An incestuos avant-garde survey of art. È così che il sottotitolo dell’esposizione Family Affairs, che si è aperta giovedì 6 marzo, nello spazio The Yard dell'IFAC (International Fine Arts Consortium), nel Lower East Side, definisce l’evento.
Questo spazio, un insieme “multiculturale” di ambienti curato dai due artisti e fondatori dell’IFAC, Gregory de la Haba e Lee Wells, presentando opere di artisti internazionali di tutte le età (il range è dai 17 ai 68 anni), ha lo scopo di promuovere l’arte per l’arte e non come business. Lee Wells, artista e curatore d’arte, ha lavorato nel settore per 15 anni, ed ha esposto in luoghi come la Biennale di Firenze. Ci spiega che “con l’avvento di Internet, è diventato sempre più difficile vendere arte e promuoverne di nuova”, ed è proprio questo che ha spinto lui e il suo collaboratore a portare avanti lo scopo della loro fondazione IFAC.
“La gente si sofferma sui nomi degli artisti, li cerca su Internet e senza nemmeno vedere le opere d’arte, chiama i venditori e ordina i pezzi”. Questo è un processo che lascia in ombra gli artisti più giovani. Come artista emergente, solo se sei molto benestante puoi comprare uno spazio a una mostra come l’Armory Show (ai Pier 92 e 94 in Manhattan fino al 9 marzo), probabilmente per non meno di 15.000 dollari, sperando che un collezionista ti si avvicini e ti proponga un affare”, spiega Wells.
È per questo motivo che nessuna delle opere d’arte in mostra è accompagnata da una descrizione: la scelta è di tenere nascosto sia il nome dell’artista che il nome del quadro. “In questo modo la persona che guarda il quadro si concentra solo sul suo profondo significato, non come si fa nei grandi musei, dove se un quadro non è di un Picasso o di un Degas, la gente non si ferma a guardarlo”. Interessante che, tra i quadri di Family Affairs, sia nascosto proprio un Picasso. E c'è anche un Warhol. È come una caccia al Tesoro.
Il nome Family Affairs, viene proprio dalla concezione sulla quale Wells insiste di più: “Molti degli artisti che espongono qui sono nostri amici, alcuni di vecchia data, altri nuovi, e quelli che non lo erano prima lo sono diventati ora”.
L’orgoglio italiano di questa esibizione è Chiara Spagnoli, giovane artista e giornalista milanese, collaboratrice de La VOCE di New York. “L’ispirazione parte dal materiale e dal gioco di parole”, ci spiega Chiara raccontandoci del processo di composizione delle sue due opere Polo Match e Dog Testing, in mostra allo Yard.
Le opere di Chiara Spagnoli sono per la maggior parte realizzate con materiali riciclati che l’artista trova occasionalmente, e su cui poi elabora un tema o una storia. Polo Match è una sorta di gioco di parole. Infatti l’opera rappresenta dei giocatori di polo, circondati da fiammiferi, “matches” in inglese, da cui poi il nome del quadro, accompagnati da una vera palla da polo, trovata dall’artista durante una visita agli Hamptons. Dog Testing racconta anche una storia personale e l’amore di Chiara per i cani. “Penso alle violenze e agli esperimenti fatti sui cani, sia in Italia che qui” ci ha detto. “Nelle mie opere cerco di sdrammatizzare le cose, inserendo qualcosa di brioso, senza però tralasciare mai il contesto sociale”.
La mostra rimarrà aperta fino al 31 aprile.