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February 2, 2016
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Presidenzali USA. The day after

Dopo la primarie in Iowa, scenari per il futuro della campagna elettorale

Marcello CristobyMarcello Cristo
Presidenzali USA. The day after
Time: 4 mins read

La popolazione dell’Iowa, lo stato americano dal quale partono tutte le consultazioni elettorali, è etnicamente molto omogenea (bianca), estremamente religiosa e dedita per lo più all’agricoltura. Caratteristiche che non fanno di questo stato uno spaccato particolarmente rappresentativo dell’America nel suo insieme.

Malgrado ciò, i risultati delle primarie di questo stato, che inaugurano la stagione elettorale americana, hanno un grande valore simbolico perché, dopo mesi di dibattiti e sondaggi, forniscono le prime vere risposte da parte degli elettori e, iniziando a separare il campo tra vincenti e perdenti, sono in grado di influenzare le scelte delle consultazioni future in altri stati.

Lunedì gli abitanti dell’Iowa hanno finalmente espresso le loro preferenze ma, per cercare di capire quello che accadrà d’ora in avanti, forse è utile fare un passo indietro e analizzare alcuni fattori che hanno determinato i risultati dell’Hawkeye State, primi tra tutti il ridimensionamento del fenomeno Trump in campo repubblicano e, in quello democratico, l’affermazione di Bernie Sanders il cui “pareggio” con Hillary Clinton rappresenta in realtà un successo clamoroso per il settantaquattrenne senatore del Vermont. Un successo che appare ancora più notevole se si mettono a paragone le risorse finanziarie e organizzative delle forze che sostengono la Clinton e quelle di Sanders che si avvale di piccole micro-donazioni provenienti da individui e piccole organizzazioni.

Il sostegno finanziario è la prima incognita per quanto riguarda gli sviluppi futuri di queste elezioni. Sanders infatti potrebbe continuare a volare sulle ali del successo se riuscirà a sollecitare ancora queste micro-donazioni via Internet, in grado di sostenere la sua campagna anche nelle altre primarie come avvenne con Barack Obama nel 2008.

Sanders ha già superato tutti i record per questo tipo di sostegno finanziario (che, a differenza di quelli milionari della Clinton, si aggira su contributi medi di circa 27 dollari) e se dovesse riuscire a mantenere questo trend potrebbe riservare grosse sorprese alla sua illustre rivale.

Ma ci sono altri fattori che incideranno sulle fortune future di Sanders. In primo luogo, la prossima tornata elettorale si terrà in New Hampshire che è lo stato “gemello”, contiguo a quello del Vermont dal quale Sanders proviene e dove il senatore naturalmente detiene un vantaggio “casalingo” che gli darà l’opportunità di sorpassare, almeno temporaneamente la Clinton.

Un altro elemento importante è costituito dal fatto che il terzo candidato democratico, l’ex governatore del Maryland Martin O’Malley, si è ritirato dalla competizione e si prevede che una buona parte dei suoi sostenitori si riallineeranno proprio dietro Sanders piuttosto che dietro la ex First Lady. Un numero certo esiguo ma importante, se questi dovessero essere i margini di vantaggio che ritroveremo anche in altri stati.

Il carattere schietto e genuino che contraddistingue Sanders inoltre, per non parlare del populismo del suo programma politico, riesce ad attrarre consensi non solo dal campo democratico ma addirittura anche da parte di molti conservatori provenienti dalla classe operaia che potrebbero passare dall’altra parte della barricata in caso di un crollo di Donald Trump.

D’altra parte però, il successo riscosso da Bernie in Iowa va ricondotto anche al fatto che in questo stato del Midwest le minoranze etniche sono estremamente esigue, un fattore che ha favorito Sanders che attinge a un bacino elettorale composto da individui giovani, con alti livelli di istruzione ed etnicamente bianchi. Quando le primarie si sposteranno negli stati rurali del Sud, con alte concentrazioni di minoranze etniche, la situazione potrebbe tornare a favore della Clinton, che inoltre potrà contare sull’estrema popolarità del marito tra le minoranze, l’ex presidente, Bill Clinton.

