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October 31, 2019
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Argentina, “volver” peronista: cronaca di una vittoria elettorale annunciata

La rinata fiducia nel peronismo per il lavoro, i benefici sociali, la pubblica istruzione e salute. Per questa speranza gli argentini hanno votato Fernandez

Dora SalasbyDora Salas
Time: 5 mins read

“Si ritorna sempre al primo amore” afferma il tango “Volver” (Ritornare) che la mitica voce di Carlos Gardel tramanda da quasi un secolo, di generazione in generazione di argentini, che dopo quattro anni di governo neoliberista, domenica scorsa hanno eletto due peronisti, Alberto Fernandez e Cristina Fernandez de Kirchner, per la Presidenza e la Vicepresidenza di questo Paese Sudamericano.

E “Volver, vamos a volver” (torneremo) hanno cantato a squarciagola migliaia di persone che hanno festeggiato fino all’ alba il trionfo di F-F, segnando ancora una volta il vigore del Movimento creato negli anni 40 del ventesimo secolo dal generale Juan Peron, morto 45 anni fa e per tre volte Presidente (1946, 52 e 73), amato dal popolo povero, i descamisados (senza camicia), e odiato dalla potente oligarchia e le Forze Armate. L’esercito, la Marina e l’Aeronautica  lo hanno cacciato dal governo ed inviato  in esilio dal 55 al 73 senza riuscire però a cancellare la sua leadership di un variopinto universo di seguaci di destra, di centro e di sinistra.

Dopo la morte di Peron le Forze Armate hanno rovesciato il governo della sua Vicepresidente e terza moglie, Isabel Marinez, insediando dal 76 al 83 una dittatura, che è stata responsabile del sequestro e l’assassinio, mai riconosciuto, degli oppositori,  30.000 “desaparecidos”.

Il successivo fallimento politico-economico dei governi non peronisti e la presidenza del liberista peronista Carlos Menem hanno consolidato la strada di un nuovo volver nel 2003 del progetto del Peronismo Nacional y Popular.

Ma nel 2015, sconfitto nelle urne il candidato del governo, il neoliberismo si è di nuovo insediato con Mauricio Macri con lo slogan di moda, il cambiamento.

Ma il cambiamento c’è stato in quanto si è avuto un indebitamento dello stato vicino al 100% del PIL, le riserve al minimo nelle casse della Banca Centrale, due anni di recessione con inflazione, l’aumento della povertà (36%) e della disoccupazione (11%), e la produzione industriale scesa dell’8,1% durante l’ultimo anno.

10 dicembre 2007: l’allora presidente dell’Argentina Cristina Fernández al giuramento del suo ministro Alberto Fernández. (Foto di Víctor Bugge)

Il giornalista politico Horacio Verbitsky, direttore del giornale online “El Cohete a la Luna”, ha affermato che la vittoria del Frente de Todos (F-F) “Non garantisce una uscita veloce neanche facile dalla seria crisi economica che per la prima volta ha messo insieme  recessione con inflazione”, la peggiore delle ricette in economia.

”Non si vende neanche il pane”, mi diceva ieri una vicina di casa, in un quartiere del  ceto medio di Buenos Aires, fortemente impoverito. Ed è vero. L’unica cosa che acquistava chi aveva un po’ di  pesos argentini svalutati (68/70 pesos un dollaro) fino al venerdì prima del  voto era, appunto, “un pugno di dollari”, in una disperata corsa per tentare di mantenere un minimo potere di acquisto.

In questa cornice, la cautela della dirigenza peronista e la saggezza politica di Cristina Fernandez che ha rinunciato al suo protagonismo lasciando il primo posto ad Alberto per ricostruire l’unità del Movimento, sono state le carte vincenti del nuovo volver del peronismo.

Alberto, avvocato, 60 anni, già Capo del Gabinetto dei Ministri durante l’intera presidenza di Nestor Kirchner (2003- 2007) e per alcuni mesi del primo governo di Cristina (due volte Presidente, 2007-11 e 2011-15), ha battuto senza bisogno di ballottaggio l’attuale presidente Macri della coalizione Juntos por el Cambio.

Infatti, la legge elettorale argentina prevede la vittoria al primo turno con il superamento del 45% dei consensi.

