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Libia: la vita straziante dei civili e migranti tra naufragi, guerre e Covid-19

Famiglie rovinate, case bombardate, strutture sanitarie distrutte, infrastrutture crollate, economia sull'orlo del collasso e i migranti muoiono nel Mediterraneo

Alessandra LoierobyAlessandra Loiero
Libia: la vita straziante dei civili e migranti tra naufragi, guerre e Covid-19

Un migrante appoggia la mano su un cancello all'interno di un centro di detenzione, in Libia. È stato arrestato e trattenuto prima di poter salire a bordo di una nave che stava attraversando l'Italia (UNICEF / UN052682 / Romenzi)

Time: 4 mins read

Pochi giorni fa, il 17 agosto, l’imbarcazione che trasportava oltre 80 persone, è affondata, dopo che il suo motore è esploso al largo delle coste di Zwara, nella Libia occidentale.

Almeno 45 migranti hanno perso la vita, e tra loro c’erano anche 5 bambini. È il più grande naufragio registrato al largo della costa libica nel 2020, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).

UNHCR / Alfredo D’Amato
Una nave sovraccarica di rifugiati e migranti che cerca di raggiungere l’Europa, vista dal ponte di una nave della Guardia Costiera italiana, nel Mar Mediterraneo.

Quest’anno oltre 300 migranti e rifugiati sono morti nel tentativo di raggiungere l’Europa, ma il numero effettivo di vittime potrebbe essere molto più alto.

L’ONU avverte: “Senza un’operazione di soccorso dedicata e un meccanismo per gli sbarchi guidati dall’Unione Europea, altre vite verranno perse nel Mediterraneo”.

Nonostante gli incontri e gli stanziamenti, secondo l’OIM non si fa abbastanza per evitare i naufragi, ecco dunque l’appello affinché si riveda l’approccio degli Stati alla gestione dei soccorsi nel Mediterraneo: “È necessario rafforzare con urgenza le attuali capacità di ricerca e soccorso”. Il  rischio di altri disastri è alto.

All’appello le agenzie dell’ONU aggiungono che “le imbarcazioni delle ONG hanno svolto un ruolo fondamentale nel salvataggio di vite umane in mare a fronte di una drastica riduzione degli interventi condotti dagli Stati europei”; dunque hanno chiesto la revoca delle restrizioni legali e logistiche sulle navi delle ONG che hanno contribuito.

L’immagine della ONG Sea-Watch al largo delle coste della Libia, quando il 6 novembre la Guardia Costiera libica ha forzato alcuni dei migranti imbarcati sull’imbarcazione Sea-Watch a tornare indietro verso la Libia (Foto da sito Sea-Watch.org)

L’Italia continuerà a finanziare la Guardia costiera libica anche per il prossimo anno, incaricata di bloccare le partenze dei migranti a bordo dei barconi diretti verso le coste meridionali del nostro paese. Una decisione che ha attirato le critiche di molte organizzazioni umanitarie.

In passato, l’Italia, con l’operazione Mare Nostrum, ha contribuito al salvataggio di circa 150.000 rifugiati e migranti. È stato lanciato nell’ottobre 2013 e terminato un anno dopo.

L’UNHCR e l’OIM inoltre esortano le autorità libiche ad agire con fermezza contro i trafficanti e i contrabbandieri che depredano migranti e rifugiati vulnerabili.

Nel 2020 sono stati registrati oltre 6.200 casi di abusi. Lo racconta il recente rapporto pubblicato dall’Unhcr e dal Mixed Migration Centre del Danish Refugee Council, dal titolo “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori”. Nel documenti vengono descritte le violenze brutali che si consumano nel nord delle coste africane: ustioni con olio bollente, scariche elettriche, violenza sessuale su donne e bambini. Dati che testimoniano come “la Libia non sia un luogo sicuro presso cui ricondurre le persone”; ecco perché l’UNHCR e l’OIM hanno sottolineato che le navi non dovrebbero riportare le persone in Libia, dove si verificano gravi mancanze dei diritti umani.

UNICEF / UN052822 / Romenzi
Un migrante siede alla luce del sole che entra da una delle due sole finestre per cercare di riscaldarsi in un centro di detenzione, situato in Libia, il 1 ° febbraio 2017. Al momento della visita dell’UNICEF, 160 uomini erano detenuti lì.

L’instabilità in Libia

Da 9 anni la Libia vive una guerra civile senza fine. Dopo aver assistito alla caduta del regime del dittatore Muammar Gheddafi, non è mai riuscito a effettuare una transizione democratica e vede la presenza di due schieramenti: il governo di Tripoli, nato con gli accordi di Skhirat del 17 dicembre 2015, e guidato dal premier Fayez al-Sarraj, il quale rappresenta l’unico esecutivo riconosciuto dalle Nazioni Unite (sostenuto da Turchia, l’Italia e il Qatar) e il governo di Tobruk del generale Khalifa Haftar, (appoggiato da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Russia e Francia).

