Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe è la mostra sul Futurismo più completa che sia mai stata organizzata negli USA. Oltre 380 pezzi, realizzati da più di 80 artisti, tra cui designer, fotografi, scultori, pittori, musicisti, poeti e scrittori. “È una mostra molto pretenziosa” ha ammesso la curatrice Vivien Greene, responsabile al Guggenheim per l’arte del Diciannovesimo e Ventesimo secolo e specializzata in modernismo italiano. Ci sono tutti: Marinetti, Balla, Boccioni, Carrà, Depero, Sironi, Prampolini, Bragaglia, Severini, Cangiullo e tanti altri.
L’esposizione racconta l’evoluzione del Futurismo, dispiegandosi lungo i diversi livelli della chiocciola del museo Solomon R. Guggenheim, architettura modernista di Frank Lloyd Wright che è, di per sé, un'opera d'arte totale. Dal primo livello, dove lo spettatore viene guidato attraverso i primi passi di questo rivoluzionario movimento, si prosegue (seguendo un percorso cronologico, pur se non rigido) ai piani superiori, dove sono esposte opere di artisti di fama internazionale che dimostrano la grande influenza di questo movimento italiano in tutto il globo.

Umberto Boccioni Elasticity (Elasticit├á), 1912 Oil on canvas, 100 x 100 cm Museo del Novecento, Milan Photo: Luca Carr├á ┬® Museo del Novecento, Comune di Milano ÔÇôtutti i diritti riservati
Il Futurismo, che esordì soprattutto come movimento letterario, fu una corrente determinante per lo sviluppo dell’arte moderna. L’idea principale era di dare alla pratica artistica una spinta verso il nuovo e il giovane, in opposizione all'arte stantia delle accademie e dei musei. L’arte doveva essere libera, secondo Filippo Tommaso Marinetti, primo teorico del movimento, il quale si fece sostenitore della prima Guerra mondiale, che avrebbe restituito all’Italia i suoi possedimenti e che, secondo l'artista, aveva un profondo valore estetico.
La fama dei futuristi ha scontato per lungo tempo la vicinanza agli ideali fascisti, ma oggi appare chiaro che il movimento era ben più complesso della retorica mussoliniana. Presa la necessaria distanza storica da quegli eventi, il Futurismo può finalmente essere analizzato al di là del giudizio politico, anche in America, dove, spiega la curatrice Vivien Green, “il Futurismo non è per niente conosciuto”. Da qui il desiderio di portare questi artisti oltreoceano e mostrarli all'ampio pubblico newyorchese. Ma non è solo in America che questo progetto è eccezionale. Una mostra di questa ampiezza dedicata al Futurismo fu realizzata soltanto una volta, all'interno della Mole Antonelliana di Torino, nel 1980, dallo storico e critico d'arte, Enrico Crispolti. “La mostra aveva lo stesso titolo, e rappresentò un'importante analisi sullo sviluppo del futurismo, tipico di quegli anni” ha spiegato Greene durante la presentazione alla stampa della mostra, giovedì 20 febbraio.

La stanza all’ultimo piano del Guggenheim dedicata alle serate futuriste
Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe analizza la spinta verso il modernismo dell’arte italiana, all'inizio del '900. Dal Manifesto del Futurismo del 1909 di Marinetti, (di cui è presente in mostra la pubblicazione, in francese, sul giornale Le Figaro, col titolo Manifesto iniziale del Futurismo), fino alla fine della seconda Guerra mondiale quando il movimento, che nel frattempo si era legato al fascismo, si esaurì. L’esposizione è composta non soltanto di quadri, ma anche di numerosi scritti, come il Manifesto della Poesia, progetti teatrali (famose le serate futuriste che al Guggenheim sono evocate attraverso uno spazio all'ultimo piano in cui le pareti si riempiono di giochi di luci e colori), sculture, mobili (la colorata sala da pranzo realizzata da Gerardo Dottori per casa Cimino), oggettistica (le tazzine da caffè di Giacomo Balla e i piatti di ceramica di Bruno Munari e Torido Mazzotti). Non manca la pubblicità cui, nella loro visione di un'arte liberata dalla sacralità della tradizione, i futuristi si avvicinarono senza snobismo, ben prima di Andy Warhol e della Pop Art, realizzando grafica e cartellonistica per diverse aziende italiane. In mostra al Guggenheim ci sono le ancora modernissime locandine pubblicitarie disegnate da Fortunato Depero (cui è dedicata una mostra al CIMA che apre proprio in questi giorni) per il Bitter Campari. Di Depero è in mostra anche l'opera, realizzata dal pittore nel suo periodo newyorchese, Skyscrapers and Tunnels (1930) che dice moltissimo del suo rapporto con la "metrocubica meccanopoli".

Gerardo Dottori Cimino Home Dining Room Set (Sala da pranzo di casa Cimino), early 1930s Table, chairs, buffet, sconces, and sideboard; wood, glass, crystal, copper with chrome plating, leather, dimensions variable Private collection ┬® 2014 Artists Rights
L’esposizione è sponsorizzata da Lavazza, un'altra eccellenza italiana. Questo evento segna l'inizio di una collaborazione, che si svilupperà su un arco di tre anni, tra l'azienda e il museo Guggenheim. Lavazza non è nuova al mondo dell'arte: in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, aveva già sponsorizzato una mostra su Leonardo Da Vinci e diverse sono state le personali di fotografi organizzate dall'azienda. E con il movimento futurista, l'azienda ha qualcosa in comune, come ci ha raccontato Francesca Lavazza, all’inaugurazione della mostra: “Siamo nati nel 1895, 14 anni prima del Manifesto di Marinetti. Mentre lui proclamava questa sua rottura, questo spingersi in avanti, noi stavamo lavorando per creare un’azienda. Così come loro immaginavano il futuro, anche noi lo facevamo, ma sicuramente non immaginavamo che un giorno saremmo stati qua”.

Una mappa dell’Italia ricostruisce la provenienza di tutti gli artisti del Futurimo esposti al Guggenheim
Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe offre un viaggio multimediale tra i vari periodi e le svolte di uno dei momenti più vivaci e complessi della storia dell'arte italiana. L’esposizione apre venerdì 21 febbraio e sarà visibile fino al 1 settembre.