Se tra i democratici “il pareggio” tra i due maggiori contendenti è un risultato in un certo senso comprensibile, vista l’intercambiabilità dei consensi e la stima reciproca tra i due candidati, in ambito conservatore il sorpasso di Ted Cruz ai danni del grande favorito dai pronostici, Donald Trump, è più clamoroso.

Il partito Repubblicano americano si compone di tre fazioni principali: quella religiosa, quella libertaria e quella affaristico-istituzionale. Tradizionalmente in Iowa, a vincere è quasi sempre il candidato con le credenziali religiose più credibili in grado di attrarre il voto del fondamentalismo cristiano che si oppone all’aborto, alle unioni gay e persino alla contraccezione. In questo senso Ted Cruz ha avuto facilmente la meglio su Donald Trump, la cui devozione religiosa è apparsa del tutto inautentica perché il magnate newyorchese sulle questioni sociali (ma anche su molte questioni fiscali) non è un conservatore né riesce a spacciarsi per tale avendo, in passato, dichiarato apertamente il suo atteggiamento più liberale in materia di omosessualità, aborto e assistenza sanitaria.

Se Cruz ha coalizzato intorno a sé il supporto delle congregazioni religiose, il giovane senatore della Florida Marco Rubio ha raccolto i consensi dell’anima istituzionale e “centrista” del partito, quella che all’inizio doveva schierarsi con Jeb Bush prima che l’elettorato del GOP voltasse le spalle alle ambizioni presidenziali dell’ultimo rampollo della dinastia texana.

Ma se Cruz e Rubio sono riusciti ad ergersi a rappresentanti di una fazione specifica del popolo conservatore, Donald Trump non ha saputo fare altrettanto e la sua decisione di astenersi dall’ultimo dibattito televisivo è stata percepita come un affronto peggiorando quella innata diffidenza che la popolazione rurale dell’Iowa ha nei confronti di chiunque arrivi in jet dalle grandi aree urbane del Nordest o della West Coast.

Trump ha ancora ampi margini di recupero in quanto i sondaggi lo danno in vantaggio nei prossimi stati ma il magnate newyorchese farà meglio ad imparare la lezione ricevuta in Iowa soprattuto su alcuni punti fondamentali. In primo luogo, Trump deve capire che il consenso della gente non può essere dato per scontato e, per questo, deve rimpiazzare l’improvvisazione della sua campagna elettorale con l’organizzazione dimostrata da Ted Cruz che non ha esitato a visitare tutte le novantanove contee dell’Iowa facendosi conoscere di persona dall’elettorato.

Trump farà bene inoltre, ad iniziare ad elaborare dei programmi politici più dettagliati che vadano al di là delle facili dichiarazioni ad effetto come la sue pseudo-proposte di “annientare ISIS” e di costruire un muro tra Messico e Stati Uniti. Finora il suo talento principale è stato quello di attizzare, con dichiarazioni incendiarie, i timori del popolo conservatore in materia di immigrazione e di terrorismo.

Nella prossima tappa elettorale in New Hampshire, uno stato molto più laico, Trump potrebbe recuperare il terreno perduto in Iowa ma il mito della sua invincibilità è stato ormai compromesso e questo potrebbe costituire un problema nel momento in cui la giostra delle primarie arriverà in quegli stati le cui economie rurali e la cui osservanza religiosa tendono a ricalcare la situazione profilatasi lunedì in Iowa.

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Marcello Cristo

Marcello Cristo

Sono nato e cresciuto a Napoli dove, nella tradizione magno-greca della mia città, mi sono laureato in Filosofia. Vivo negli Stati Uniti con la mia famiglia da oltre vent'anni facendo la spola tra New York e la California. Dall’America, ho iniziato a collaborare con pubblicazioni italiane come Il Giornale di Indro Montanelli e La Gazzetta dello Sport di Candido Cannavò e poi con il quotidiano in lingua italiana degli Stati Uniti America Oggi per il quale ho lavorato come editor, opinionista e corrispondente dalla California. Nei ritagli di tempo, sto tentando disperatamente di insegnare ai miei figli il napoletano.

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