Press Encounter with Mr. Ghassan Salameh, Special Representative and Head of the United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL)
UN Photo by Mark Garten

In particolare l’Esercito Nazionale Libico (LNA) continua a beneficiare degli aiuti militari inviati da Mosca, anche se superficialmente, il governo russo dichiara di supportare il Government of National Accord (GNA).

È proprio a causa di questi doppi giochi che  Ghassan Salamé ha abdicato dal ruolo di inviato ONU per la Libia, ed ha accusato il Consiglio di Sicurezza e le Nazioni Unite di non svolgere il ruolo per cui sono stati creati.

Inoltre il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, poche settimane fa ha denunciato “le ingerenze straniere”, sostenendo che “hanno raggiunto livelli senza precedenti”. Le unità del Government of National Accord (GNA) “con un significativo supporto esterno, hanno continuato il loro avanzamento verso est” e le forze militari si sono raggruppate attorno alla città di Sirte, capitale della “mezzaluna petrolifera”, a metà strada tra Tripoli e Bengasi. Il governo di Tripoli, sostenuto dalla Turchia, vuole riprendere il controllo di questa città, che era stata conquistata dal generale Haftar mentre era ancora in corso l’assedio di Tripoli. Da quel momento a Sirte sono arrivati rinforzi di ogni tipo: mercenari siriani, russi, armi e tonnellate di munizioni.

L’ingerenza straniera nel conflitto viola “l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite e gli impegni assunti dagli Stati membri a Berlino” dalla risoluzione 2510 del Consiglio di Sicurezza e a pagarne le conseguenze sono i civili.

UNICEF / Giovanni Diffidenti
Un bambino corre tra i detriti e le macerie nel centro di Bengasi, in Libia.

Covid-19 in Libia

Nel paese i casi di COVID-19 sono passati da 571 a giugno a più di 9.000 di oggi, secondo quanto riporta il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR).

Una bomba inesplosa a Sirte (Foto da Flickr)

Peter Maurer, presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, ha affermato: “A Bengasi e Tripoli, ho visto in prima persona come stanno soffrendo i civili a causa delle conseguenze catastrofiche di questo conflitto”, ha detto Maurer.

Il conflitto ha colpito il sistema sanitario libico: ospedali e cliniche sono stati danneggiati nei combattimenti, mentre altri sono stati costretti a chiudere i battenti perché vicini al fronte.

Nel 2020, sono stati consegnati nel paese pacchi di cibo a quasi 93.000 persone e trasferimenti di denaro a beneficio di 35.000 sfollati libici, riparazioni delle infrastrutture di acqua, servizi igienici per 570.000 persone e tre strutture di assistenza medica per 57.000 persone. Circa 100 ospedali e strutture di assistenza sanitaria di base hanno ricevuto forniture mediche e quasi 300 operatori sanitari sono stati formati sulla prevenzione e il controllo delle infezioni da COVID-19. Più di 1.000 persone che vivono con disabilità hanno ricevuto servizi di riabilitazione fisica comprese le protesi.

UNHCR / Hereward Holland. Un gommone pieno di migranti al largo della Libia aspetta di essere soccorso dalla Sea Watch.

“Esortiamo tutte le parti in conflitto, compresi i loro sostenitori internazionali, a rispettare il diritto internazionale umanitario. I civili devono essere risparmiati dalle ostilità e non dovrebbero mai essere l’obiettivo di un attacco” ha dichiarato il presidente CICR Peter Maurer.

Anche l’economia del paese vive un tragico momento e i salariati giornalieri e i migranti sono i più colpiti. I prezzi degli alimenti di base sono aumentati in media del 20%, e raddoppiati in altri casi. C’è il pericolo che i prezzi salgano ulteriormente, poiché la Libia aveva deciso la chiusura dei pozzi di petrolio. Latte, verdura, pane e carburante scarseggiano già.

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Alessandra Loiero

Alessandra Loiero

Laureata all’Università Cattolica di Milano interfacoltà di Scienze Politiche e Sociali e Scienze Linguistiche e Letterature Straniere. Per la Voce di New York si occupa di Nazioni Unite e Politica Estera. Attualmente frequenta il corso di specializzazione in Geopolitica presso la Scuola di Limes. Alessandra earned an interdisciplinary degree from the Catholic University in Milan, in the faculties of Political and Social Sciences and Linguistic Sciences. Her work for La Voce di New York deals with the United Nations and Foreign Policy. She is currently attending a postgraduate course in Geopolitics at the Limes School.

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