L'aereo decolla nella bruma del primo mattino sopra le piccole luci della città, poi emerge come un delfino su un mare di nuvole illuminate dall'alba. Dalla collina riesco ad osservare in lontananza la curvatura del mare.
Mi trovo in un non-luogo dove non esistono guide, indirizzato da un nome che si materializza tra gli altri sfortunati che abitano questa altura. Le tombe si susseguono, diverse nella forma ma tutte uguali nella solennità e nel silenzio. Solo il vento indugia tra le cappelle e le croci. Più in là, su un terrazzino diviso da due cancellate in ferro, leggo “Alle vittime del bombardamento del 1943”. Sulla pietra in marmo i nomi di coloro che sono stati vittime del bombardamento della città sottostante, la mia città, Pescara, che si sveglia indifferente nell'aria tersa e secca, avvolta dal vento di Libeccio.
Sapevo dell'azione bellica ma non conoscevo l'esistenza di un sacrario. Intendo dare una storia a quei nomi, ed un nome a chi si è adoperato per la costruzione di un monumento così importante. Mi informo meglio e in poche ore mi ritrovo a colazione con Ermanno Ricci, che da amministratore pubblico ha chiesto ed ottenuto la realizzazione del sito. Nessun dispositivo tecnologico sarebbe in grado di catturarmi più di due occhi azzurri spalancati nel ricordo dei fatti e puntati dritti nella mia anima. Mentre inizia il suo racconto, le parole rapiscono la mia attenzione, assimilo la sua voce meglio del registratore vocale che ho posizionato sul tavolino. Un testimone prezioso che ha vissuto quel giorno di 71 anni fa.
Era il più piccolo dei suoi fratelli e giocava in strada raccogliendo fili d'erba per intrecciarli in piccoli canestrini, quando all'improvviso la sua attenzione è rapita da un rombo indistinto che dopo alcuni secondi diventò assordante. Si voltò verso il mare ed ecco una visione capovolta dell'orizzonte degli eventi. Il cielo non esisteva più ed il mare era ora popolato da centinaia di piccoli “pesciolini color argento” che si avvicinavano velocemente. Alla sua mamma occorsero pochi drammatici istanti per capire cosa stava succedendo. Quasi simultaneamente cominciarono a cadere le prime bombe. Nella sua mente di bimbo avrebbe voluto unirsi a quegli adulti che correvano a rifugiarsi come in una nuova versione di nascondino e mosca cieca, dove tutti giocano, persino gli adulti, e persino la sua mamma.
Una bomba cadde a pochi metri da loro, proprio sul viale. Gli adulti che prima correvano sulla strada non c'erano più. “Ma come avranno fatto – pensava – a sparire così in fretta?”. Saprà in seguito che l'onda d'urto di una bomba dirompente è capace di scagliare i corpi a diverse centinaia di metri. D'improvviso la sorellina apparve in fondo al viale, completamente imbiancata da calce e polvere di mattoni: “Chissà come si arrabbierà la mamma vedendola conciata in quel modo. E il piccolo Giovanni, il mio amichetto preferito, perché non si alza da terra? Ormai il gioco è finito, puoi alzarti altrimenti ti sporchi tutto…”.
Poi i ricordi diventano sensazioni, la polvere, il buio improvviso , inusuale in una mattina d'estate, il freddo umido di una cantina al posto del caldo sole di agosto. Il racconto si spezza , come la sua voce. Ora seduto al tavolino non c'è più un uomo distinto che porta con caparbietà ed eleganza le sue primavere, ma un bimbo di 5 anni, che ora come allora tradisce lo stupore degli occhi in un frammento di voce. Lo guardo e mi carico di energia, ma non riesco ad immedesimarmi nel suo racconto. Appartiene a lui e a tutti coloro che la guerra l'hanno provata. Raccontare la guerra può essere un argomento interessante solo per coloro che non l'hanno vissuta, ma respiro a pieni polmoni le sue parole e mi proietto nell'ombra lunga delle sue pause.
Ci portiamo dentro le cicatrici dei ricordi , e non solo le immagini ma i suoni e gli odori. Nel suo caso la ferita della sua anima porta l'odore del carburante, la polvere sulla pelle, le urla ed i gemiti dei feriti, l'allucinante silenzio dei morti. Poi lo sfollamento, rapido ed inaspettato. Lasciare le proprie cose e rifugiarsi lontano, in attesa che passi questo evento atmosferico artificiale causato da uno stormo di B24 Liberator, che è stato capace di trasformare una limpida mattina di estate e di giochi in una pioggia gelida che penetra nelle ossa e ti trascina a forza in un cupo giorno d'inverno. La guerra, come un evento meteorologico, ha il suo inizio e fa il suo corso devastante, ma per fortuna ha anche una fine. Il piccolo Ermanno cresce, e negli anni successivi diventa un uomo di sport, di spettacolo e di politica. Ma la pioggia gelida gli è sempre rimasta nelle ossa, e un giorno di diversi anni fa gli capita per caso di incontrare la sorella del suo amichetto Giovanni. I due parlano, si abbracciano ed è allora che Anna Maria gli fa una richiesta: un luogo dove poter pregare suo fratello. Scosso da quelle parole indaga e fa una scoperta che gela più della pioggia che ha dentro. Le vittime dei bombardamenti sono state gettate in una fossa comune e dimenticate da tutti, tranne che dai loro parenti. Anna Maria gli spiega che il rammarico di sua mamma e di tutta la sua famiglia è di non aver mai saputo dove sono stati sepolti i resti del fratello che, pure dopo il bombardamento, seppur morto, era riconoscibile. Le avevano detto che avrebbero potuto seppellirlo al rientro dallo sfollamento. Invece, quando sono tornati non c’era più, e le hanno anche detto che i suoi resti erano nella fossa comune. Un dramma nel dramma al quale sua madre non riuscì mai a rassegnarsi.
Ermanno ha la sua visione personale del piccolo Giovanni. Lo aveva visto per strada a terra, quel 31 Agosto del 1943, coperto dalla polvere, pareva che giocasse a mimetizzarsi . Non aveva nemmeno un graffio sulla pelle, ma l'onda d'urto gli aveva disintegrato i polmoni. Quasi come una missione, in poco tempo porta a compimento la sua opera. Il sacrario ora domina la collina sulla città. Ora i parenti miracolati di quel giorno hanno un luogo dignitoso dove pregare i loro congiunti più sfortunati.
Il nome che cercavo sulla collina, appena dopo l'alba, ora ha un volto e una storia; il piccolo Giovanni non ha vissuto la sua vita , ma vive nel ricordo degli occhi di chi lo ha visto per l'ultima volta, e in quelli dove brilla la luce della conoscenza.
Non riuscirò mai a trovare un video di quel giorno nemmeno se pagassi un milione di dollari al proprietario di Youtube, ma con il costo di una tazzina di caffè, peraltro offerta, sono riuscito a vedere e a sentire cose che non avrei potuto nemmeno immaginare. Possiamo benissimo narrare questa storia ai bambini come fosse una fiaba. Non esiste videogioco, Playstation o manga giapponese che possa valere il fascino di un racconto.
Ci congediamo ed Ermanno Ricci mi dà appuntamento ad un prossimo incontro. Intanto mi resta la sua storia. Un filo che lega in modo tragico i destini di due grandi Nazioni, l'Italia e gli Stati Uniti. Per fortuna sono innumerevoli i fili benevoli che legano questi due popoli. Ma i popoli non sono mai cattivi. I governi, a volte, lo sono.