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October 7, 2014
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Calandra Institute e Università della Calabria: attraversare l’oceano e abbattere le barriere con gli studi italoamericani

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 4 mins read

Gli studi italoamericani diventano un ponte tra l’Italia e l’America e da New York attraversano l’Atlantico per arrivare in Calabria. Un incontro che si concretizza in un accordo tra il John D. Calandra Italian American Institute del Queens College (CUNY) e l’Università della Calabria. A firmare l’accordo sono stati, lunedì 6 ottobre, nella sede del Calandra Institute, i rettori dell’istituto calabro e del Queens College, nel corso di un evento cui hanno partecipato accademici e rappresentanti delle istituzioni, tra cui la console Natalia Quintavalle. L’accordo prevede la creazione di un corso di studi italo americani all’interno dell’offerta didattica dell’Università della Calabria, nonché attività di ricerca svolte in collaborazione e programmi di scambio tra i due istituti con la possibilità per gli studenti di compiere un periodo di studi dall’altra parte dell’oceano. Il progetto è nato quando Anthony Tamburri e Fred Gardaphé, docenti della CUNY, sono stati ospitati in Calabria per un ciclo di lezioni che ha riscontrato un forte interesse da parte degli studenti. Da lì l’idea di creare un’offerta didattica specifica e costante nel tempo.

scherzo

Anthony Tamburri (a sinistra) e Felix Matos Rodriguez scherzano dopo la firma dell’accordo

“Questo è il primo corso di cultura italoamericana formalizzato nel sistema accademico italiano – ha detto Anthony Tamburri, dean del Calandra Institute, nell’annunciare la firma dell’accordo – Il Calandra e l’Università della Calabria hanno fatto la storia”. Felix Matos Rodriguez, nuovo president del Queen College, nel porre la firma sul documento di accordo si è complimentato con l’Università della Calabria per l’apertura dimostrata nei confronti dei temi della diaspora “che – ha detto – sono difficilmente riconosciuti. E lo so perché, da porto ricano, mi sono occupato a lungo dello studio della diaspora”. Soddisfatto anche Gino Mirocle Crisci, rettore dell’Università della Calabria, che si è detto contento anche per avere avuto l’occasione di tornare a New York, a 24 anni da quando studiava all’Università del Road Island.

Dopo la firma dell’accordo e uno scherzoso scambio di battute tra Tamburri e Rodriguez su chi dovesse conservare la penna che “ha fatto la storia”, Crisci, affiancato dal vice rettore Guerino D’Ignazio e dal responsabile per le Relazioni Internazionali di UniCal, Gianpiero Barbuto, ha illustrato ai presenti le moderne strutture e l’offerta didattica dell’Università della Calabria, ateneo nato appena 42 anni fa ma cresciuto molto in fretta e che oggi conta 35.000 iscritti, 600 studenti internazionali, e un vero campus all’americana dotato di due teatri, due cinema, caffetterie, strutture sportive e biblioteche.

Crisci

Gino Mirocle Crisci illustra ai presenti le strutture del campus dell’Università della Calabria

Rodriguez e Crisci hanno messo in evidenza la somiglianza tra l’UniCal e il Queens College, entrambi campus universitari che rappresentano un’anomalia in quanto inseriti in realtà, sia quella newyorchese che quella italiana, in cui generalmente le università sono all’interno del tessuto urbano.

A seguire, il Calandra Institute ha ospitato un simposio dedicato ai temi della diaspora con l’intervento di studiosi di entrambe le istituzioni coinvolte. Donna Chirico, dello York College (CUNY) ha spiegato che la CUNY stessa è, in qualche modo, rappresentazione della diaspora in quanto ricca di studenti internazionali, “ma gli italoamericani – ha detto – sono sottorappresentati”.

Ha sottolineato l’importanza del viaggio in Italia come esperienza per avvicinarsi alla propria identità italoamericana, Fred Gardaphé che, dopo aver ricordato che quando iniziò a occuparsi di questi temi, gli studi italoamericani non esistevano, ha raccontato di come il suo primo viaggio in Italia, a 27 anni, fu cruciale per lo sviluppo di quell’identità tra due mondi: “È quindi fondamentale che gli studenti abbiano l’opportunità di andare a studiare in Italia e sarebbe utile se ci fossero sempre più occasioni per loro, oltre a quella creata qui oggi con la Calabria. Proporrei anzi una moratoria sulle  scholarship che le tante istituzioni italiane offrono a meno che non si tratti di scholarship per un periodo di studi in Italia”.

panel

Il simposio sulla diaspora. Da sinistra: Fred Gardaphé, Margherita Ganeri, Marta Petrusewicz, Joseph Sciorra e Donna Chirico

Appassionato l’intervento di Margherita Ganeri, docente all’Università della Calabria e tra i primi sostenitori del progetto in collaborazione con il Calandra. “In Italia il dibattito sugli studi italoamericani è arrivato solo di recente e ancora gli studi di italianistica non includono la produzione letteraria degli emigranti come anche degli immigrati, di quegli autori che, pur avendo origini diverse, vivono in Italia e scrivono in italiano”. Mossa dal desiderio di scardinare il conservatorismo dell’accademia italiana nella convinzione che l’idea di una produzione letteraria puramente italiana sia un assurdo, Ganeri ha intrapreso un percorso che l’ha porta a conoscere più da vicino la letteratura italoamericana e scoprirne i profondi legami con il Sud e in particolare con la Calabria: “È  la regione da cui è partita la maggioranza degli emigrati ed è anche quella dove oggi arrivano grandi flussi di migranti. Allo stesso tempo, molti dei nostri studenti, e in particolare quelli che si laureano in studi umanistici, sanno che molto probabilmente dovranno emigrare per trovare lavoro. Il tema della migrazione è quindi molto presente e dovrebbe essere al centro dei nostri programmi didattici: non si può insegnare la letteratura italiana senza considerare la migrazione, soprattuto in Calabria”.

Dello stesso avviso è Marta Petrusewicz dell’Università della Calabria secondo cui l’Italia e la Calabria sono i posti più appropriati per sviluppare gli studi sulla diaspora. “L’Italia ha una storia millenaria di immigrazione ed emigrazione. E una volta l’emigrazione era una perdita. Si cercava di dimenticare il linguaggio, bisognava assimilarsi. Dall’altro lato dell’oceano, gli emigrati erano immigrati e arrivavano come tabula rasa: il loro bagaglio culturale si era perso in mare. La cultura prodotta in questi ambiti è stata quindi marginalizzata perché non era la vera cultura americana né era la vera cultura italiana. Ma gli studi della diaspora ci permettono di rintracciare quelle connessioni che hanno attraversato il mare”.

Ha concluso il simposio Joseph Sciorra, del Calandra Institute, che ha offerto una lente etnografica agli studi della diaspora: “È attraverso l’osservazione e lo studio della vita quotidiana delle persone – ha detto lo studioso, autore, tra l’altro, di Embroidered Stories: Interpreting Women’s Domestic Needlework from the Italian Diaspora – che emergono le espressioni più autentiche dell’identità italoamericana”.

Finiti i tempi dell’emarginazione sociale, è ora di abbattere anche le barriere dell’emarginazione culturale. L’accordo tra il Calandra e UniCal è un passo in quella direzione.

 

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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