioni Unite può essere più che una semplice raccomandazione per gli Stati Membri? La vera domanda è se, alla luce di ciò che è avvenuto durante il 2017, “si è riusciti a coinvolgere anche ragazzi e uomini nei progetti di inclusione?” ha chiesto retoricamente Markus Seiler. E soprattutto, è davvero questa la priorità di ogni Stato? Con questi presupposti iniziano le due settimane della Commissione sullo stato delle donne. E non si può dire che i vari Stati Membri, a questo punto, possano avere poche responsabilità.