A sinistra In foto la Sala Augusto al Quirinale
Nel disastro generale ci sono delle notizie che confortano e lasciano sperare che non tutto sia perduto. Se il “privato” si allea con il “pubblico” o, meglio, gli viene in soccorso, può uscirne la formula vincente. E se da una parte c’è un’imprenditrice di carattere, Diana Bracco, a capo della omonima industria farmaceutica e dall’altra Giorgio Napolitano, cioè uno dei migliori e più attenti Capi di Stato che la sorte ha voluto donare a un’Italia non sempre meritevole, allora il risultato è più che positivo.
È il caso, per esempio, del restauro della magnifica Galleria di Alessandro VII Chigi nel palazzo del Quirinale. Con un finanziamento di mezzo milione di euro, che di questi tempi forse le finanze dello Stato avrebbero avuto qualche difficoltà a giustificare, la Fondazione Bracco che Napolitano ha scelto come partner ha portato a compimento la prima parte del ritorno all’antico splendore della Galleria, che è davvero mozzafiato, al punto da essere stata presa a modello nientemeno che per la Reggia francese di Versailles, particolare che non tutti conoscono. Per la verità, la storia di questo gioiello del barocco romano è legata filo doppio con la Francia.
L’imperatore Napoleone che voleva fare del Quirinale la sede del suo potere – e non gli riuscì perché a Roma non arrivò mai – ordinò che la Galleria, lunga 70 metri e riccamente decorata nel 1667 da un gruppo di pittori guidati da Pietro da Cortona su commissione da Papa Alessandro VII Chigi, venisse divisa in tre sale più piccole. Nacquero così la Sala Gialla, la Sala di Augusto e la Sala degli Ambasciatori. Divisione che è rimasta è tale resterà, perché come hanno spiegato i due principali curatori cioè Rossella Vodret, soprintendente per il Polo museale della Città di Roma e Louis Godart, consigliere per la conservazione del Patrimonio artistico, ciò che è fatto è fatto e, ad abbattere le pareti, si correrebbero inutili rischi di stabilità per il Palazzo. In fondo è giusto così: l’intervento napoleonico fa comunque parte della Storia.
L’importante è stato riuscire a fare gli interventi che hanno riportato alla luce gli originali ed elegantissimi dipinti e decorazioni seicentesche. Inoltre sono state riaperte le ben 13 enormi finestre che danno sul grande cortile interno del Quirinale, inspiegabilmente chiuse da tempo immemorabile. E così, mentre prima il passaggio attraverso le tre sale era appunto solo questo – un passaggio veloce, in tre grandi ambienti non molto illuminati e quasi cupi – ora è diventato un affascinante percorso di luce e di piacere per gli occhi, che sarà visibile a tutti, perché come ha ricordato Pasquale Cascella, consigliere per la stampa e la comunicazione del Quirinale, la domenica il Palazzo che ospita la Presidenza della Repubblica ed è «la casa di tutti gli italiani» apre al pubblico e, due volte alla settimana, anche alle scuole.
E non è finita qui. Oraverranno avviati i lavori di restauro dei soffitti. È in programma lo “strappo” dei dipinti ottocenteschi. Perché si sospetta che, sotto gli intonaci di epoca successiva, ci siano quelli originali pensati da Pietro da Cortona. Diana Bracco, chiaramente compiaciuta, ha sottolineato che «le vicissitudini del Palazzo del Quirinale s’intrecciano con quelle del Paese, un Paese che oggi, anche grazie al successo delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia, ha dimostrato di riscoprire con entusiasmo il valore dell’identità nazionale».
Non sono parole di circostanza. C’è solo da augurarsi che gli italiani, che di vicissitudini ne stanno vivendo parecchie, capiscano finalmente che puntare sull’enorme patrimonio artistico, sulla sua valorizzazione e recupero, può davvero essere una delle strade per uscire dall’infido pantano in cui si trovano.