Un vento freddo spira su Gerusalemme, Israele non è mai stata così sola da quel giorno del 1948 in cui fu proclamata la nascita da David Ben Gurion; il corridoio umanitario per gli ebrei perseguitati dalla follia antisemita è diventato uno Stato florido, con una economia stabile e tra i più ricchi e moderni della terra. Una vera e propria cattedrale nel deserto in un Medio Oriente che vede i Paesi confinanti persistere in una condizione di povertà, talvolta disperata.
Israele ha sempre difeso gli interessi degli Stati Uniti e dell’Europa i quali ne hanno voluto la nascita, oltre che per motivi umanitari, anche per creare un avamposto dell’Occidente in Medio Oriente, una spina nel fianco del temuto mondo arabo.
Il popolo palestinese è stato apparentemente la vittima sacrificale sull’altare di equilibri politici e militari inimmaginabili, ad oggi è stato riconosciuto da 138 paesi dell’Onu (non Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia) soltanto come Stato non membro con status di osservatore permanente, ma le cose stanno cambiando.
Non è che di colpo i capi di Stato di tutto il mondo abbiano preso a cuore la causa palestinese, pare invece che di comune accordo abbiano deciso di voltare le spalle ad Israele. In ogni parte del globo e tutto uno sventolio di bandiere palestinesi, quando arriva il leader arabo Mahmud Abbas viene accolto con tutti gli onori, molti Paesi stanno intessendo rapporti commerciali con la Palestina facendo pressioni all’ Onu per il riconoscimento dello Stato palestinese come membro effettivo delle nazioni unite.
Anche il Vaticano, con discutibile scelta di tempo, si è attivato in tal senso, sottoscrivendo un accordo bilaterale con Ramallah, quello stesso Vaticano che si è accorto del genocidio armeno soltanto adesso che la Turchia di Erdogan è un Paese sempre più filo islamico; prima il genocidio era stato condonato nel nome degli equilibri internazionali e degli interessi economici che la Turchia filo occidentale aveva difeso.
Perché accade tutto questo? Perché di colpo la causa palestinese è diventata un cavallo di battaglia di tutti i Paesi occidentali? E’ una questione economica, l’Occidente, le sue banche, le sue economie sono al collasso; i soldi di Israele fanno gola, salverebbero dalla bancarotta molti istituti bancari e Paesi.
Com’è possibile tutto questo? E’ già successo. Quando gli Stati uniti hanno rovesciato il regime di Saddam l’enorme patrimonio petrolifero dell’Iraq è finito nelle mani dell’Occidente che fino ad oggi ne detiene il controllo; non fu una guerra per i diritti umani, ma per il petrolio.
Quando fu ucciso Gheddafi il suo patrimonio di oltre 200 miliardi di euro non fu restituito al popolo libico, ma intascato dalle banche europee ed americane in cui era stato depositato; non fu una guerra per la libertà, ma per i soldi.
Col petrolio di Saddam Hussein ed il patrimonio di Gheddafi i problemi dell’Occidente non sono finiti, sono solo stati rinviati; occorre una nuova enorme immissione di liquidità nel sistema, dato che l’ultimo disperato tentativo di Mario Draghi, il discusso Quantitative Easing, non sta rilanciando l’economia come si sperava. Lo hanno fatto passare come un sistema per rilanciare il sistema, in realtà era solo una respirazione bocca a bocca. E adesso che il tracollo è vicino che si fa?
L’Occidente si prepara: dopo Saddam e Gheddafi occorre rastrellare da qualche altra parte, Israele è ricco, ricchissimo, nubi nerissime si addensano all’orizzonte di Gerusalemme, i filo palestinesi che spuntano in ogni parte del globo sono solo la punta di un iceberg, dietro c’è qualcosa di molto più grande.
Obama ha chiamato Netanyahu con grave ritardo dopo la sua recente vittoria alle elezioni; si è parlato di gelo tra Stati Uniti ed Israele ed infatti la bomba è scoppiata qualche giorno dopo con l’intesa Washington-Teheran sul nucleare, un accordo che ha fatto andare su tutte le furie il leader israeliano e che di fatto pone Israele sotto teorico attacco nucleare da parte dell’Iran.
Tante, troppe coincidenze, la storia insegna ad essere diffidenti, è sempre lo stesso copione. Prima si isola un Paese, poi si arma il vicino di casa, poi lo si trascina alla guerra, lo si distrugge e dunque si inscena una finta salvezza che sa di invasione, depredandolo di ogni ricchezza e riducendolo in schiavitù.
Parleranno di questo le personalità più influenti del mondo che si riuniranno il prossimo mese nel Tirolo durante l’annuale riunione del gruppo Bilderberg? Non è dato sapere, ma una cosa è certa. Israele trema, i fantasmi di un passato che sembrava cancellato tornano minacciosi all’orizzonte.
Foto tratta da pragaviaggi.it