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September 30, 2020
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Tra Trump e Biden, un dibattito da far vergognare l’America

Il presidente degli Stati Uniti interrompe continuamente il rivale democratico e mostra tutta la sua pericolosità nel non condannare i gruppi razzisti e violenti

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read

Uno spettacolo mortificante per gli Stati Uniti e tutto il popolo americano che non pensiamo meriti, pur con tutti i problemi che questa società si trascina. Il primo dibattito tra il Presidente Donald Trump e l’ex vicepresidente Joe Biden è stato non solo caotico, ma vergognoso. Donald Trump ha mostrato tutto se stesso senza più freni, un uomo al quale martedì sera sarebbe già stato pericoloso affidare la responsabilità di un condominio ma che invece si ritrova da quasi quattro anni al comando della nazione più potente del mondo.

Trump per tutto il dibattito è stato sempre più aggressivo fino al punto di apparire, con le sue continue interruzioni del rivale, infantile e distruttivo. 

Il presidente protettore del razzismo alla fine è uscito allo scoperto. Tutto il mondo ha potuto vederlo, gli Stati Uniti hanno come Commander in Chief un uomo che non riesce a condannare il “suprematismo bianco”. Che quando gli è stato chiesto, dall’ottimo moderatore Chris Wallace, di cosa direbbe per condannarli ai “White Suprematist”, come i Proud Boys —un gruppo neo-fascista che poi ha festeggiato  — se ne è uscito con “stand back and stand by”. Stand by? Restare in attesa? Di che? Sembra quasi una chiamata alle armi…

Uno spettacolo mortificante: il  presidente degli Stati Uniti che non riesce a dire che condannerà i violenti e razzisti, che non scomunica i “White Suprematist”. Non è la prima volta, era già successo a Charlottesville. Nessuno potrà più dire che si fosse trattato di una incomprensione…

C’è poco da analizzare di un dibattito che non è mai riuscito ad esser tale, non per colpa di chi poneva le domande, quel giornalista Chris Wallace che pur lavorando per Fox, ha mostrato calma e spessore nel cercare di condurre un confronto che Trump ha tentato in tutti modi di far diventare rissa. Ma Wallace non ha potuto evitare, con le continue interruzioni del presidente, che non lasciava praticamente finire di parlare il vicepresidente, che il dibattito crescesse, risultando alla fine solo un pandemonio di frasi interrotte, una bolgia dove non si capiva o approfondiva nulla. 

Joe Biden, che avrà avuto pure il difetto di mostrare martedì sera ancor di più il peso dell’età, almeno ha avuto la decenza di non perdere quasi mai la calma – ad un certo punto Biden esasperato ha chiamato Trump “clown” – e soprattutto di trovare, nei momenti di maggiore esasperazione per le continue scorrettezze del rivale, di puntare lo sguardo verso la telecamera e parlare direttamente agli spettatori.

Si doveva discutere di Corte Suprema, di pandemia da coronavirus che ha provocato negli USA, primo paese al mondo, oltre 200 mila morti, di economia a pezzi, delle proteste e della violenza, di clima e ambiente, della regolarità del voto di novembre. Alla fine, c’è stato solo il caos creato da Trump, che ha cercato così, effettivamente riuscendoci, forse di evitare di essere messo all’angolo e venire umiliato, per esempio, dallo scandalo  di pagare meno tasse di un qualsiasi cittadino medio americano, proprio lui che si vanta di essere un miliardario (ma a quanto pare sommerso dai debiti e sempre sull’orlo del fallimento). Anche lì, quando Wallace gli ha chiesto più volte se Trump avesse pagato solo 750 dollari per le tasse federali nel 2016, come rivelato dal New York Times, il presidente ha ripetuto che lui paga “centinaia di milioni di dollari”, senza rispondere sì o no alla precisa domanda del moderatore. Qui Biden è apparso veramente addormentato, avrebbe dovuto attaccare di più.

Quando il New York Times ha pubblicato il suo scoop sulle tasse e i debiti di Trump due giorni fa, abbiamo subito pensato come anche Al Capone alla fine venne incastrato per le tasse evase. Ma c’è una grande differenza tra il gangster di un secolo fa e Trump, che si trova ad avere tra le mani le leve di comando della nazione più formidabile del mondo. Quando “scarface” fu incastrato, finì in galera per il resto dei suoi giorni. Quando a Trump è stato chiesto sull’atteggiamento che terrà sul rispetto del risultato del voto, ha fatto più volte capire che lui può solo vincere, altrimenti sarà stato tutto un imbroglio… Che farà quindi, con quei supporter violenti che non riesce a condannare nemmeno quando sono “white suprematist”? Per quanto tempo li lascerà in “stand by”?

Biden vs Trump (Illustration by Antonella Martino)

L’America, a pochi giorni dalle elezioni più importanti della sua storia, si ritrova con un Presidente-Sansone, che ormai ha fatto ben capire cosa vorrebbe accadesse se gli americani pensano di potersi liberare di lui col voto. Biden, a questo punto, è stato anche troppo calmo, sfoderando al più dei sorrisetti che mostrava nonostante le continue interruzioni del rivale, che non gli ha lasciato terminare un ragionamento.

Martedì sera l’America a Cleveland, Ohio, si è guardata allo specchio e, a questo punto, si spera si sia spaventata nel rendersi conto, senza filtri, dell’ immaturità del carattere e la pericolosità dei “valori” del presidente che ha scelto quattro anni fa. Joe Biden non è un gigante, si è visto, ma al cospetto del bullo rabbioso e indisponente, a chi scrive queste righe appare come l’unica scelta ancora possibile per scongiurare la fine del secolare esperimento democratico della più formidabile nazione del mondo.

Biden era in vantaggio prima del dibattito nei poll. Dopo quello che si è visto con Trump martedì sera, resto fiducioso che lo rimarrà.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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