Riuscite a immaginare se, nel nostro Paese, la Commissione parlamentare antimafia dovesse eleggere come presidente un boss di Cosa nostra, magari ‘nominato’ in Parlamento con il Porcellum o con l’Italicum? Una cosa del genere susciterebbe scalpore. Arriverebbero di corsa gli inviati dei giornali di mezzo mondo per chiedere al Parlamento italiano conto e ragione di un paradosso criminale che andrebbe ben al di là della fantasia di Pirandello. Le polemiche si sprecherebbero. Ebbene, un fatto analogo, anche se su argomenti diversi (o quasi) e senza mafia (o almeno così si spera) va in scena in Sicilia da una quindicina di anni a questa parte. E’ la storia infinita dei commissariamenti ‘pattiati’ (cioè patteggiati) tra Roma e Palermo, ovvero tra il governo nazionale e il governo regionale.
L’ultima ‘pattiata’ (cioè l’ultimo patteggiamento) è di questi giorni. Il governo nazionale ha deciso di commissariare la Regione siciliana in materia di depurazione delle acque. Motivo: i depuratori siciliani, in molti casi, non funzionano. Risultato: il mare inquinato (come vi abbiamo raccontato in questo articolo nel caso del tratto di costa che va da Agrigento a Siculiana, in provincia di Agrigento). Chi è il soggetto responsabile del mancato funzionamento dei depuratori? La Regione siciliana. E chi è stato nominato “commissario per gli impianti di depurazione delle acque” dal Governo di Matteo Renzi? Il soggetto che non ha fatto funzionare i depuratori, cioè la stessa Regione siciliana!
Volendo scendere nel dettaglio, la Regione siciliana ha istituito un assessorato all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità che si occupa, per l’appunto, di energia, di rifiuti e di acqua, compresi gli impianti per la depurazione delle acque. Di fatto, questo assessorato, che è responsabile dei depuratori – e quindi del mancato funzionamento degli stessi impianti per la depurazione delle acque, magari insieme con altre pubbliche amministrazioni – è stato individuato e nominato dal governo nazionale di Matteo Renzi “commissario”. Insomma, chi non ha risolto il problema con le via amministrative ordinarie lo risolverà (o quasi…) in via straordinaria. Domanda delle domande: cosa si nasconde dietro questo gioco delle parti?
A svelare i retroscena di tale gioco, con annessi e connessi, sono stati i giudici del Tribunale amministrativo della Sicilia (Tar), sezione staccata di Catania (presidente Vincenzo Zingales, giudice Rosalia Messina e giudice relatore estensore Salvatore Gatto Costantino), in un’ordinanza nella quale si legge un passo illuminante. Scrivono i giudici del Tar Sicilia a proposito dei commissariamenti in salsa romano-siciliana: “Il problema acquista uno spessore considerevole se solo si riflette sul fatto che, ‘ordinariamente’, tali provvedimenti extra ordinem delegano quali commissari per l’emergenza il Presidente della Regione o altri organi locali già titolari di poteri propri in quella materia; in tal senso, spesso non fanno altro che ‘istituire’ poteri e programmi di emergenza affidandoli quindi (per nomina o delega), a quegli stessi organismi regionali o comunque locali che, con i poteri ordinari loro conferiti dall’Ordinamento, non hanno saputo fare fronte alle cause che hanno determinato l’emergenza (come il caso dell’emergenza rifiuti o dell’emergenza idrica, o dell’emergenza traffico). Pertanto – proseguono i giudici amministrativi del Tar Sicilia – l’effetto di tale prassi è essenzialmente quello di rendere i provvedimenti degli organi regionali ‘rafforzati’ sotto il profilo della capacità di derogare a norme dell’Ordinamento”…”.
Insomma, per dirla in breve, con il ricorso al commissariamento si va in deroga alle “norme dell’Ordinamento”. Se c’è il commissariamento c’è un’emergenza: e liquami, scarafaggi e topi morti che finiscono in mare – come nel caso del tratto di mare che va da San Leone (il tratto di costa di Agrigento) a Siculiana ma non solo lì – sono un’emergenza; e se c’è l’emergenza c’è l’urgenza; e se c’è l’urgenza ci sono le opere da realizzare con le procedure della “somma urgenza”: della serie, sbrighiamoci che non c'è tempo da perdere! Tradotto: se c’è da realizzare un lavoro di 2 milioni di euro, invece di ricorrere all’evidenza pubblica, con un bando aperto a tutte le imprese del settore, per fare 'presto' si ricorre ad un affidamento diretto scelto magari dal commissario…
“A tale già rilevante ‘alterazione’ dell’Ordinamento medesimo – sottolineano ancora i giudici del Tar Sicilia – si aggiunge quindi una ulteriore ‘tutela’ giurisdizionale, sottraendo la cognizione della lite ai Tar regionali su provvedimenti che sono e restano a tutti gli effetti locali per provenienza soggettiva oltre che per effetti, per affidarla ad un unico giudice nazionale con il quale essi non hanno alcun collegamento naturale”. Della serie, con il commissariamento il Tar viene spodestato e l’operazione se la gestiscono direttamente a Roma, con il braccio operativo in Sicilia nel ruolo di commissario…
Con questo metodo infallibile, da circa quindici anni, in Sicilia vanno in scena appalti miliardari su acqua e rifiuti. Con esiti devastanti: i soldi – ribadiamo, centinaia di milioni di euro – sono spariti virtuosamente (incredibile quello che è stato fatto negli ultimi anni sul fronte dei rifiuti). Ma i problemi, invece che essere stati risolti, si sono aggravati: tant’è vero che, ancora oggi, in Sicilia, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti è imperniata sulle discariche che inquinano aria e falde idriche. Idem con patate nella depurazione delle acque, se è vero che tanti impianti non funzionano, inquinando il mare. In compenso sta arrivando il nuovo 'commissario' nominato dal governo Renzi: la Regione siciliana che ha prodotto i danni in via ordinaria li ‘risolverà’ in via straordinaria…
Campa cavallo che l'erba cresce!
Foto tratta da esaimpianti.it
Discussion about this post