Sono a Catanzaro, una città che non conosco, in attesa, nella hall dell’albergo.
Si inaugura la personale che il Museo delle Arti dedica al grande pittore della Transavanguardia, Enzo Cucchi. Lui, il marchigiano illustre, le cui opere sono ospitate nei più grandi musei del mondo, in piedi vicino al bar conversa animatamente. Dalla fine degli anni ’70 Enzo Cucchi ha lasciato dietro di sé tanti segni… Ho provato a seguirli. Nell’aprile del 1982 a Roma, lungo le Mura Aureliane, da Porta Metronia a Porta Latina, ricordo ancora l’emozione delle tele di artisti che non avevo ancora mai visto, offrirsi alla campagna, negli spazi aperti delle antiche mura, in un saliscendi accidentato che ci faceva percepire indistintamente il cammino dell’arte. Avanguardia Transavanguardia era il titolo della mostra a cura di Achille Bonito Oliva. Assessore alla Cultura del Comune di Roma, Renato Nicolini. Mostra molto discussa che doveva illuminare il clima artistico-politico degli anni “caldi” 1968-1977. Lungo le antiche mura di una città scomparsa si faceva una mostra d’arte: negli anni del tempo della mostra erano state edificate una città, una mente, una esistenza mutante la cui barriera andava oltre le mura verso l’orizzonte. Enzo Cucchi che faceva parte dei 45 artisti italiani, americani e tedeschi invitati ad esporre, si notava per la bellezza del nero, la
qualità funebre, prefiguratrice di tempeste, con quelle nuvole nere vaganti.
Molto più tardi nel 1997, Ancona, la sua città, gli dedicava una grande antologica alla Mole Vanvitelliana, una mostra in cui il mondo di Cucchi si apriva in una fase ironica e solare. La nave, il pettirosso, i disegni a carboncino della semplice, travagliata campagna marchigiana, le figure lunghe e allampanate e le formelle di maiolica rosa… Ancora a Roma nel 1998 al Magazzino d’Arte moderna in via dei Prefetti una piccola mostra pensata come una caduta di stelle in un deserto africano. E nel 2002 a Frascati, nelle scuderie del Palazzo Aldobrandini “Quadri al buio sul mare Adriatico”.
Questo è quanto ho trattenuto per me del percorso amplissimo del grande artista; girando per il mondo ho trovato poi, nei singoli musei, pubblicazioni sul suo lavoro, interessantissime; libri d’arte a lui dedicati ricchi di immagini che mi riportavano a casa; tanto per fare un esempio al MACBA e alla Fondazione Mirò di Barcellona.
Ma ciascuno dei lettori americani potrà vantare un suo cammino attraverso l’opera di Cucchi e certamente ricorderà la mostra retrospettiva al Museo Guggenheim nel 1986 e quella intitolata “Interior Construction” ospitata nel 2010 all’Istituto Italiano di Cultura di New York: sassi, pensieri bianchi e neri, una casa sull’albero, un’icona che guarda se stessa, grumi di carbo- ne, un piccolo villaggio, un elefante, un orecchio e una voce con la sua faccia, specchi deformanti di una realtà appesa ad un filo…
Questa esposizione del MARCA, a cura di Achille Bonito Oliva e Alberto Fiz , per la quale sono venuta a Catanzaro, rientra nel progetto sulla Transavanguardia Italiana ideato e coordinato da Bonito Oliva in occasione dei 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Accanto alla rassegna storica sulla Transavanguardia Italiana attualmente al Palazzo Reale di Milano sono state pensate le mostre personali dei cinque artisti che hanno dato vita al movimento con Sandro Chia all'ex Foro Boario di Modena, Nicola De Maria al Centro Pecci di Prato, Mimmo Paladino all'ex-Gil di Luigi Moretti a Roma, Francesco Clemente a Palazzo Sant'Elia di Palermo, ed Enzo Cucchi a Catanzaro.
