
“I ragazzi parlano, gli adulti ascoltano”: eccolo qui, in una sola frase, il senso di Giffoni, scusate, del “Giffoni Film Festival 2019”. Giffoni Valle Piana è il comune della provincia di Salerno, in Campania, di una manciata di abitanti che da quasi 50 anni lo ospita. Ah, la frase di attacco è di Gubitosi, Claudio Gubitosi, fondatore e direttore del sogno Giffoni.
A parlare del festival in breve (lo spazio di questo pezzo è dedicato ad un altro aspetto di Giffoni) sono i numeri: 6.200 gli sprigionatori di energia di tutte le età e nazionalità (in barba a chi sulla nazionalità ci marcia), una miriade gli eventi, migliaia i film in e fuori concorso, centinaia gli eventi collaterali del Giffoni Street Fest che invade le strade della Cittadella principale, centinaia gli ospiti e poi conferenze stampa, incontri, masterclass e tanto, ma tanto, altro che a viverlo tutti occorre poi una settimana per riprendersi dalla valanga di sollecitazione sotto il cocente sole di fine luglio.
Oggi (27 Luglio) finisce Giffoni. Io ci sono arrivata appena ieri e l’ho vissuto live, quel tanto che basta per poterne però cogliere in poche ore il senso profondo che sta tutto nella frase di attacco: a Giffone la voce è quella dei ragazzi. Ma non è tutto e solo lì: “il claim di Giffoni è stato creato dai ragazzi”, mi ha detto Gubitosi nella prima intervista camminata della mia carriera perché si sa, l’ultimo giorno, come gli otto precedenti, è strapieno e un’intervista non programmata è un lusso che va accettato a tutte le condizioni: “e noi lo abbiamo coniato: “Ciò che nasce a Giffoni, migliora il Mondo”. E noi lo facciamo con piccoli gesti, facendo anche però proposte alle istituzioni ad esempio, perché qui tutti ascoltano e dicono la loro”.

Ok, fermiamoci un attimo e mettiamo da parte il preconcetto di lettore e scrittore sulla retorica delle parole. Anche se per poche ore io ho vissuto Giffoni e ne ho seguito il senso da “adulta” (senza esagerare è chiaro perché sono ancora under 40 e quindi, no, non sono vecchia, anche se a tirar tardi la sera ci andate voi io dormo a meno che non sto al Convento di Giffoni dove dopo gli spettacoli si mangia e si beve aggratis – qui i giornalisti e gli addetti ai lavori li trattano bene evvivaddio- e dopo si balla pure tutti assieme perché va bene lavorare ma va meglio anche distrarsi un attimo e staccare la spina, come “impongono” dalla direzione di Giffoni, tanto per farvi capire il livello bello che c’è). Dicevo, ho ascoltato da adulta qui a Giffoni e sapete cosa ho sentito? Ve lo dico: ho sentito il contrario della banalità. Ora, uno pensa che i ragazzi, ragazzini tanti, possano avere delle idee certo, dei pareri e magari esprimerli pure decentemente ma che in fondo siano un po’ l’esercito del selfie, no? Ecco venite a Giffoni e cambiate idea all’istante! La cambiate quando li ascoltate fare domande all’ospite di turno, tipo la Elena Sofia Ricci e su 15 domande ce ne fosse stata una non dico banale ma almeno normale: macchè! Tutte domande I-N-T-E-L-L-I-G-E-N-T-I-.
