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March 2, 2015
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In Sicilia la politica più costosa d’Europa? Il solito attacco per denigrare l’Autonomia

Massimo CostabyMassimo Costa
Time: 7 mins read

Quando è guerra è guerra. Lo Stato italiano non si accontenta di usare la Sicilia come un bancomat, di umiliarne diritti e prerogative, di linciare quotidianamente tutto il suo Popolo e le sue Istituzioni, come se la nostra Terra fosse una sorta di paese di Bengodi e di privilegi (tanto, avendo l’informazione schierata a senso unico, si può dire qualunque cosa). No, non basta, si deve portare a casa il risultato finale, lo scalpo dei Siciliani.

Sbaglia chi pensa che siccome lo Statuto non sia mai stato attuato se non come corda per impiccare gli stessi siciliani, questo non rappresenti ancora oggi un pericolo potenziale per la dominazione italiana della Sicilia. Sbaglia perché invece il pericolo è stato avvistato e i bombardamenti  (mediatici e non solo) proseguono senza sosta ogni giorno. A noi il compito di parare i colpi. Il che è facilissimo: basta svelare, almeno ai Siciliani, quello che sta succedendo alle nostre spalle e sulla nostra pelle.

Due fatti, apparentemente non connessi.

Primo fatto: il Procuratore generale della Corte dei Conti “siciliana” dice che i costi della politica in Sicilia sono molto elevati, addirittura i più alti d’Europa (?!). (Nota metodologica: mi fido di quello che leggo sui giornali, perché non ho ascoltato “de visu” la relazione e questa non è ancora disponibile sul sito dell’ecc.ma Corte). Ora, un conto è dire che i costi della politica in Sicilia sono davvero molto alti, e che, a leggi vigenti, se ne fa un cattivo uso, perché purtroppo questo è vero, o quanto meno assai verosimile. Un altro è avventurarsi in queste azzardate comparazioni senza base logica o numerica. Sapete, io sono uomo di numeri, e stento a credere che la Procura abbia fatto un completo studio comparativo tra i costi della politica regionale siciliana e quelli di tutte le altre Regioni e lo Stato. Per non parlare dei costi dell’Unione europea! Si parla tanto della retribuzione dei parlamentari nazionali del nostro Paese. Ma qualcuno immagina quanto si porta a casa ogni mese un eurodeputato? Tutti sono a conoscenza che, mettendoci dentro il costo dei collaboratori, un eurodeputato costa alla collettività una cifra di gran lunga superiore a quella di un parlamentare italiano? Detto così – ripeto, mi fido dei giornalisti – mi pare una grande “boutade”! Buona per fare un “pezzo”, per alimentare una campagna-linciaggio, ma assolutamente priva di riscontri numerici. Suvvia! Ma avete idee di quanto costino, sia in valore assoluto, sia pro capite rispetto a tutti i cittadini italiani, gli organi centrali dello Stato? E volete farci credere che tra la Lombardia e la Sicilia ci siano davvero quelle grandi differenze? Dopo tutto quello che si sente sugli scandali della politica italiana, da Bolzano ad Agrigento? No! Ecc.mo Procuratore, non mi convince un’affermazione così perentoria e affrettata, sempre che Ella l’abbia mai pronunciata. I numeri che consociamo tutti non consentono di suffragarla. Sarebbe interessante sapere a quali numeri faccia riferimento. Ma il punto – come sempre – non è questo. Il punto vero della questione è un altro. Qual è il compito della Corte dei Conti o, quanto meno, il compito principale? Dare giudizi sulla difesa degli interessi erariali nell’attuazione della legge o dare giudizi sulla validità della Costituzione in quanto tale?

