Durante la seconda guerra mondiale, un angelo, sfiorato nel cielo di Roma da un proiettile dell’artiglieria contraerea, si abbatté sulla terrazza di una casa. Così incomincia uno dei racconti contenuti nel libro ‘Casa la Vita’, opera dello scrittore, musicista e pittore Alberto Savinio, un grande artista vissuto e fiorito sotto la luce – o piuttosto all’ombra – del suo fratello maggiore Giorgio de Chirico. Se quella dell’angelo è una metafora per l’anima e l’opera di Savinio, c’è una notizia interessante: l’angelo si è abbattuto un paio di giorni fa anche su una casa di New York, sotto forma di una fantastica prima esibizione americana dei quadri di questo artista, da vent’anni a questa parte, esibizione intitolata al suo nome e che durerà fino al 23 giugno del 2018. La mostra si tiene nei locali del CIMA, il Center for Italian Modern Art, un istituto fondato tre anni fa a Soho, cioè uno dei quartieri un tempo industriali della parte bassa di Manhattan in cui si concentra oggi molta dell’attività artistica della metropoli americana. Obbiettivo di questo istituto è di far conoscere meglio l’arte contemporanea italiana in un contesto internazionale, e al tempo stesso di approfondirne lo studio.
Nel caso di Savinio, lo scopo principale della mostra è di richiamare l’attenzione su un artista italiano dello scorso secolo (1891-1952) assolutamente eccezionale che, pur essendo ben conosciuto in Italia, è ancora inspiegabilmente molto poco noto all’estero; o forse spiegabilmente, per il destino che molto spesso tiene nell’oscurità i fratelli di un artista molto famoso. In questo caso, tuttavia, occorre aggiungere che il livello artistico di Alberto Savinio è assolutamente non inferiore a quello di Giorgio de Chirico; la differenza tra i due consiste forse soltanto nel fatto che mentre de Chirico si inserì presto nelle correnti dell’avanguardia europea come un caposcuola, essendo il fondatore della cosiddetta “pittura metafisica”, e avendo come tale avuto un’influenza enorme in tutti i campi dell’arte europea, Savinio era ed è rimasto un unicum, un artista profondissimo autore di un paradigma a sé, misterioso e ancora in gran parte da studiare. La mostra al CIMA è una eccellente
dimostrazione di queste qualità particolari. La metafora dell’angelo caduto si applica in questo senso anche a questi quadri, nel senso che ognuno di essi sembra un invito a chi guarda a perdersi in una storia ambigua e piena di meraviglie, di cui il soggetto illustrato è solo un principio; nessuna delle narrazioni finisce dentro la cornice del quadro, ognuna è un seme alimentato da una fantasia esplosiva. Così, per esempio, nella tela “Le songe d’Achille” (“Il sogno di Achille” del 1926) in cui l’eroe omerico intravvede gli ingranaggi di una civiltà futura, o in “L’île des Charmes” (“L’isola incantata”) e in “La cité des Promesses” (“La città delle promesse”), tutt’e due del 1928, o ancora nell’”L’Autoritratto in forma di gufo” che è del 1936.
Il cognome Savinio è evidentemente uno pseudonimo; sia Alberto che suo fratello erano infatti nati a Volos in Grecia da un ingegnere De Chirico italiano, per percorrere in seguito carriere culturali che, pur colorate da echi della mitologia greca, sbocciarono poi in Italia e in altri paesi europei tra cui soprattutto la Francia, dove ambedue divennero individualmente famosi. Alberto tuttavia, più
giovane, di vita più breve e costretto presto dalla guerra a rientrare in Italia, fu poi in gran parte dimenticato dovunque eccetto che in Italia. La sua particolare forma di surrealismo, che Savinio stesso chiamava della “mauvaise peinture” o “brutta pittura” ebbe anche, dopo la sua morte, effetto di ispirazione per la corrente degli anni Settanta e Ottanta detta della “Transavanguardia” a cui appartengono Francesco Clemente e Sandro Chia. La tavolozza cromatica e la pennellata di Savinio, tutt’e due molto speciali, sono tuttavia a tutt’oggi rimaste inimitate.
Conformemente alla sua abitudine di trarre cognizione da una giustapposizione di stili tra due artisti in qualche modo consimili , il CIMA mette anche in mostra, accanto alle opere di Savinio, quelle di Louise Bourgeois, la pittrice e scultrice surrealista franco-americana spentasi sette anni fa a Manhattan quasi centenaria. La mostra sarà accompagnata durante il suo corso da programmi di studio, tra cui va segnalata, il 14 novembre, una conferenza del critico d’arte italiano Renato Barilli su Alberto Savinio e Giorgio de Chirico, quest’ultimo spentosi nel 1978 all’età di novant’anni.