L’attesa per lo scrutinio elettorale nel bunker peronista

Domenica scorsa, Fernandez-Fernandez hanno ottenuto un 48% e il presidente uscente un 40%, cifre da precisare nello scrutinio definitivo ma riconosciute verso le 22.30 da tutti i candidati, poche ore dopo la chiusura dei seggi.

Alberto e Cristina si insedieranno il 10  dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti Umani, data che in Argentina si celebra con La Marcha de la Resistencia, una manifestazione iniziata dalle Mamme di Piazza di Maggio nel 1981, durante l’ultima dittatura militare, e che si ripete annualmente per denunciare la massiccia e sistematica scomparsa di persone, sequestrate, torturate e assassinate durante il Terrorismo di Stato per le quali si chiede ancora Memoria, Verità e Giustizia.

Alberto e Cristina non sono parenti e rappresentano due volti diversi del peronismo; Alberto più disponibile a dialogare con tutti i settori interni e Cristina più dura e intransigente. Ma dichiaratamente tutti e due impegnati nel portare avanti il progetto nazionale e popolare.

La rinata fiducia nel peronismo aspetta il recupero del lavoro, dei benefici sociali, della pubblica istruzione e dei programmi di salute. E in questo senso la speranza è il sentimento prevalente tra i votanti di F-F.

L’atmosfera di speranza richiama in parte quella che si sperimentava il 31  ottobre 1983, che ha visto le prime elezioni dopo il nero tunnel della dittatura.

Sono ormai 36 anni di democrazia ininterrotta, senza golpes militares, il vero cambiamento dal 1930 quando è stato rovesciato il Presidente Hipolito Yrigoyen e si è iniziato il lungo periodo di governi nati nelle urne cacciati dai soliti regimi dittatoriali.

Non è poco.

Domenica scorsa, nel cosiddetto “bunker” peronista c’erano le Mamme e le Nonne di Piazza di Maggio e i Familiari degli Scomparsi, che dopo il trionfo del Frente de Todos hanno accompagnato sul palcoscenico Alberto e Cristina.

Alcune Mamme e le Nonne di Piazza di Maggio e i Familiari degli Scomparsi nel bunker peronista in attesa dei risultati elettorali

”Madres de la Plaza, el Pueblo las abraza” è stato ancora una volta il riconoscimento a queste donne, ormai ultra ottantenne, che si sono organizzate durante la dittatura trasformando le lacrime in resistenza costante e pacifica.

In attesa dello scrutinio sorridevano nel bunker altri volti noti; tra questi Jose Luis Rodriguez Zapatero (ex Presidente del Governo Spagnolo), Fernando Lugo (ex vescovo cattolico ed ex Presidente del Paraguay, destituito nel 2012) e il diplomatico brasiliano Celso Amorim (ex Ministro degli Esteri di Lula da Silva).

L’ex premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero nel bunker peronista in attesa dei risultati elettorali

In una convulsa America latina, non sono pochi gli sguardi su Alberto e Cristina e il loro prossimo governo di unità peronista.

Parole caute rivolte a “tutti”, dialogo con i neoliberisti uscenti, e una colazione di lavoro nella Casa Rosada, sede del Governo, con medias lunas (croissantes argentine) e sorrisi tra Alberto e Mauricio sono state i segni particolari subito dopo il voto.

Il Presidente uscente e il Presidente eletto si sono messi d’accordo per gestire la “transicion”, ma Cristina dal palcoscenico di domenica e gli uomini di Alberto il lunedi hanno sottolineato che fino al 10 dicembre “la responsabilità” di quanto accade nel Paese è totalmente e assolutamente di Macri.

Come giornalista, costretta all’esilio, sono tornata nel 1983 per pochi giorni. Ho votato piangendo tra la gioia, la paura e il ricordo del mio compagno e tanti amici desaparecidos. 

Anche il 27 ottobre scorso, di ritorno a Buenos Aires da  Roma ho votato come primo atto, piangendo nella consapevolezza di quanto è stata difficile la strada e quanto lo sarà ancora per cercare un mondo più solidale e più giusto.

“Il concetto di memoria abbraccia dimensioni essenziali per la sopravvivenza dell’essere umano: la parola, la scrittura, l’identità personale e collettiva, l’interpretazione della storia” ha scritto Nicola Gardini nel suo libro Le 10 Parole Latine che raccontano il nostro mondo. Mi sembra una affermazione adeguata per questo periodo.

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Dora Salas

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