Peraltro le affermazioni della Corte sono subito rimbalzate e amplificate da un giornale all’altro con un significato che è ben diverso da quello originale e già mirante allo scopo, tutto “politico”, del Governo Renzi, che più volte abbiamo denunciato: chiudere i conti con lo Statuto siciliano, e – perché no – con la Sicilia stessa. È gente autoritaria e spicciativa quella: la democrazia e le autonomie le vivono come inutili e intollerabili impacci. Ma quali regole? Le regole le facciamo noi! E così lasciamo stare i giornali “privati”, che a un certo punto sono pagati dai loro padroni per dire questo, ma il servizio pubblico di RAI 3 addirittura dice che questi costi derivano da un “uso distorto dello Statuto” (?). Affermazione lasciata quasi cadere là, senza accorgersi della viltà e dell’eversività di una caduta così semplice. Per condire questa affermazione, non si sa mai, segue un’intervista ad un campione degli interessi italiani in Sicilia da (almeno) tre generazioni: l’ineffabile senatore Enrico La Loggia, che ci spiega quanto siamo “sporchi, brutti e cattivi” noi siciliani che invece dovremmo essere d’esempio per tutti (ma perché solo noi? boh!). Altre campane? Nessuna, naturalmente. Questa è l’informazione “democratica” “ggente”!

Insomma, si usa il servizio pubblico italiano per una campagna mediatica contro una Regione italiana. Roba da stracciare il passaporto o la carta d’identità di un Paese che ci odia. Avete letto qualche commento on line sui principali giornali italiani? Fatelo, è istruttivo sapere quel che pensano di noi i “fratelli d’Italia”: la cosa più gentile e simpatica che ho letto e che vorrebbero pregare gli USA di riprendere in considerazione l’idea dell’incorporazione dell’Isola fra i suoi Stati. Perché non posso credere che il Procuratore abbia fatto un’affermazione così grave. Sarebbe ancora più scandaloso! Ve lo immaginate un Procuratore romano della Corte dei Conti che si lancia contro i costi della Costituzione del 1947, invocandone un “efficientamento” e una “semplificazione” di questa democrazia troppo costosa? Sarebbe conflitto tra poteri. La Corte costituzionale per prima ne chiederebbe le dimissioni. Chi ce lo immischia il PM a giudicare la Costituzione? Questa è stata la volontà dell’Italia, del suo Popolo, dei suoi legittimi rappresentanti. Se non gli piace cambi nazione… Suo compito, di custode, è quello di controllare che questa democrazia affronti i propri costi senza distoglierli dalle finalità istituzionali. Punto e basta. Arrestiamo gli spreconi e i corrotti, ma le istituzioni sono dei Cittadini, non dei Politici. O nell’Europa dei “mercati” queste regole elementari non valgono più?

Non posso credere che lo abbia detto, e infatti non lo credo, avendolo sentito solo nel servizio pubblico renziano, nemmeno sul “Giornale” o sul “Fatto quotidiano” (che quando parlano di Sicilia sembrano testate di un regime a partito unico, divisi su tutto, ma uniti sullo spolpare la Sicilia). E quindi? Chiediamo la testa del capo redattore di Rai Sicilia?

Io da cittadino ho il diritto di sapere come stanno le cose! C’è stato davvero un “uso distorto” dello Statuto? E di chi? Contro chi? Chi è stato defraudato? Lo Stato italiano? Ma per piacere! Defraudati siamo noi, allo 0,1 % dalla corruzione dei politici siciliani, e al 99,9 % dai furti dello Stato italiano. Perché non diciamo questo? Perché non diciamo che, se anche tutti, ma proprio tutti, i politici e i funzionari siciliani fossero un immane casta corrotta e irredimibile, questa deruberebbe risorse alla Sicilia stessa e non mai al Continente, che non mette un centesimo nella nostra spesa pubblica, da sempre.

Poi, nel merito, non credo che la somma di 40 milioni di corruzione sia vera. Essa sarà certamente maggiore, conoscendo la qualità morale che esprimono i partiti “ITALIANI” in Sicilia, con la loro inqualificabile classe politica, priva di ricambio, da sempre. Se fosse vero, significherebbe che la corruzione in Sicilia incide per lo 0,1 per mille (!) del Pil, mentre – non dimentichiamolo mai – l’Italia preleva ogni anno ILLEGITTIMAMENTE, cioè ruba, il 12,5 % del nostro Pil gettandoci nella prostrazione più assoluta.

