“Verso Dante” è lo spettacolo teatrale scritto e interpretato da Luigi Di Fiore per la regia e co-autore Tommaso Agnese. Di Fiore, attore straordinario tra i più talentuosi del nostro Paese, allievo di Gassman con tanto teatro e cinema nella sua lunga carriera, ha appena portato in anteprima nazionale a Firenze, alla Fondazione Franco Zeffirelli, per i 750 anni della morte di Dante, un monologo intenso, vibrante che mette al centro l’importanza della cultura, la cultura dimenticata che nel Terzo Millennio sembra azzerare la nostra storia. Sulla scena Luigi è un uomo che in un viaggio riporta sulla terra attraversando l’Inferno di Dante, gli eroi e le storie del passato, partendo dalle origini dell’antica Grecia seguitando con San Francesco, la Divina Commedia, l’Inferno, Ulisse, il Conte Ugolino, Paolo e Francesca, per capire l’importanza di un testo che ha dato vita alla nuova lingua italiana.
Ma chi è quest’uomo che sul palco si muove e racconta?
“E’ un uomo ormai disperato che cerca di raccontare una storia dimenticata nel tempo. Sdraiato, vestito di stracci, tra sacchi dell’immondizia e spazzatura, è chiuso nella sua solitudine, ha viaggiato di città in città per portare il suo messaggio, ma nessuno lo ha ascoltato. E’ stato abbandonato, dimenticato. Quest’uomo è vittima del nostro tempo, è la vittima dell’involuzione culturale che ci circonda. E’ la cultura ormai dimenticata. E’ un cantastorie di un’altra epoca. Non è un pazzo, con sé porta una storia che si sta perdendo nel tempo, la storia di una lingua, la storia di un continente. Questa storia, ormai perduta, soggiogata, depauperata del suo valore e della sua importanza, cerca di nuovo qualcuno che l’ascolti…”.
Lo smarrimento di quest’uomo qual è?
“Quest’uomo rappresenta la cultura italiana in questo caso particolare, abbandonata dentro una discarica e quest’uomo è sommerso dall’immondizia e vive dei suoi fantasmi, disegna, dipinge, narra di uomini che appartengono al passato come Paolo e Francesca, il Conte Ugolino, Ulisse. Sono fantasmi che lo vengono a tormentare che però li ha riportati a terra, siamo riusciti a fare l’operazione di riportare a terra questi personaggi perché la cultura non è qualcosa solo per i professionisti, è qualcosa che appartiene a livello profondo conscio e inconscio. E’ stato bello costruire e scrivere questo testo, riuscire a riportare tutta la aneddotica ma che riportasse questi uomini al centro che li facesse diventare umani. Raccontare i particolari del Conte Ugolino piuttosto che Paolo e Francesca, Cianciotto con il femminicidio ante litteram oramai entrato in letteratura, di cui oggi se ne parla molto, è andare a prendere le particolarità di fatti realmente accaduti in maniera molto umana. Uno spettacolo che è piaciuto molto alla critica, alla stampa”.
La nostra cultura dove è finita?
“Abbiamo un po’ perso di vista ciò che siamo, quelle che sono le nostre radici anche quelle più lontane. Ma se guardiamo a quelle più vicine basta guardare i dati della scolarizzazione: gli italiani oramai non sono neanche più in grado di leggere il bugiardino delle medicine, di comprendere un testo semplice. Il problema arriva dalla scuola che ha abbandonato completamente di trasferire la storia. E quando la storia viene relegata alle ultime funzioni ecco che un cittadino si smarrisce a livello planetario con i mass media molto egoistici che prevedono solo “Io…Io” non “Noi”. Il significato profondo di questo spettacolo è la ricerca di poterci dire con serenità da dove veniamo, ciò che siamo stati anche con tutte le brutture. Nello spettacolo si racconta come sia la nostra società, da dove noi veniamo. Veniamo da un fratricidio e siamo stati sempre bravissimi a separarci tra fazioni, guerre, i Bianchi i Neri, Guelfi e Gibellini. Se noi andassimo alle radici, come ho fatto partendo dalla guerra di Troia, la battaglia già vinta contro Antioco III e prima ancora quattro secoli prima contro Serse perché se fossero riusciti ad invadere l’antica Grecia, noi non saremmo mai esistiti. Forse saremmo stati qualcosa di migliore non voglio dire di peggiore ma sicuramente di diverso. Ciò che siamo lo dobbiamo a quella grande e incredibile guerra che ci fu e che ha portato a Erodoto, a Socrate, Ippocrate, alla nascita di Eschilo come radice greca fino a quella romana, e ancora al nostro Rinascimento. La cultura vive un questo momento delicato dove si parla molto poco di futuro perché sembra faccia paura. Parliamo di discariche, di oceani inquinati dalla plastica, parliamo di inondazioni: Giacarta verrà ricostruita sulle montagne perché nei prossimi 5 anni verrà sommersa dall’acqua….sembra fantascienza! Venezia è stata sommersa dall’acqua. Il futuro è questo e ci terrorizza”.
Siamo a una deriva morale?
