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September 28, 2016
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New York Film Festival: il mondo del cinema in città

Dal 30 settembre al 16 ottobre, cinema d'autore, sperimentazioni, documentari e virtual reality

Chiara BarbobyChiara Barbo
new york film festival
Time: 4 mins read

A New York è sempre passato tanto cinema: per le sue strade, come testimoniano le centinaia di film girati ogni anno, e nelle sue numerose sale cinematografiche. Ma New York è anche una città di festival, tanti festival tematici, grandi e piccoli, tantissime rassegne, e due festival importanti: il Tribeca Film Festival di Robert De Niro e il New York Film Festival, festival non competitivo, impegnato e intellettuale sin dalla sua nascita, nel 1963.

Abbandonato l’eurocentrismo autoriale dei primi 25 anni sotto la direzione di Amos Vogel e Richard Roud (che lo avevano fondato), era passato nel 1988 allo sguardo più ampio di Richard Peña, che ha dato spazio a nuovi orizzonti e nuovi autori, arricchendo anche il formato stesso del festival, fino all’attuale direzione di Robert Koehler, in cui rimane fortemente l’accento sul cinema d’autore accostato però a nuove forme, nuovi linguaggi e nuove tecnologie, come richiedono i tempi. Se il Tribeca è stato il primo a dare spazio alla Virtual Reality e all’interattività con il pubblico, ecco che quest’anno il New York Film Festival lo supera in corsa con Convergence, un ampio spazio, aperto gratuitamente al pubblico, dedicato a realtà virtuale e realtà aumentata, a numerosi esempi di storytelling immersivo provenienti da diverse parti del mondo, tra documentario, fiction e animazione, a dimostrare che la strada (forse) è questa, tutto sta (per il pubblico) a orientarsi e (per le produzioni) a cominciare a fare sul serio.

Detto questo, come per le passate edizioni rimangono le sezioni principali del festival: il Main Slate, che si apre il 30 settembre 2016 con il documentario 13th di Ava DuVernay e si chiude il 16 ottobre 2016 con The Lost City of Z di James Gray; Projections, che propone lavori vari tra innovazione e sperimentazione; Spotlight on Documentary con la sua selezione di documentari sempre di alto livello e di grande varietà tematica e stilistica. E poi i programmi di cortometraggi, la retrospettiva dedicata a Bertrand Tavernier con accanto quella dedicata a Henry Hathaway, regista molto amato da Tavernier, e ancora i Revivals (tra i restauri presentati quest’anno, La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo), gli eventi speciali e i frequentatissimi Talks: quest’anno tocca a Jim Jarmusch, mentre gli HBO Directors Dialogues propongono Paul Varhoeven, Mike Mills, Kenneth Lonergan e Maren Ade. Una novità è rappresentata in questa edizione da Explorations, sezione che propone forme di cinema in vario modo artistico accomunate dal fatto di essere avventurose ed esplorative nel vero senso della parola.

Tra i titoli proposti nelle sezioni principali, diversi film già visti nel corso dell’anno ad altri festival internazionali, molte anteprime per gli Stati Unti, alcune attesissime anteprime mondiali tra cui la bella commedia di Mike Mills 20th Century Women, oltre al documentario e al film che aprono e chiudono questa 54a edizione del New York Film Festival. Tra i film più interessanti proposti nel Main Slate, la sezione principale che è anche quella che solitamente attira maggiormente il pubblico newyorchese alla ricerca di film di qualità e nomi eccellenti, troviamo l’italiano Fuocoammare di Gianfranco Rosi (vincitore della scorsa edizione del Festival di Berlino e film scelto a rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar 2017), Graduation del sempre bravo Christian Mungiu, Paterson di Jim Jarmusch, Neruda di Pablo Larrain e intrepretato da Gael Garcia Bernal  I, Daniel Blake di Ken Loach (vincitore del Festival di Cannes 2016), Manchester by the Sea del newyorchese Kenneth Lonergan, l’intenso e poetico Mooonlight (che aprirà la Festival del Cinema di Roma), la bella animazione di My Entire High School Sinking into the Sea. E poi tanti racconti e ritratti di donne (per quanto pochine rimangano le registe donne in generale selezionate ai festival): il brasiliano Aquarius con Sonia Braga, Elle di Paul Varhoeven (film candidato dalla Francia agli Oscar 2017), il bel trittico Certain Women, Julieta di Pedro Almodovar, l’argentino/americano Hermia and Helena, Things to Come con Isabel Huppert, The Unknown Girl dei fratelli Dardenne.

Tra i documentari la scelta è vasta e varia, si va dal curioso Abacus: Small Enough to Jail al potente I Am Not Your Negro passando per The B-Side, ritratto della  fotografa Elsa Dorfman, The Cinema Travellers, l’affascinante viaggio di due proiezionisti di cinema itinerante in India, Hissain Habré, A Chadian Tragedy, forte atto d’accusa contro il leader del Ciad per le atrocità commesse contro la sua popolazione, Uncle Howard, ritratto del regista Howard Brookner nella New York degli anni ’70 e ’80.

New York è una città abituata a guardare tanto cinema, e in qualche modo anche a guardare il mondo attraverso il cinema. Il New York Film Festival, in questo senso, è una delle sue occasioni migliori.

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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