Il regista australiano di origini greche George Miller, trenta anni dopo torna a giocare con il mondo di Mad Max con un film, Mad Max – Fury Road, che non vuole essere né un sequel né un reboot ma reinventare la bellezza e il caos del mondo post apocalittico che aveva creato alla fine degli anni '70 quando, appena uscito dalla scuola di medicina, il regista aveva deciso di esplorare il linguaggio visivo del cinema d’azione, a quel tempo ai suoi inizi. Così, ispirato dalla sua esperienza di pronto soccorso, aveva deciso di creare il mitico Guerriero della strada: un uomo solitario in fuga da un mondo desolato e post apocalittico dove gli abitanti sono terrorizzati da psicopatici motorizzati
Il risultato è stato, Mad Max, in Italia Interceptor, comparso sugli schermi nel 1979. Ad interpretare Max Rockatansky, l’ex poliziotto diventato vendicatore dopo aver perso la famiglia durante una guerra senza esclusione di colpi con una banda di motociclisti, l’allora sconosciuto Mel Gibson. Seguiranno Interceptor – Il guerriero della strada e Mad Max – Oltre la sfera del suono, quest'ultimo con Tina Turner nel ruolo della cattiva.
Paesaggi desolati e in rovina, grande azione, pochi dialoghi e personaggi iconici di una civiltà che è ormai solo un ricordo, hanno fatto nascere un genere post apocalittico on the road che adesso vediamo in tanti film e videogame.
Oggi nel quarto episodio della serie, presentato fuori concorso alla 68ª edizione del Festival di Cannes, il regista si preoccupa poco della trama, che sembra solo un pretesto per concentrarsi sulla rappresentazione visiva di un mondo distopico. Sono passati 45 anni dalla fine del mondo, non esiste più legge, non c’è energia elettrica, le falde acquifere si sono prosciugate e la gente muore in massa a causa dell’aria contaminata. A controllare risorse essenziali come acqua e ossigeno, e di conseguenza ciò che resta del genere umano, il dittatore Immortan Joe, interpretato da Hugh Keays-Byrne che dietro la maschera dentata e dotata di rozzi respiratori, nasconde il leader Toecutter del primo capitolo.
Penso ai film d’azione come ad una musica virtuale, e Fury Road è qualcosa tra un concerto rock estremo e un’opera”, ha commentato Miller in conferenza stampa a Cannes.”Quando raschi via la complessità del mondo moderno, ne trovi uno che ricorda il Medioevo dove la gente cerca di sopravvivere, e le gerarchie sono chiare. Pochi potenti al di sopra di tutti e della morale”. Ed è in questo mondo che arriva il nuovo Mad Max, il carismatico, Tom Hardy, un uomo perseguitato da “coloro che non poteva proteggere e ridotto a un unico istinto: sopravvivere”.
Come nei precedenti film, anche in Fury Road, Miller ha limitato il ricorso alla grafica digitale. “La fortuna di Mad Max si basa sul fatto che gli attori sono veramente al volante dei loro veicoli, ci sono acrobazie reali eseguite da persone reali, anche se questa volta abbiamo spinto l’azione dal vivo ai massimi livelli”. Girato per otto settimane nel deserto della Namibia, il film è adrenalina pura in due ore di inseguimenti folli e all’ultimo respiro, in sella a automobili-porcospino, motociclette, catapulte e camion ipertruccati.
Mentre Tom Hardy cerca di sfuggire ai suoi demoni, si imbatterà con la vera protagonista del film, Charlize Theron, nei panni di unamazzone furiosa in un mondo che rende schiave le donne. “La storia parla di due personaggi che non finiscono per innamorarsi, come spesso accade nei film, e non diventano neppure amici. Non c’è posto per questo tipo di rapporto nel loro universo, in cui i personaggi inseguono l'immortalità, una nuova vita in un posto migliore”, dichiara l’attrice in conferenza stampa a Cannes. E sarà proprio Theron, testa rasata a zero, sporca d’olio e con un braccio meccanico, a far scoppiare la Guerra di Strada nel tentativo di sottrarre le cinque mogli, ragazze belle e pure, dalle grinfie di Immortan Joe.
Sembra insomma che con Mad Max Fury Road, Miller voglia inaugurare un nuovo genere di film d’azione dove è la donna, non l’uomo, la vera chiave di volta. “Perché la forza delle donne di reagire ai momenti più oscuri, potrebbe essere l’unica speranza per salvare questo nostro mondo dalla sua distruzione”, conclude Miller.
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