“Sì. Oggi nella nostro quotidiano e soprattutto nei ragazzi che sono impazziti per i super eroi della Marvel, la situazione poi non è mai cambiata: gli Dei dell’Olimpo non erano altro che dei supereroi di tremila anni fa. L’uomo ha sempre avuto bisogno di potersi identificare di qualcosa che stesse al di sopra di lui come quotidianità morale. Però allo stesso tempo era importante trattare questi temi in maniera concreta per far sì che ci fosse completamente a digiuno di cultura potesse godere della bellezza che racchiudono questi personaggi. Bisognerebbe portarlo nelle scuole insegnando il teatro, perché con il teatro tu arrivi alla letteratura viva e non imparando le parafrasi di Dante se poi non dai la possibilità all’allievo di entrare in un Canto di Dante. Lo spettacolo che ho fatto e sembra riuscito e ho il cuore colmo di gioia. Dante di empatia, e in questo senso ne ha da vendere, stravendere! Attraverso l’empatia assume su di se una responsabilità etica che lo prepara anche alla vita. Dante di cosa parla? Della vita, dell’amore, della morte. Tutte quelle dimensioni umani e l’umano deve conoscerle e sarà un cittadino potrà assumere delle difese e risolvere meglio i drammi della vita”.
Il teatro non si studia nelle scuole italiane…
“Questo è un grande vuoto. Hai centrato il punto. Siamo un paese troppo distratto. I politici che dovrebbero avere una visione ampia, non ce l’hanno. Il teatro dovrebbe essere una materia importante fino a portarlo nei licei, se non facciamo questo non prepariamo un popolo a godere del teatro e un pubblico professionista fa alzare il livello”.
Ma il livello qualitativo di molti attori italiani è davvero basso…
“ In Italia si è smarrita la professionalità dell’attore. Eduardo diceva “Ci sono gli attori, gli artisti e poi le facce toste”, sembra proprio così siamo circondati dalle facce toste”.
Verso Dante andrà in altre città?
“Sì. Lo stanno richiedendo in tanti. Dovevamo farlo nel 2020, poi a un certo punto Pippo Zeffirelli legge il testo e mi chiama. Ci conosciamo da tanto tempo e mi dice “Hai scritto qualcosa di straordinario, perché non portarlo in scena?”. Ecco che con la Fondazione Zeffirelli lo abbiamo portato in scena il 7 dicembre. Lo abbiamo anticipato in prima nazionale. Ce lo chiedono da Milano, da Napoli, da Montecarlo. Ci stiamo organizzando”.
Speriamo di vederlo anche a New York
“Sarebbe fantastico. Perché no…”.
Che ricordi hai di New York?
“Ho conosciuto NY girando la Piovra 5 con Vittorio Mezzogiorno, venni a NY per più di un mese e ci entrai da cittadino e da semi turista, ci lavoravo. E’ sconvolgente, straordinaria, possiede un’energia meravigliosa. Ho dei ricordi bellissimi, come la festa di Little Italy, andavo spesso a Brooklyn ed entrai in contatto con la comunità italiana”.
Cosa ti è piaciuto?
“Mi ha impressionato molto e vedevo tutto più grande. Non ricordo in quale Avenue ci demmo appuntamento, c’era un numero civico e non riuscivo a trovarlo…era troppo grande e poi quando non sai l’angolo….ti perdi. Manhattan l’ho visitata tutta. Mi ha colpito vedere tutto il mondo concentrato in una sola città dove chiunque è cittadino”.
L’America e il Cinema. L’Italia ha fatto scuola nel mondo e poi?
“Penso che ci siamo persi una grande occasione perché il nostro grande cinema, i nostri grandi maestri hanno insegnato agli americani come si debba fare un certo tipo di cinema. Lo hanno imparato benissimo. Mentre il neorealismo italiano aveva attinto dall’estemporaneità dalle persone che potevi incontrare per strada, gli americani lo hanno tradotto usando i professionisti cosa che avremmo potuto imparare anche noi, slegandoci da questa grande stagione ma non abbiamo appreso la lezione, trasformarla e sostituirla”
Quali attori americani ti piacciono e con chi vorresti recitare?
“A parte tutta la vecchia guarda da Al Pacino a De Niro, ce n’è uno in particolare come Matthew David McConaughey che trovo abbia una potenza e una capacità interpretativa straordinaria: sarebbe un sogno recitare con lui così come tanti registi americani con cui vorrei lavorare. E’ il maschile di Meryl Streep: appena la vedo ho un afflato così potente che qualunque cosa lei faccia è unica!”.
E Trump?
“Ho paura. Ho paura perché lo vedo troppo impulsivo. L’America di Trump raccoglie molti consensi soprattutto in quell’area suburbana di campagna, probabilmente ci sono temi che non conosco. Ho paura perché è come se la sua agenda non fosse dettata da una strategia vera e propria mentre il Presidente ha una grande responsabilità: è l’Imperatore del mondo. Deve anche chiedersi il senso della sua responsabilità perché quanto Capo assoluto del pianeta tu devi porti delle domande. Questa responsabilità non se le assume è qualcosa che non sente come dovere. Gli Stati Uniti hanno già pagato il prezzo con il sangue dei soldati, la libertà di cui godiamo la dobbiamo assolutamente a loro e questo è bello ma non bisogna dimenticare che con questa chance che hanno avuto conquistando il pianeta ha portato alla loro economia super florida come la nazione più ricca del mondo”.
