Dopo decenni di peripezie e un esilio forzato all’interno del Cleveland Museum of Art, dove si trovava dal 2004, finalmente un altro capolavoro dell’arte romana è tornato in Italia. Il reperto è prezioso: una testa marmorea di Druso Minore, figlio dell’operatore Tiberio, risalente al I secolo d.C., protagonista di un’odissea durata ottant’anni.
A recuperarlo è stato il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, che lo esporrà tutti i sabati di settembre (dalle 10:00 alle 14:00) nella propria splendida sede nel centro di Roma, in via di Sant’Ignazio 152, prima di riportarlo a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta.
Un’occasione da non perdere non solo per ammirare una pregevole opera d’arte, ma anche per trovarsi a tu per tu con un personaggio poco conosciuto al grande pubblico (raramente lo si trova nei libri di scuola), vissuto in una delle epoche più intriganti dell’impero romano.
Imperatore mancato. Figlio di Tiberio e di Vipsnia Agrippa, Druso nacque intorno al 13 a.C. e fu uno dei membri più in vista della dinastia Giulio Caludia, che ebbe in mano le sorti di Roma dall’instaurazione del principato alla morte di Nerone. Generale talentuoso, insieme al celebre Germanico (suo fratello adottivo) collezionò brillanti vittorie e fu inoltre un politico ambizioso, con ottime doti amministrative ma un carattere stravagante e incline al vizio.
Senza dubbio, si trattò di un personaggio carismatico. Se nella primavera del 14 d.C. avessimo assistito al funerale di Augusto, assiepati tra la folla che gremiva il foro romano, avremmo visto proprio Druso, che dall’alto dei rostri tesseva le lodi del compianto Princeps in un’appassionata orazione funebre.
Per un momento, dopo la morte di Germanico (l’erede designato dal padre), fu lui il successore di Tiberio. E se non fosse finito vittima del perfido prefetto del pretorio Lucio Elio Seiano, che lo fece uccidere nel 23 d.C., probabilmente ce lo saremmo ritrovato sul trono al posto di Caligola.
Dall’Africa agli USA. Le lunghe e complesse indagini che hanno portato al recupero del ritratto marmoreo nascono dall’esame di una pubblicazione del 1926, relativa allo scavo archeologico dell’antico teatro romano di Sessa Aurunca. All’interno della pubblicazione è stato possibile acquisire notizie sul ritrovamento di 4 teste in marmo. Tra queste, c’era anche quella di Druso, “rapita” dal Museo Civico di Sessa Aurunca durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il reperto scomparve mentre le truppe alleate stavano risalendo lo stivale incontrando la resistenza degli occupanti nazi-fascisti in ritirata. Ad appropriarsene, sembra, furono le truppe algerine al seguito dei francesi, che lo trasportarono in Nord Africa. Nei decenni successivi Druso finì poi a Parigi, dove venne venduto all’asta finendo tra le opere del Museo di Cleveland, il quale ha concordato lo scorso aprile la sua restituzione con il nostro Ministero dei Beni Culturali.
Dal 1° giugno, quando ha fatto ritorno in patria, Druso è andato ad aggiungersi a un’altra importante scultura, quella dell’imperatore Tiberio, recuperata qualche tempo prima (sempre negli USA) e anch’essa provento del furto avvenuto a Sessa Aurunca durante le fasi conclusive della Seconda Guerra Mondiale.