Tra le molte immagini che evocano l’universo verdiano, quella di sontuosi teatri con velluti rossi e lampadari scintillanti è la più diffusa. Ma a New York, nella Casa Italiana Zerilli-Marimò, l’opera di Verdi ha preso vita in un contesto più raccolto e autentico. Dal 13 al 17 gennaio 2025, dieci giovani cantanti, con il supporto degli International Friends of Festival Verdi, della Casa Italiana Zerilli-Marimò, della Fondazione Prof. Roberto Massini ETS, e sotto la guida di Eleonora Buratto e Jonathan Friend, hanno affrontato spartiti e manoscritti non come semplici documenti, ma come strumenti di espressione, in un’esperienza fatta di studio, confronto e crescita.
Francesco Izzo, direttore dell’Accademia Verdiana del Teatro Regio di Parma, ha un’idea precisa su come affrontare la musica verdiana. “Troppo spesso – spiega – l’opera verdiana viene studiata seguendo tradizioni consolidate ma fuorvianti, che trascurano la notazione musicale autentica e si basano su edizioni poco affidabili. Solo concentrandosi sulle prassi esecutive dell’Ottocento e approfondendo il significato letterale e musicale delle sue opere è possibile interpretarle con maggiore espressività e padronanza tecnica”.
Il concerto del 22 gennaio ha segnato la tappa finale di questo percorso: la sala si è trasformata in uno spazio di emozione condivisa. Per Izzo, arrivare a un’interpretazione profonda significa entrare nel cuore delle parole, del personaggio e del dramma. “Solo attraverso una lettura attenta del testo musicale e poetico – spiega – gli allievi riescono a dare vita a ciò che cantano, giocando con inflessioni ritmiche, contrasti dinamici e sfumature espressive, in sintonia con la propria unicità vocale”.
Esther Tonea ha aperto il sipario con una raffinata esecuzione di Tacea la notte placida… Di tale amor che dirsi da Il trovatore. Maria Cenname ha poi donato nuova vita a Gualtier Maldè… Caro nome da Rigoletto, mettendo in luce la delicatezza del brano. Edwin Davis ha affrontato A te l’estremo addio… Il lacerato spirito da Simon Boccanegra, mentre Alejandra Sandoval ha infuso un profondo pathos in Timor di me?… D’amor sull’ali rosee da Il trovatore.

Nella seconda parte, Seungchan Hong ha portato sul palco una presenza scenica imponente con Alzati… Eri tu che macchiavi quell’anima da Un ballo in maschera. Laura Zahn, invece, ha dato prova di notevole versatilità con Condotta ell’era in ceppi da Il trovatore. Errin Brooks ha offerto una lettura intensa di La vita è inferno all’infelice… O tu che in seno agli angeli da La forza del destino. Infine, Kathryn Henry ha chiuso la serata con un tocco di poesia e leggerezza con Come in quest’ora bruna da Simon Boccanegra.
Izzo non nasconde le sfide che il mondo dell’opera affronta oggi: calo di pubblico, risorse limitate, cambiamento dei gusti musicali. “I giovani, se guidati, possono amare l’opera, perché li mette in contatto con le proprie emozioni e affronta temi attuali di grande rilevanza. Il canto operistico, con la sua intensità emotiva e fisica, ha un forte impatto sulle nuove generazioni. Il riconoscimento dell’opera lirica da parte dell’UNESCO è un’opportunità da sfruttare su tutti i fronti”.
Amare la musica non significa necessariamente saperla suonare, ma saperla ascoltare, lasciandosi rapire. Le lezioni dell’Accademia non sono mai rigide, ma dialoghi aperti, spazi in cui gli studenti imparano a esplorare e a interpretare con uno sguardo nuovo. Non si tratta di essere sacerdoti della musica, ma viaggiatori capaci di abitarla.