C’è qualcosa che non va, Ecc.ma Corte, nello Statuto, è vero. Ma sapete cos’è? Quello di avere previsto per la magistratura, anche contabile, un decentramento soltanto gerarchico e non autarchico. Voi siete sempre, purtroppo, anche se dovete onori e stipendi allo Statuto, magistrati dello Stato, al quale avete giurato fedeltà. I furti dello Stato sono al di là dei vostri compiti e del vostro orizzonte. Se lo Stato distoglie risorse illegittimamente a una Regione, per voi non c’è danno erariale, e avete ragione. Lo Stato non è danneggiato da questi furti, ma la Sicilia sì. E così inseguite le pagliuzze e vi sfuggono le travi… Ah, se avessimo la Nostra Corte dei Conti, come quel “Tribunale del Real Patrimonio”, o “Magna Curia dei Maestri Razionali”, ai quali toccava persino il compito di dare “esecutoria” ai decreti del re lontano, solo se questi non configgevano con le Costituzioni e Capitoli del Regno. Ma allora eravamo uno Stato, seppure solo semi-indipendente. Oggi, siamo una “Regione”, rectius “Colonia”, della Repubblica italiana e ci tocca questo.

Secondo fatto, apparentemente non legato al primo: la “Faraona”, dove una corte di cortigiani in cerca d’autore si è affollata bavosamente alla tavola del nuovo potente. Scorrendo i volti c’è qualche conoscenza. Mi è sembrato – ma sarà un inganno della memoria – di scorgere qualche volto di antico berlusconiano o cuffariano, passato per la corte di Raffaele Lombardo. Sempre le stesse persone, sempre lo stesso stile, da barone che va di corsa a giurare fedeltà a un re lontano, nelle mani del viceré vicino, pensando di poter affliggere come sempre i propri vassalli con una benedizione che suggella l’alleanza tra parassiti lontani e vicini. Salvo solo, per inciso, il buon Zamparini, che infatti non è siciliano, e che secondo me era lì solo perché non ha capito niente. Sugli altri, tra i quali molte persone privatamente per bene e qualche mio esimio collega, stendiamo solo un velo pietoso.

Però, in mezzo a questo rito senza storia, che si ripete stancamente da 600 anni circa, un messaggio politico forte c’è stato. Faraone, sotto il volto compiaciuto del Commissario Delrio, ha pubblicamente attaccato lo Statuto, cioè, tradotto in politichese, ha fatto pubblicamente “giuramento di fedeltà” agli interessi esterni alla Sicilia. Come dire. “Non state a sentire il resto del discorso. Io sono qui per garantire gli interessi della dominazione italiana sulla Sicilia e, se resta qualche briciola da questo sacco, per spartirla a famigli, ascari e ruffiani”. Che migliaia di lavoratori privati del loro stipendio per queste politiche affamatorie fossero appena fuori dalla cittadella dal potere a protestare è un dettaglio. La nostra vita intera è un dettaglio da affidare a poche righe dei giornalisti compiacenti. Questa è la nuova, vecchissima Sicilia che ci attende.

Mettiamo insieme, come sempre, i pezzi. L’attacco allo Statuto aumenta di intensità ogni giorno, fino al fallimento della Sicilia, già programmato per il prossimo 30 aprile (mi pare di averne già parlato) quando si inizierà il processo “formale” della sua revoca. Strano tanto accanimento per un pezzo di carta che è lettera morta. Ma che ci sarà scritto di tanto minaccioso in esso?

Hanno un Tallone d’Achille però: devono convincere la maggior parte dei Siciliani che la colpa di tutti i loro mali è nello Statuto. Se non ci riescono e perdono le elezioni regionali che si terranno dopo il fallimento della Regione, allora saranno stati sconfitti e a quel punto dovranno darci tutto ciò che ci spetta, ma proprio tutto. Ancora non ci sono riusciti. Vediamo di non farli riuscire e di organizzarci in modo da riprenderci la Regione, anzi la Sicilia, e mandare a casa una classe dirigente di manager del sottosviluppo, professionisti dell’antimafia, incompetenti burocrati e grigi collaborazionisti. Ma mandarli a casa per davvero! Sapremo farlo?

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Massimo Costa

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