Una storia ambientata sul delta del Po che racconta l’Italia di oggi attraverso violenza, odio, paura del diverso e crimini contro l’ambiente. E poi ci sono i silenzi, i colori cupi, la nebbia, l’acqua, il fango e lo scontro tra bracconieri e pescatori.
Tutto questo in Delta, opera seconda di Michele Vannucci (Il più grande sogno), un western fluviale lungo le paludi di Comacchio, “rive della frontiera”, che racconta di italiani e immigrati costantemente in ansia nel cercare di sopravvivere alla vita. Ottime le scene sul Po: permettono di scoprire paesaggi ormai abbandonati delle sue sponde ma anche la vita nascosta che continua a resistere.

Due i personaggi principali del film, uomini persi nella nebbia, in lotta per non soccombere ai propri istinti. C’è Osso (Luigi Lo Cascio), ambientalista che controlla l’equilibrio tra terra e acqua, fa la guardia ecologica perché nell’area del Parco del delta del Po c’è il rischio, ma anche il timore, di essere sommersi da un momento all’altro ed è impegnato anche a dare la caccia ai bracconieri della famiglia Florian, pescatori danubiani trapiantati in Emilia per cercare sostentamento. Tra questi, c’è Elia (Alessandro Borghi), nato in quelle parti, che pesca illegalmente usando scariche elettriche. In quello scenario, tra il grigio e il verde, tra le nebbie del Delta, sopraffatti dalla violenza cieca e dal desiderio di vendetta, i due uomini si affrontano: una sfida che porterà alla luce la loro autentica natura e costringerà Elia a dover fare i conti con il proprio passato ma soprattutto con sé stesso.
Lo Stato non c’è, quindi non ci sono regole, ma anche non ci sono eroi e nemmeno buoni o cattivi, ma solo esseri umani disperati che tentano di ribellarsi ad un destino che, invece, sembra sovrastarli e, alla fine, schiacciarli sotto il peso di un determinismo genetico che non lascia scampo. Insomma, passiamo la vita a combattere contro noi stessi per cercare si essere migliori, ma siamo quello che siamo!

E’ impossibile schierarsi con Osso o Elia e lo spettatore è costretto ad ascoltare le ragioni di entrambi. C’è però un punto in comune tra tutte le parti in lotta e riguarda la paura che la natura esercita ancora sull’uomo (e questo è un bene dal momento che viviamo in un periodo storico in cui l’ambiente urla, cerca ascolto e bisogna ascoltarlo sperando di non essere già in ritardo!).
Delta, presentato al recente festival di Locarno e prodotto dalla Groenlandia di Matteo Garrone e da Rai Cinema, è un film che parla di quanto sia difficile per molte persone mettersi nei panni degli altri, ma anche un film sull’empatia e su quanto la vita, a volte, decida al posto nostro. Fanno parte del cast anche Emilia Scarpati Fanetti, Greta Esposito, Marius Bizau, Denis Fasolo e Sergio Romano. Casting di Manuela De Santis e Sara Casani.
Un film per certi versi “difficile”, senza algoritmi o musiche da botteghino ma comunque capace di avvincere e suscitare nello spettatore domande importanti come: qual è il limite di sopportazione prima di reagire alla violenza? Cosa lascia la violenza nell’anima di chi la compie? Quando il non agire ci rende complici?
Delta è un viaggio lungo il fiume Po, un film d’azione dalle forti implicazioni sociali: Elia e Osso, sono entrambi carnefice e vittima di un conflitto che li sovrasta; due identità in fuga, ciascuna in lotta con il proprio fantasma, che scoprono nel loro duello una irriducibile parte che li accomuna.
Il regista sembra dirci che il “viaggio” dei protagonisti del film (ognuno a modo suo, ognuno con le sue ragioni, necessità e disperazioni) non va giudicato ma anzi persino compreso come un doloroso confronto nel quale tutto cambia quando a prendere il sopravvento sono la solitudine, la disperazione, la rabbia, la violenza, la vendetta.
Vannucci rimane assolutamente coerente con la sua idea di cinema legato al reale e desideroso di raccontare storie che, altrimenti, non avrebbero la possibilità di essere esplorate dal grande pubblico. Lo fa con una cura ed una delicatezza che ormai rappresentano il suo marchio stilistico.
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