Con l'approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU dell'accordo tra l'Iran e le maggiori potenze mondiali, si volta pagina su una questione spinosa come quella della proliferazione nucleare in un Medio Oriente che continua ad essere l'epicentro di crisi internazionali all'apparenza intrattabili.
Con l'approvazione della risoluzione numero 2231, che avvalla il cosiddetto Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) formulato dai paesi che hanno partecipato alle trattative di Vienna, il Consiglio di Sicurezza ha posto il suo sigillo sull'eliminazione delle sanzioni finanziarie e commerciali imposte sull'Iran in cambio dell'impegno da parte del governo persiano a rinunciare alle sue velleità nucleari per gli anni a venire.
Se l'approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza non rappresenta una sorpresa dal momento che i negoziati dai quali è scaturito l'accordo sono stati portati avanti proprio dai paesi che sono anche membri permanenti del consiglio stesso, la novità consiste piuttosto nella posizione degli Stati Uniti che, forse per la prima volta in un lungo periodo di tempo, ha votato a favore di una risoluzione fortemente osteggiata da Israele, rompendo così la tradizionale alleanza di voto all'interno dell'ONU tra la diplomazia americana e l'alleato ebraico.
Con l'approvazione della risoluzione 2231, il Consiglio di Sicurezza attiva l'entrata in vigore del JCPOA prevista dopo un periodo di novanta giorni dall'adozione della risoluzione stessa.
Subito dopo il voto, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon ha espresso la sua piena soddisfazione per il successo diplomatico delle trattative dichiarando: "Questa risoluzione assicura la rimozione delle sanzioni sull'Iran e garantisce il rispetto dei patti grazie alle ispezioni condotte dai tecnici dell'Agenzia Atomica Internazionale (IAEA)".
Ora che gli accordi sono stati raggiunti sulla carta, i membri del Consiglio di Sicurezza e lo stesso Segretario Generale hanno esortato la parti in causa a rispettare le scadenze delineate nel JCPOA che dovrebbero iniziare con un'ispezione preliminare da parte dell'IAEA per verificare che l'Iran abbia iniziato a implementare tutta una serie di misure che dovrebbero, a loro volta, consentire l'eliminazione delle sanzioni economiche.
Sempre secondo i termini dell'accordo, il Consiglio di Sicurezza ha stabilito che alla scadenza dei dieci anni dall'adozione del JCPOA, tutte le disposizioni contenute nella risoluzione sono da considerare terminate e nessuna delle risoluzioni precedenti può essere applicata senza un riesame completo della situazione.
E' importante mettere in rilievo il fatto che l'approvazione dei termini dell'accordo da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU garantisce l'eliminazione delle sanzioni economiche sull'Iran da parte delle Nazioni Unite ma che il documento non ha alcun valore legale sulle sanzioni che i singoli stati hanno applicato individualmente al paese mediorientale. In concomitanza con l'iniziativa delle Nazioni Unite tuttavia, lunedì anche l'Unione Europea si è mossa nella stessa direzione abrogando le misure restrittive sull'importazione di petrolio iraniano ma lasciandone intatte altre come quella sull'esportazione di tecnologie militari.
Ma naturalmente il nodo degli accordi verte sull'approvazione dei termini da parte del Congresso americano. La diplomazia internazionale infatti é convinta che senza l'OK degli Stati Uniti l'intera struttura dell'intesa potrebbe crollare.
Il collasso degli accordi sarebbe visto con grande favore da Israele il cui ambasciatore alle Nazioni Unite ha commentato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza come una "tragedia".
"Non mi va di fare la parte di quello che rovina l'atmosfera di celebrazione seguita a questa risoluzione – ha dichiarato Ron Prosor presentando alla stampa una mappa dell'influenza iraniana nei vari paesi, inclusi quelli che hanno subito azioni terroristiche presumibilmente organizzate da Teheran – Il fatto che la comunità internazionale si rifiuti di vedere questo accordo come una tragedia, rappresenta un grave errore strategico. Ma che sia consapevole del fatto che si tratta di una tragedia e, malgrado questo, continui imperterrita con la sua ratifica, è una catastrofe.
Quando il furfante della storia sorride e fa festa è chiaro che c'è qualcosa che non va.
Negli anni futuri, le conseguenze di questo errore diventeranno chiare a tutti ma per Israele, domani, è già troppo tardi".