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Marsiglia la “petite Naples”: quegli emigrati partenopei dimenticati da Roma e Parigi

La storia (mal raccontata) dei napoletani nella città francese che furono deportati dai nazisti e contribuirono alla resistenza contro Hitler

Raffaele RomanobyRaffaele Romano
Marsiglia la “petite Naples”: quegli emigrati partenopei dimenticati da Roma e Parigi

Venditori di cozze a Marsiglia nel 1935 (Willem van de Poll, via Wikimedia Commons)

Time: 4 mins read

Marsiglia può essere considerata una gemella francese di Napoli, sebbene la città partenopea rimanga unica per bellezza naturale, storia e monumenti. Entrambe le città mediterranee hanno però, da alcuni decenni, le medesime problematiche: Marsiglia viene infatti dipinta dai media al di là delle Alpi come la “Napoli di Francia”, e in un senso non esattamente lusinghiero.

Storicamente sia Napoli che Marsiglia sono state fondate dai greci di Focea, e verso la fine dell’Ottocento nella città francese si affermò la variopinta comunità della “Piccola Napoli”, un quartiere dove si stabilirono i primi nuclei di napoletani emigrati. Marsiglia si trova insomma, proprio come Napoli, sempre a metà strada fra verità ed esagerazioni – a volte persino di carattere razziale.

La storia dei napoletani di Marsiglia vale la pena di essere raccontata. Per farlo bisogna partire dal 10 giugno del 1940, quando l’Italia uscì dalla non belligeranza e si schierò a fianco dei tedeschi, dichiarando guerra al Regno Unito e alla Francia. Nella notte fra il 21 ed il 22 giugno, alcuni bombardieri Savoia-Marchetti S.M.79 attaccarono Marsiglia in due ondate, contribuendo così a distruggere il porto. Non va dimenticato, per precisione storica, che la Francia anticipò di qualche anno l’oscillante e ambigua politica estera italiana. Difatti, il 10 luglio, la sua Assemblea nazionale votò per l’approvazione dei pieni poteri a Pétain con il favore di 357 deputati e 212 senatori, mentre solo 57 deputati e 23 senatori si opposero: in totale ci furono 569 voti a favore dei pieni poteri a Pétain e 80 contro, con 30 astensioni.

Il vecchio porto (Vieux Port) di Marsiglia (Kdeifalla2026, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons)

Fino all’11 novembre 1942 il Governo di Vichy rimase formalmente estraneo ad azioni belliche e venne considerato ufficialmente uno Stato neutrale con rapporti diplomatici sia con la Germania sia con gli Stati Uniti. Il 24 ottobre del 1940, Pétain ufficializzò la sua collaborazione con i nazisti, incontrandosi con Adolf Hitler a Montoire-sur-le-Loir e stringendo la mano del Führer. Marsiglia, però, rimase neutrale. Il 12 novembre 1942 i nazisti occuparono la città e, tra il 22 ed il 24 gennaio 1943, la polizia francese e i soldati tedeschi prelevarono oltre 20.000 persone dalla zona nord del Porto vecchio della città provenzale. Il 29 gennaio 14 ettari della città furono rasi al suolo. Fu René Bousquet, segretario di Stato e capo della polizia del governo collaborazionista, a firmare, il 14 gennaio 1943, l’ordine per quella nefasta distruzione.

I veri motivi della retata e della distruzione della zona a nord del Porto vecchio e del quartiere Le Panier da parte nazista furono simili a quelle che accaddero a Roma con l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Louis Gillet, a proposito del razzismo e del collaborazionismo francese, così descrisse Marsiglia: “Un luogo osceno, di suburre, una delle pozze più impure, dove si raccoglie la feccia del Mediterrano (…), l’impero del peccato e della morte, si era ravvisata l’esigenza di una rigenerazione, che prevedeva il suo preliminare svuotamento.” L’operazione Tigre e Sultano, così fu definita, interessò più di 40.000 persone, evacuandone 20.000 e arrestandone 6.000.

