Era favorita l’estetica mirabolante di The Revenant, e invece alla notte degli Oscar 2016 ha trionfato l’impegno civile di Spotlight. Il premio è stato strameritato, in quanto il film Tom McCarthy fonde in maniera più omogenea di tutti le componenti principali del fare cinema: storia, interpretazioni, messa in scena. Un premio che va a un’opera potente ma visivamente non stilizzata quanto The Revenant, film che comunque non possedeva a nostro avviso l’efficacia narrativa di altri candidati sconfitti come ad esempio Bridge of Spies, The Big Short o anche Mad Max: Fury Road. Volendo premiare la forza delle immagini, la grandezza del cinema nella sua capacità di ammaliare attraverso la visione, a questo punto forse proprio il gioiello cinematografico di George Miller sarebbe stata un’opzione senz’altro contemplabile. Stesso discorso vale per Inarritu, vincitore per la miglior regia: è un gran cineasta, è indiscutibile, ma al tempo stesso inizia a specchiarsi nelle sue enormi capacità. La lucidità e la stringatezza con cui Tom McCarthy ha impostato la messa in scena di Spotlight, la verità del suo racconto per immagini, avrebbero meritato a nostro avviso il riconoscimento. Una curiosità: è il terzo anno di fila che un regista messicano vince l’Oscar per la regia, poiché due anni fa aveva trionfato Alfonso Cuarón con Gravity.
Finalmente Leonardo DiCaprio (miglior attore per The Revenant) ce l’ha fatta ad accaparrarsi una statuetta che, volendo essere critici nei confronti della sua vittoria, appare data più alla carriera che alla singola performance. Che l’attore meritasse già da tempo di stringere l’Oscar tra le sue mani è un dato di fatto, così come lo è che quella offerta in The Revenant non è la sua miglior prova d’attore, mancante in fondo di quella sottigliezza che DiCaprio ha straordinariamente dimostrato in altre occasioni: Revolutionary Road, The Departed o The Aviator, tanto per citare quelle che riteniamo le sue migliori.
Se n’è tornato a casa a mani vuote, invece, Sylvester Stallone, interprete di un ormai maturo Rocky Balboa in Creed. Con l’Oscar a Sylvester Stallone si sarebbe chiuso un cerchio emblematico di quasi quarant’anni. La sua prima nomination l’aveva ottenuta nel 1977 per Rocky, di cui Creed è un sequel in cui il suo “stallone italiano” Balboa ha finalmente appeso i guantoni al chiodo. Una parabola cinematografica commovente, che avrebbe tributato all’attore un riconoscimento dovuto, a prescindere se la sua prova da non protagonista fosse o meno la migliore delle cinque in competizione: non lo era, ma ciò non vuol dire che non sia stata comunque molto efficace, sia chiaro. Ha vinto Mark Rylance per Bridge of Spies di Steven Spielberg, la sorpresa è stata grossa. E onestamente vagamente amara…
Come previsto Brie Larson ha trionfato alla sua prima candidatura per la sua ottima prova in Room. Si tratta fondamentalmente del nuovo che avanza, e siamo contenti che a rappresentarlo sia proprio quest’attrice appena ventiseienne, capace di lavorare sul dramma attraverso timbri recitativi mai accentuati. Un talento puro che aveva già dimostrato pochi anni fa con Short Term 12, film che consigliamo vivamente di recuperare. Bravissima Alicia Vikander in The Danish Girl, premiata come miglior attrice non protagonista. A dire il vero, probabilmente l’unica cosa davvero valida del film. Ha battuto Kate Winslet, e questa anche è stata una sorpresa più che discreta. Meritava di vincere? Difficile dirlo, ma la sua prova d’attrice, considerata anche la giovane età, è rimarchevole.
Le sceneggiature che hanno trionfato – quella originale di Spotlight e l’adattamento di The Big Short – testimoniano la forza di due lungometraggi che poggiano il loro valore primario sulla robustezza della storia e sulla volontà di indagare il nostro presente nelle sue contraddizioni, anche se lo fanno con un approccio totalmente differente. Due premi meritati, che hanno battuto nelle due categorie altri script preziosi come quelli di Bridge of Spies e Inside Out.
Gli Oscar come miglior film d’animazione e miglior film straniero sono andati rispettivamente a Inside Out e Son of Saul, e francamente non poteva essere altrimenti, data la grandezza di questi due lungometraggi. Per quanto riguarda i premi tecnici il grande direttore della fotografia Emmanuel Lubezki ha vinto per il terzo anno consecutivo a scapito del migliore di tutti, Roger Deakins, che ha perso per la dodicesima volta: gridare allo scandalo non sarebbe inopportuno… Sei vittorie in categorie tecniche per Mad Max: Fury Road, per molti versi il film più fresco e sorprendente dell’anno, una vera ventata d’aria fresca per il cinema sci-fi. Piccola grande sorpresa gli effetti speciali a Ex-Machina, piccolo grande film di Alex Garland.
E poi, last but not least, il premio per la miglior colonna sonora finalmente vinto da Ennio Morricone, alla sua sesta nomination, per il film di Quentin Tarantino, The Hateful Eight. Ed è significativo che l’attesa statuetta sia arrivata proprio con un western, il genere da cui ha iniziato e che lo ha lanciato. Non crediamo ci sia bisogno di commentare questo premio…
Tutti i vincitori dell’Oscar 2016
Best Picture: Spotlight
Direction: The Revenant, Alejero G. Iñárritu
Actor: Leonardo DiCaprio per The Revenant
Actress: Brie Larson per Room
Supporting Actor: Mark Rylance per Bridge of Spies
Supporting Actress: Alicia Vikeer per The Danish Girl
Adapted Screenplay: The Big Short, Charles Reolph e Adam McKay
Original Screenplay: Spotlight, Josh Singer e Tom McCarthy
Cinematography: The Revenant, Emmanuel Lubezki
Production Design: Mad Max: Fury Road, Colin Gibson e Lisa Thompson (set decoration)
Film Editing: Mad Max: Fury Road, Margaret Sixel
Visual Effects: Ex Machina, Andrew Whitehurst, Paul Norris, Mark Ardington e Sara Bennett
Costume Design: Mad Max: Fury Road, Jenny Beavan
Makeup: Mad Max: Fury Road, Lesley Veerwalt, Elka Wardega e Damian Martine
Sound Editing: Mad Max: Fury Road, Mark Mangini e David White
Sound Mixing: Mad Max: Fury Road, Chris Jenkins, Gregg Rudloff e Ben Osmo
Score: The Hateful Eight, Ennio Morricone
Song: Writing’s on the Wall, per Spectre, Jimmy Napes e Sam Smith
Foreign Language Film: Son of Saul (Hungary)
Animated Feature: Inside Out
Documentary Feature: Amy
Animated Short: Bear Story
Documentary Short: A Girl in the River: The Price of Forgiveness
Live Action Short: Stutterer