"Robin Hood"
Per il museo di Catanzaro Enzo Cucchi ha realizzato un progetto del tutto inedito con oltre 50 opere fra dipinti, sculture e ceramiche. Entrando nelle tre grandi sale espositive si ha la sensazione di essere catturati dalle immagini: “Robin Wood”, il grande viso di Van Gogh in una foresta di tronchi spogli che conservano tuttavia la memoria del colore verde d’un tempo (foto), e poi, l’omaggio alla pittura “Morsa” che, bianco su bianco, su una grande rete metallica di quattro metri accenna al pittore che insegue la sua tavolozza. Solo lei in fondo al quadro, colorata, mentre il pittore angelo o fantasma tenta di catturare la luce.
In un allestimento semplice e sofisticato, al centro del museo, “La grande porta” (foto della sala) in bronzo, interamente nera, sulla quale in processione si muovono piccole sculture colorate in bronzo e ceramica (foto della donnina dai capelli rossi “Senza Titolo”).
Penati che guidano ciascuno di noi di qua dalla porta del cielo.
Così è la nostra vita “un apparire in corsa” e in questo peregrinare Cucchi lancia le sue figure senza gravità.
«Le immagini fluttuanti e ansiose che si depositano sulla superficie vengono da lontano e l’artista le ascolta prima di vederle», come intuisce Alberto Fiz. «Io posso parlare di quello che uso nel fare, il gessetto, un colore». E all’intervistatore che insiste “Lei non ha un modello?” «Non dipingo per illustrare una cosa… Non so dire come nasce una mia opera… mi piacerebbe sapere dei fantasmi che si addensano attorno al pennello», sorride meravigliato con il suo fare schivo e a volte garbatamente impertinente. «Cerco sempre il viaggio che possa cambiare la giornata».
E’ questo il senso del movimento che si respira nei suoi quadri anche quando è concluso nei segni. Questo movimento obliquo che fa parlare Bonito Oliva di “guardata curva” e di inclinazione senza sosta propria della nascita. I suoi paesaggi sono metafisici; la memoria di episodi biblici è ricorrente nel suo lavoro, ma non tutto è qui, c’è tanto di più e sempre tanto di nuovo. Libertà e coazione: gli insetti sulla gamba… una nave che sovrasta tutto… il grande e il piccolissimo e… poi la tempesta quieta. Il dolore e la poesia di una terra, espressa con sobrietà nel segno e la luce catturata negli occhi. Solo il giallo è generoso e potente, irrompe di tanto in tanto nei grandi spazi… o il rosso, ma non qui, tra le opere in mostra a Catanzaro.
Più guardo i suoi segni, più mi lascio invadere dalle sue scelte formali, più forte sento il desiderio di chiedere. Nel timore di disturbare mi trattengo. Penso che la creazione proseguendo nel mio sguardo debba rispondermi solo al- l’interno dell’opera. Tuttavia continuo a chiedermi con insistenza e mi piacerebbe sapere cosa vedeva Enzo Cucchi dalla finestra della sua stanza di bambino… La sua costante evocazione mi affascina e mi commuove la sua incessante capacità di creare. Dov’è la sorgente di tutto questo?
Per quanti vorranno e potranno lasciarsi andare al viaggio nel mondo di Cucchi e vorranno arrivare a Catanzaro la mostra resterà aperta fino al primo aprile del 2012, corredata da un catalogo ricchissimo di immagini pubblicato da Prearo Editore. I visitatori avranno anche un’altra sorpresa dal titolo “Appunti di pittura” dovuta alla generosità di Enzo Cucchi che in veste di curatore, insieme ad Arianna Rosica, ha lasciato uno spazio di intervento alle opere e al dialogo a più voci tra sette giovani pittori. «Guardando e sentendo con gli occhi / fondendosi / con la materia e plasmando / il plasmabile / domando, convertendo a un innocuo principio / tutto questo / confluire in una forma o più di una, che contenga, implicitamente, il vizio folle di ricondurre / a logica conseguenza, ciò che logico non è / affatto. Ecco è così che si comincia un quadro». (M. Tocca, appunti).