E la nostra politica?
“Leggo, mi informo. C’è uno scollamento tra di noi e la paura, alla fine il rischio dello scontro aumenta. Vorrei che si ritornasse come quando gli italiani si uniscono con la partita della Nazionale. Avere la sensazione del concetto di patria che sembra essere un concetto di destra, è un concetto di tutti, che ci accomuna per l’amore della nostra storia. Dovremmo stemperare l’odio. Ho paura di quest’odio”.
Società liquida. Siamo super connessi. L’umanità è a rischio?
“E un grande rischio e lo stiamo sperimentando. Vai al ristorante e vedi due che chattano o famiglie per i fatti propri, magari la domenica quando potrebbe essere un momento ecumenico. Stiamo percependo la negatività di questo oggetto meraviglioso. Bisogna imparare ad usarlo bene. La questione è delicata, diventa difficile quando hai ottenuto certe libertà restringere il campo, però sarebbe utile parlarne perché questi eccessi ci stanno portando in una solitudine, in un onanismo tecnologico che non può portare niente di buono, l’uomo ha anche bisogno di comunicare fisicamente visivamente”.
Quale personaggio vorresti interpretare?
“Macbeth, perché ho una età anche se mi sono perso la Amleto, di Shakespeare adoro il suo linguaggio e Macbeth possiede una dimensione umana potente forte. Anche lì c’è un sub movimento di sentimenti molto potenti come la conquista, il potere, il decadimento: cadere dal potere ha una dimensione umana straziante. Arrivi in alto poi crolli e ti fai male come accade in amore: tu ti innamori, arrivi al massimo e poi se succede qualcosa che rompe questo sogno, la caduta fa male”.
Una lunga carriera. Hai studiato alla Bottega di Vittorio Gassman. Com’era?
“Un uomo straordinario eccezionale e sfugge alle volte la sua incredibile generosità, appariva egocentrico, burbero mentre era di una timidezza straordinaria e di una generosità che mai ho incontrato nella mia carriera. Vittorio Gassman è stato l’artista più generoso che io abbia mai conosciuto. E’ stato il primo a raccogliermi, avevo 18 anni e fui ammesso su centinaia di attori, entrammo solo in dieci, alla sua Bottega con Giulio Base e Alessandro Gassman. Gassman ci aveva garantito una borsa di studio di 800mila lire al mese. Mise gratuitamente a disposizione della Bottega la sua professionalità e forza di artista a patto che la regione garantisse per i suoi allievi una borsa di studio. Un gesto importante, unico. Poi ricordo quando mi disse bravo solo dopo aver fatto un’interpretazione, me lo disse in privato. Indimenticabile”.
Passiamo a concetti più intimi: l’amore
“L’amore personale lo vivo bene, da qualche anno ho accanto una compagna straordinaria. L’amore è quello che dice anche il poeta “Che muove il sole e le altre stelle….”. L’amore è ciò di cui realmente abbiamo più bisogno. Cos’è l’amore? Quello che abbiamo per noi stessi? Per la natura? Per gli altri? Cos’è questa forza che ci spinge come un’energia capace di farci intraprendere imprese impensabili? L’amore fa superare le difficoltà insormontabili, la forza dell’amore è incredibile, pensiamo all’amore di una madre per il proprio figlio o all’amore passionale, scatena sentimenti potentissimi. L’amore è tutto, siamo creature nate per godere dell’amore per immaginarci nell’amore. Ci distraiamo con altro dovremmo pensare di più all’amore, con una parola d’amore”.
La libertà
“Mi prendo qualche secondo”.
Mi sento Marzullo…(rido)
“E’ una domanda importante. La vera dimensione della libertà sta nell’equilibrio con gli altri, quello che è fuori da noi. L’egotistico immagina la libertà come l’assunzione totale della disponibilità umana per se stesso. La tua libertà inizia esattamente dove finisce la mia e la tua dove finisce la mia ma non vorrei ridurla a questo pensiero. La libertà è l’equilibrio con la realtà che ti circonda”.
Prima di salutarci una battuta dal tuo “Verso Dante”…
“Ma dai, che scherzo è?… Lo dicevo io… lo dicevo che… non gliene frega niente a nessuno, la grandezza, l’imponenza, il magico, il divino! Solo la finzione, la bugia, la stupida propaganda, solo la vuota concezione del mondo. Solo questo ora è importante. Vogliamo tutti la cosa più facile senza fare alcuno sforzo e ci dimentichiamo di ciò che veramente conta per vivere una vita. Etica! ETICA VIVAIDDIO!”.
“Verso Dante” è un’immersione del mondo che viviamo. E mi piace pensare che Dante nelle sue cantiche attraversando lo scibile umano, ci abbia lasciato una speranza: “… uscimmo a rimirar le stelle”. Una speranza.