Il 30 settembre il New York Transit Museum di Brooklyn ha inaugurato la mostra Bringing Back the City: Mass Transit Responds to Crisis. L’allestimento, voluto fortemente dalla direttrice del museo Gabrielle Shubert, è stato realizzato con l’obiettivo di offrire al pubblico una nuova prospettiva riguardo ad alcuni tragici avvenimenti che hanno colpito la città di New York.
L’attentato dell'11 settembre, il blackout del 2003, la bufera del 2010, l'uragano Irene e il più violento uragano Sandy, sono avvenimenti radicati nelle menti e nel cuore di tutti gli americani, e non solo. In questa mostra, però, vengono riproposti da un punto di vista assolutamente differente. Sono stati scelti, infatti, per far conoscere la dedizione e la professionalità dei dipendenti del trasporto pubblico della città di New York.
Alti pannelli grigi e gialli indirizzano il pubblico lungo un percorso fatto di immagini, riproduzioni di ambienti, testimonianze orali, video, pannelli multimediali ed esposizioni di materiali meccanici. Con entusiasmo e partecipazione, Gabrielle Shubert parla della mostra, del suo significato profondo e dell’importanza di testimoniare il valore di quelli che lei chiama professionisti del servizio pubblico.
Quanto tempo ha richiesto la realizzazione e la raccolta di tutto questo materiale? Avete usato particolari criteri di selezione di fronte alla quantità di materiale esistente?

Gabrielle Shubert, direttrice del New York Transit Museum. Foto: MTA New York City Transit / Patrick Cashin
“L’idea è nata quando abbiamo riaperto il museo dopo l’uragano Sandy. Cominciammo a sentire le storie di ciò che i nostri colleghi avevano dovuto affrontare per ripristinare il trasporto pubblico e riparare i gravi danni provocati. La maggior parte degli abitanti di New York non si rende conto che il personale del servizio di trasporto pubblico è anche in prima linea quando il disastro colpisce la città. Per due interi anni tutto il personale del museo e lo staff legato al curatore della mostra Josh Feinberg, hanno partecipato alla realizzazione di questo progetto, insieme a consulenti di progettazione, scenografi e coloro che hanno scritto i contenuti dei pannelli che lei oggi può leggere. Lo staff del museo, inoltre, ha selezionato i materiali e le foto in base all’oggetto tematico della mostra. Ogni cosa è stata scelta per poter al meglio interpretare il messaggio che abbiamo voluto divulgare in questa mostra. Tutto ha seguito un filo logico molto scrupoloso e un tema ben preciso”.
Perché legare il tema della mobilità ad alcune delle maggiori catastrofi che si sono abbattute sulla città di New York?
“Quando si pensa a momenti di crisi della città, i grandi protagonisti che vengono nominati sono spesso pompieri o poliziotti. Raramente si sente parlare del personale del New York City Transit. Persone che, non solo tutti i giorni permettono la mobilità milioni di individui, ma che hanno ricoperto e ricoprono tutt’oggi un ruolo critico e spesso fondamentale in occasione di eventi eccezionali. Personale preparato e formato per affrontare questo tipo di situazioni e che ha dato prova di grande coraggio e di grande professionalità, salvando centinaia di persone. Senza grandi clamori, hanno permesso a questa grande metropoli e ai suoi abitanti di rimettersi in movimento. Era una storia che noi volevamo raccontare ed è lo scopo di questa mostra”.
Questo è stato il suo ultimo grande impegno come direttrice del Museo e ora è già in pensione. In una recente intervista, ha definito il suo “un lavoro da sogno”. Lo è stato davvero per lei? Qual è stata la sua sfida più difficile?

Alcune delle installazioni che compongono la mostra. Foto: Anna Cugini
“Si credo davvero sia stato un lavoro da sogno. O meglio un lavoro fatto apposta per me. L’arte e la cultura sono, da sempre, le mie grandi passioni. Oserei dire il mio primo amore, però ho anche conseguito una laurea in materie politico-amministrative. Quindi posso dire che il più grande successo sia stato quello di creare un’istituzione culturale all’interno di un ente governativo. Qualcosa, insomma, ritagliato su misura”.
Lei pensa che oggi New York possa ancora definirsi un centro urbano all’avanguardia , in riferimento al trasporto pubblico,?
“Sì, credo ancora che il trasporto pubblico sia il cuore pulsante della città. Nulla funzionerebbe allo stesso modo a New York se non fosse per questo incredibile groviglio di infrastrutture. I drammi che sono stati proposti in questa mostra ne sono la dimostrazione chiara. Interi quartieri completamente isolati, milioni di persone che non potevano non andare a lavorare, a scuola, all’ospedale. New York è la città che non dorme mai, forse anche grazie ad un servizio attivo 24 ore su 24, quasi l’unico al mondo. E questo è un centro all’avanguardia, no?”.
I newyorchesi spesso si lamentano della subway, per il costo elevato, per le scarse infrastrutture dedicate a disabili, ad anziani o a madri con bambini. Che cosa ne pensa lei? Quali sono i maggiori problemi del trasporto pubblico di New York?
Alcune delle installazioni che compongono la mostra “Bringing Back the City”. Foto: Anna Cugini
“Sì, è vero, gli utenti spesso tendono a lamentarsi della metropolitana. È una rete di infrastrutture vecchia ed enorme quindi, naturalmente, ci sono cose di cui lamentarsi. Il New York Transit Museum cerca proprio di spiegare quanto sia complicato questo sistema, quanto sia complicata la manutenzione e il rinnovamento stesso, in modo che la gente possa meglio comprendere come funziona e così, di conseguenza, capire perché sussistono quei disservizi di cui spesso ci si lamenta”.
Crede che preservare una sorta di memoria storica che riguardi la New York Public Transportation sia importante anche per le future generazioni?
“Direi di sì. Questa è una storia affascinante, i cui protagonisti sono stati pionieri nel costruire una rete di viabilità che ha reso possibili nuovi commerci, nuovi scambi, nuove connessioni tra le persone, che le ha rese più vicine sebbene lontane negli spazi. Che forse ha reso New York quella città che noi conosciamo oggi e di cui i giovani beneficiano”.