Un’esilarante, acuta, commedia sull’omicidio piena di colpi di scena, intelligentemente romantica, scevra dai tanti cliché dei vari generi che attraversa e che lavora a più strati con il cervello dello spettatore sui concetti di identità e ruolo ma anche sull’ambiguo crinale delle pulsioni umane: è Hit Man, ventiduesimo lungometraggio diretto dal texano Richard Linklater in trentacinque anni di carriera.
Scritto a quattro mani da Linklater e l’attore Glen Powell (Tutti tranne te, Top Gun Maverick, Sulle ali dell’onore), qui anche co-produttori, il film è stato ispirato dall’incredibile storia vera, pubblicata nel 2001 da Skip Hollandsworth sulla rivista Texs Monthly, che parlava di un docente universitario, Gary Johnson, che però, sotto copertura, lavorava anche per la polizia locale fingendosi un sicario assoldabile per omicidi “privati”.

Reduce dal quasi autobiografico Apollo dieci e mezzo – purtroppo finito direttamente su Netflix senza passare dalle sale cinematografiche –, Linklater conferma di essere, assieme a Steven Soderbergh, la punta di diamante dell’attuale cinema indipendente americano.
Glen Powell (Tutti tranne te, Top Gun Maverick, Tutti vogliono qualcosa) è straordinario nei panni di Gary Johnson. All’inizio è un professore, un po’ trascurato e medio borghese, che ama la solitudine, i suoi gatti, ha l’hobby del bird-watching ed è deriso dai suoi studenti perché circola con una modesta Honda Civic invece di un tradizionale “macchinone”. Già nella prima scena fa una lezione ai suoi studenti su Nietzsche, interrogandosi su quanto sia necessario per l’essere umano uscire dalla propria comfort zone. Detto fatto. L’occasione si presenta quando il suo lavoro part-time alla polizia di New Orleans come consulente tecnico si trasforma casualmente in una vera e propria entrata in azione come presunto sicario, con un microfono nascosto addosso.

E qui un frenetico montaggio permette alla celebre cinefilia del regista di rendere omaggio alla miriade di immagini di sicari nella storia del cinema: dal bizzarro Mike Myers di Austin Power al capello lungo liscio di Ethan Hunt (Tom Cruise) di Mission Impossible, dal glaciale Goro Hanada (Joe Shishido) di La farfalla sul mirino all’esitante Frank (Henry Fonda) di C’era una volta il West. Una divertente, eclettica sequenza citazionista che permette fin da subito allo spettatore di afferrare i tanti strati di cui saranno poi composte le quasi due ore del film ma che vuole essere anche un omaggio agli anni Settanta e Ottanta, con Charles Bronson e Steve McQueen diventati mito per un’intera generazione.
Dopo il primo e positivo incontro con un “cliente” – naturalmente, subito dopo arrestato -, Gary ci prende gusto e, visto che la cosa funziona, diventa Ron e si crea un “attendibile” personaggio, in base al cliente che ha di fronte, inventandosi maschere “pirandelliane”, aneddoti macabri, profili psicologici arditi, travestimenti. Diventa bravissimo a fare imboscate ai criminali, ma quando un giorno a commissionargli l’omicidio è Madison, una donna affascinante, sensuale, fragile e un po’ “pazza” (la brava Adria Arjona di True Detective e Pacific Rim: La rivolta, qui “femme fatale” che omaggia Sharon Stone e Ava Gardner, grandi dive del thriller erotico), Gary/Ron decide di non farla arrestare. Anzi se ne innamora. E qui succede il quarantotto!
Mi fermo qui! Non voglio rovinarvi le tante risate e twist di questo spassoso Hit Man dal ritmo e dalle variazioni di uno spartito jazz (dopotutto Richard Linklater ha girato stavolta a New Orleans, culla di questo genere musicale, e non, come spesso fatto in precedenza, nel suo Texas).
L’elemento trasformista alla base di Hit Man ci ricorda il carattere camaleontico e difficilmente definibile della filmografia di Linklater che si è sempre agilmente mossa tra generi, estetiche ed idee di cinema contrastanti (tra cui le autentiche gemme di La vita è un sogno, School of Rock, la trilogia dei Before e l’irripetibile Boyhood).
Hit Man è ottimo cinema d’intrattenimento. Anche se nulla di quello che vediamo sullo schermo è veramente credibile, risulta gioioso guardare qualcosa di abbastanza realistico da sembrare che sia potuto accadere davvero, ma comunque ancora abbastanza illogico, pazzesco, da essere semplicemente e piacevolmente cinematografico.

Non penso di esagerare dicendo che non si vedeva da tanto tempo un film con una sceneggiatura così acuta, ironica, abile nel mescolare i vari generi per regalarci “la rinascita” della commedia romantica, anche se immersa in un noir “nerissimo”. Linklater vuole dirci che la commedia romantica può ancora dare tanto e parlare a un pubblico trasversale.
Il desiderio di essere chi vogliamo veramente essere è ciò che libera davvero l’essere umano dalle pastoie della società: ecco il messaggio di Richard Linklater.
Fanno parte del cast anche la stand-up comedian e attrice Retta, Austin Amelio, Molly Bernard, Mike Markoff, Beth Bartley, Roxy Rivera, Evan Holtzman e Richard Robichaux.
Hit Man è da venerdì 7 giugno nelle sale americane; il film, comprato da Netflix, prima o poi arriverà sulla piattaforma.