Sono seria, davvero: ho visto queste mani, a volte manine, alzarsi per prendere la parola e usarla per fare domande intuitive, pensate, ragionate e belle che quei colleghi che all’intervistato di turno: “Oggi è una giornata importante” e tac, microfono rivolto all’interlocutore che poverino secondo me gli verrebbe da dire: “Mah, la lotteria non l’ho vinta ma sono vivo perciò sì, penso, credo, ma importante per chi?” ma si limita al “Sì, dunque…”, scansatevi e imparate venendo a Giffoni. E fosse solo questo: sai, magari, uno la domanda se la prepara o gliela preparano e vabbè. Ma no: se camminate per le strade di Giffoni, ascoltate davvero la voce dei ragazzi e li sentite parlare tra loro di film, serie, autori, generi, li ascolti sviscerare i film davanti ad una Cocacola zero, in magliettina e pantaloncini. E non ve li immaginate piccoli nerd, sia chiaro: immaginateli piuttosto come bellissimi ragazzi e ragazze provenienti da tutto il Mondo e che non sono parcheggiati a Giffoni a mò di campus estivo, anzi! Sono ragazzi che VIVONO Giffoni e ne colgono ogni sfumatura, sono quelli che sanno esattamente di cosa parlano, che sanno giudicare e criticare una regia, sanno enumerare e distinguere i film di uno stesso genere a seconda delle luci o della fotografia, roba che tu te ne allontani in fretta seppur ammaliato perché non sia mai a uno di loro venga in mente di chiedere un parere a te, che il massimo che sapresti rispondere sarebbe: “Ehm ma dici luce, nel senso di quanto pago di bolletta?”. Perciò son o questi. Sono fortunati e lo sanno, te ne accorgi e lo apprezzano. E qui ci vorresti portare tutti i ragazzi che conosci per farli imparare e farli davvero sognare consapevoli che i sogni si possono realizzare. Ecco, questo è il senso del festival del cinema dei (e non dedicato a, ma DEI) ragazzi, un luogo dove c’è speranza. E se c’è davvero speranza, beh, questa sta a Giffoni, sta nei suoi giovani, che sono “la meglio gioventù” come mi ha raccontato nell’intervista camminata di cui sopra Claudio Gubitosi:
La Voce di New York è un giornale americano: come spiegherebbe oltreoceano il senso di Giffoni?
“Oh, ma anche Giffoni è internazionale: è stato adottato da tante generazioni e da tantissimi americani. Proprio il Giffoni è stato studiato per due anni dalla “G. Washington University” come case history per dare l’opportunità di lettura di ciò che abbiamo fatto: Giffoni è una bellissima storia italiana ma al tempo stesso internazionale. Il senso è appunto, quell’ascoltare i ragazzi, unico compito degli adulti che vengono a Giffoni. E i ragazzi qui hanno il senso della famiglia: incontrano culture diverse, lingue diverse, con iracheni, palestinesi che sono in pace tra loro, lontani dalla guerra, ad esempio. La gioventù di Giffoni è la meglio gioventù, perché non solo qui li sappiamo ascoltare ma da qui nascono proposte: Giffoni non si ferma al festival, Giffoni continua tutto l’anno, sta in 32 nazioni, in 14 regioni d’Italia, siamo al primo posto per interazione. E’ una comunità in continua partecipazione attiva, qui a Giffoni essere periferia è bellissimo. Qui abbiamo creato anche la multimedia Valley, dove lavoreranno nel 2021 ben 300 giovani, Giffoni è anche lavoro”.
A proposito di multimedia… Che cinema racconta oggi Giffoni? Nell’epoca di web e streaming, qual è il cinema di Giffoni?
“Giffoni racconta storie: qui a Giffoni raccontiamo film che sanno comunicare messaggi. Nonostante siano cambiati i luoghi dove vediamo il cinema, la sala resta la sala e Giffoni fa capire un concetto: ‘Fai ciò che vuoi durante ma poi vieni a Giffoni a vedere quanto è bello stare assieme a migliaia di persone che vedono con te il film, si emozionano con te e ne discutono con te, qui e adesso, senza social e magari ci litigate pure nel senso di democrazia'”.
Cosa ci aspettiamo l’anno prossimo, quando saranno 50 anni di Giffoni?
“Non lo so nemmeno io: mi lascio trasportare dalle intuizioni. Credo che sarà un’edizione da ricordare con moderazione, come dico io. Certo parliamo di mezzo secolo di storia e questo non può non provocarmi dentro tanti ricordi ed emozioni: avevo 17 anni, questo è il mio paese, ne sono orgoglioso, Giffoni è una delle più belle storie made in Campania conosciuta ed amata in tutto il Mondo. Vorrei far tornare almeno 50 dei primi giurati, che adesso sono nonni, genitori, hanno figli. Ecco, ancora una volta storie da raccontare. Perché quando noi diciamo che i ragazzi di Giffoni sono “giffoners” e ne sono milioni che vengono tutte le parti del Mondo, ecco, loro non dimenticheranno mai queste emozioni. Vogliamo far tornare un po’ di talenti, tra cui la stupenda Meryl Streep. E’ ancora tutto in divenire. Quel che è certo è che il Giffoni Film Festival 2020 sarà ancora una volta una festa italiana vissuta in tutto il Mondo”.