Chissà se Benito Mussolini pensava veramente di poter ancora vincere la guerra quando, il ventitré giugno del 1943, dinanzi al Direttorio del Partito pronunciò il famigerato discorso del bagnasciuga. L’ Eiar (Ente italiano audizioni radiofoniche) trasmise la registrazione quasi due settimane dopo, il cinque luglio dello stesso anno, appena qualche giorno prima dello sbarco alleato.
“Bisogna che non appena questa gente tenterà di sbarcare, sia congelata su questa linea che i marinai chiamano del bagnasciuga”, disse il Duce, ma le cose andarono diversamente.
L’asse Roma Berlino scricchiolava già da tempo, un altro ne stava scavando la fossa: l’asse Palermo New York. Tutto era cominciato circa un anno prima, gli U-Boot nazisti dettavano legge nell’Atlantico spingendosi fino alla foce dell’Hudson, facendo toccare con mano ai newyorkesi quella guerra di cui avevano notizia soltanto dalle radio e dagli strilloni; qualunque cosa salpasse dal porto di New York veniva silurata!
Franklin Delano Roosevelt non passò notti tranquille alla Casa Bianca finché qualcuno del suo staff gli sussurrò all’orecchio la possibile soluzione: “I siciliani risolveranno il problema”.
Già proprio loro, un esercito di pescatori, armatori, mercanti, scaricatori, commercianti e malavitosi che dettavano legge dalle parti del porto, sotto l’egida del capo dei capi Lucky Luciano che anche dal carcere impartiva ordini.
Qualcuno disse al Presidente che le spie nazifasciste godevano della copertura dei siciliani che erano corrucciati dal trattamento riservato loro dal governo e che per risolvere il problema bastava ingraziarsi i favori dei boss. Bastò una chiacchierata con Luciano e le cose cambiarono, le spie furono trovate e le sorti della guerra rovesciate, o almeno così parve.
A quel punto il nuovo asse entrò in funzione, i rapporti tra l’Oss (Servizi segreti americani, antesignani della Cia) e la comunità siciliana si intensificarono al punto che al momento di pianificare l’invasione degli alleati in Europa fu scelta proprio l’amica Sicilia come punto di sbarco. Non soltanto per la posizione strategica al centro del Mediterraneo, ma anche perché gli yankees giocavano in casa, forti dell’appoggio incondizionato dei siciliani residenti in America che avevano scritto per tempo ai parenti siciliani, i quali avevano accolto i liberatori preparandone il terreno.
La guerra fu vinta celermente, gli americani mettendo le mani sulla Sicilia ebbero un vantaggio notevole negli sviluppi successivi della ‘guerra fredda’ col mondo diviso in due blocchi contrapposti. Ma questo nelle stanze del potere era ben noto fin dall’inizio, gli analisti al servizio della Casa Bianca lo sapevano già. Ciò che temevano non era la vasta area di follia che congiungeva Roma con Berlino, ma il filo rosso che, dalle campagne siciliane, risaliva l’Italia e percorrendo l’Europa centrale e arrivava fino a Mosca.
Finì una guerra, ne cominciò un’altra, quella ai comunisti. Le conseguenze per la Sicilia furono disastrose. Effetti collaterali di cui ancora oggi paghiamo dazio e che hanno avuto origine in quei giorni lontani eppure così vicini in cui il destino del mondo si decise sull’asse Palermo New York.
Foto tratta da casarrubea.wordpress.com