Sul pulmann che ci porta al Bronx Museum, alcuni signori scambiano impressioni: “Non sapevo esistesse un Museo di Arte nel Bronx”. Eppure tutti i presenti sono nati e vissuti in parte proprio in quel distretto. Ancora i commenti sono però pochi, si limitano a prendere atto del cambiamento di strade e di quartieri. Arriviamo al Museo. Veniamo accolti da uno staff sorridente che ci indica una sala al piano di sopra, apparecchiata davanti ad un grande schermo. Proprio lì avrà luogo Back in the Bronx, un evento organizzato per invogliare al ritorno, anche solo per un giorno, nel luogo dove molti sono nati o hanno vissuto e lavorato.
“Il nostro museo vuole essere un centro di raccolta per gli abitanti del distretto. Non dobbiamo dover andare a Manhattan per vedere arte o per assistere ad eventi, possiamo farlo rimanendo nel Bronx”. Ci dice fiera Holly Block, direttrice del Museo. “Abbiamo un enorme programma educativo rivolto alle scuole. Vogliamo essere sempre di più il centro della vita artistica e culturale per i nostri ragazzi e per i tantissimi immigrati che affollano il Bronx. Lo sa che il nostro distretto è quello che ha la più alta concentrazione di nuovi immigrati?” Forse pochi lo sanno, signora Block, come pochi sembrano sapere che esista un Museo – bellissimo – del Bronx. Come probabilmente pochi sapranno che il Bronx è pieno di arte architettonica, a partire dall’Art Deco’ che trionfa incontrastata.

L’attore Chezz Palminteri alla presentazione di Back in the Bronx/ foto@The Bronx Museum of the Arts/Lauren Click

L’attore Chezz Palminteri alla presentazione di Back in the Bronx/ foto@The Bronx Museum of the Arts/Lauren Click
Lo si vede nelle immagini che Stephen Samtur, editore della newsletter Back in the Bronx, mostra al pubblico. Siamo negli anni 50, 60, 70, il Bronx è pieno di negozi, ha una metropolitana sopraelevata, ci sono moltissimi teatri e cinema, uno su tutti il Paradise, che ha sentire Samtur, "è molto più bello del Radio City Music Hall" (e vedendo le immagini, ci sembra proprio che abbia ragione). Le foto, collezionate nell’arco di vent’anni, vengono inframezzate da un documentario, realizzato alcuni anni fa, A view from the stoop dove si scopre quante celebrità abbia consegnato al mondo il Bronx.
Nel vedere le varie immagini, il pubblico inizia a tirare fuori ricordi, la memoria, di quello che sono stati e da dove sono venuti. Risate, gridolini, corse a dire prima degli altri il nome di una strada o di un negozio, sorrisi. L’evento si trasforma in un affare intimo, in cui chi non è del luogo, si sente invitato come se fosse una sera di Natale in una famiglia che non è la sua. Il non essere coinvolti fa vedere con distacco affettuoso, il legame di questa gente alla propria vita passata. Sull’onda della memoria, arriva Chazz Palminteri, il re del Bronx. Palminteri parla di quella che è la sua terra natia – "dico sempre che sono del Bronx e non di NY"-, parla di suo padre, che tutti conoscono bene grazie al suo testo A Bronx Tale, parla di quanto il Bronx lo abbia reso quello che è lui oggi. Il pubblico fa domande, lui risponde lieto e con semplicità. Alla fine, sembra essersi formata una nuova famiglia, quella di coloro che sono nati lì e che porteranno sempre con loro il Bronx nelle vene e nel cuore.
Il ritorno a casa è totalmente diverso dall’andata. Sul pulmann, ciascuno chiede agli altri di quale strada sono, dove sono andati a scuola, una signora commenta che è uscita con tanti ragazzi di quella tale scuola, c’è persino un signore che dice di essere venuto apposta dal Massachusetts. Qualcuno racconta che ora non vive più lì, ma che ha l’ufficio nel Bronx, dunque anche se abita da un’altra parte, torna nel Bronx ogni giorno. Tutti si danno appuntamento per i prossimi eventi di Back in The Bronx. Il 18 gennaio con Robert Klein e il 22 febbraio con Arlene Alda, il pubblico del ‘Bronx che è stato’, sarà lì a gustare le prelibatezze dei Greco’s e a sentire altre storie su quelle strade e sulle loro vite. La memoria è recuperata e rifocillata. Per informazioni contattare il Bronx Museum: 718-681 6000 oppure visitare il sito: www.bronxmuseum.com