Il 1° febbraio, nella chiesa di Saint-Laurent, la “chiesa dei napoletani”, si verificò la prima di centinaia di esplosioni che, in una decina di giorni consecutivi, distrusse circa 1.500 palazzi. Fu da qui che, secondo alcuni, nacque la resistenza contro i nazisti. Molto probabilmente, però, Marsiglia iniziò la resistenza subito dopo l’invasione del Belgio da parte della Germania, quando in città iniziarono ad arrivare moltissimi rifugiati, fra cui profughi dall’Alsazia e dalla Lorena, soldati inglesi in fuga dal Belgio, cechi, polacchi, antifascisti italiani e comunisti e anarchici spagnoli. Fra questa moltitudine di profughi figuravano molti intellettuali, artisti ed ebrei.

Tornando al nostro tempo, pare che qualcosa si sia mosso: nel 2019 l’avvocato marsigliese Pascal Luongo ha sporto, nella speranza che il rastrellamento avvenuto nel 1943 al Porto vecchio venisse riconosciuto, una denuncia per “crimini contro l’umanità”. Dovrà documentare ciò che avvenne tra il 22 e il 24 gennaio 1943, i 20.000 evacuati e le quasi 1.600 deportazioni. Senza dimenticare la cancellazione del quartiere popolare di Le Panier.

Monumento ai caduti di guerra nel quartiere Saint-Barnabé di Marsiglia (Fr.Latreille, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons)

A tale ricerca si è dedicato lo scrittore marsigliese di origine napoletana Michel Ficetola, che ha scritto un importante libro sulla storia della città di Marsiglia: Marseille La Napolitaine – dove fa conoscere il quartiere Saint-Jean, assalito dai nazisti nel febbraio 1943, che rappresentava la culla storica della città focese che, nel 1906, contava 20.000 abitanti di cui la metà era napoletana.

L’autore spiega che la vita per i napoletani emigrati a Marsiglia non fu facile e, spesso, questi furono vittime di una campagna di diffamazione politica e di persecuzione culminata con i rastrellamenti e la distruzione del loro quartiere durante la seconda guerra mondiale. Un modo, voluto e desiderato da diversi francesi, per liberarsi di una comunità i cui figli erano riusciti, nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli loro frapposti in pochi decenni, ad imporsi nel panorama economico e politico. Tant’è vero che nel 1935 un loro discendente, Henri Tasso, ne divenne il sindaco.

Questa Napoli ricostruita in miniatura nel cuore di Marsiglia fu trasformata in un vero e proprio ghetto i cui abitanti, come capita oggi a molti immigrati, erano accusati di tutti i mali oltre che vittime dei soliti cliché sul loro modo di vivere All’interno di questa enclave straniera nel cuore di Marsiglia i napoletani riuscirono a lasciare la loro impronta. “Les Napolitains de Marseille” traccia ritratti di personalità con un’accurata e bella documentazione, comprensivo di fotografie e cartoline.

Lustrascarpe napoletani (Museo Nazionale di Storia dell’Immigrazione)

Purtroppo, come avviene spesso in Italia, ci si dimentica della propria storia e a tutt’oggi al Memoriale di Marsiglia, nell’area del Porto vecchio, si trova l’elenco di tutti i deportati dai nazisti (fra cui spiccano gli ebrei), mentre il grosso dei napoletani che misero in atto la resistenza è assente. La maggior parte di loro vennero portati in campi di raccolta della Francia meridionale e solo negli ultimi tempi qualche loro discendente ha avviato delle ricerche specifiche.

Davide Brandi, responsabile dell’associazione culturale Lazzari, ci ha dichiarato un po’ deluso che “a Marsiglia si fa una commemorazione annuale e una mostra con le foto di quegli eventi. Io ci vado ogni anno, ma la cosa triste è che in 79 anni, a Napoli, nessuno mai ha ricordato questo tragico avvenimento. Ora lo porto all’attenzione del Comune e della Regione. Staremo a vedere…”

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Raffaele Romano

Raffaele Romano

Nato a Napoli, ha studiato storia e filosofia. Ha collaborato con il quotidiano economico-finanziario Ore 12, con l'Avanti, con l'Eco del Golfo e la rivista Events Karate.

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