Sull’omicidio del giovane Luca Sacchi, avvenuto a Roma ieri, sappiamo il poco o nulla che è plausibile sapere a 24 ore dalla sua commissione: due persone in stato di fermo, accertamenti in corso su dinamica dell’azione, movente, parendo a tutta prima sproporzionato quello innescato da una reazione ad un tentativo di rapina (ma esiste anche la pura irragionevolezza), e così via.
Tuttavia, a fronte del silenzio che dovrebbe accompagnarsi ad una così ancora incerta conoscenza dei fatti, si staglia una ridda di opinioni, dichiarazioni, commenti, diffusamente largiti da uomini e donne delle istituzioni, come si dice.
Sfondo consueto si dirà; certo: ma particolari circostanze, stavolta, conferiscono a questo basso continuo un accento di particolare angustia, di speciale miseria culturale, politica, ed anche morale.
A parte, il Sindaco Virginia Raggi, che sempre conferisce una patina di supplementare inconsistenza logica alle sue parole: “Questi criminali vanno arrestati e puniti severamente”. Banalità, ai limiti della sciocchezza: essendo un enunciato generale, con patente velleità di esibire valore politico-criminale, si spiegherebbe solo se si opponesse ad un altro, di uguale e contraria dabbenaggine, che avesse preteso, per chi uccide e per principio, un premio.
Magari c’è un sottinteso, volto a conferire “spessore” alla superficie di simili vacuità: e cioè che in Italia “nessuno va in galera”. A parte i circa 60.000 reclusi nel complesso (in aumento rispetto al 2018), s’intende: e con una percentuale di detenuti in attesa di giudizio del 31% (circa 20.000 persone), rispetto ad una media EU del 21% . Ma sarebbe un voler infierire su un Sindaco per Caso (sciagurato). Proseguiamo.
In queste stesse ore, è noto, la Corte di Cassazione ha stabilito che “Mafia Capitale” era una costruzione giuridica priva di fondamento: nel senso preciso che le associazioni a delinquere giudicate (cd Buzzi e Carminati) non presentavano i caratteri della “mafia” : né quelli tradizionali, né altri “evolutivi”, pure immaginosamente proposti da una vasta congerie di soggetti (magistrati, gazzettieri, giornalisti, giuristi, legulei), con un’acribìa e uno slancio profetico degni di miglior causa.
Alla notizia dell’omicidio Sacchi, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha tenuto a precisare che “Roma, guardando agli indici di delittuosità, è la città più sicura del mondo”. “Sicura”, anche se con la scorta di severi “indici di delittuosità” (ora ne vedremo qualcuno) è aggettivo multiforme: può riferirsi ad una quantità di fattori lesivi o pericolosi; ora, però, stiamo pure al suo più grossolano riferimento: la “pubblica sicurezza”, intesa come contraltare di “criminalità”.
Nella costruzione di “Mafia Capitale”, un’idea era determinante: quella di “riserva di violenza”; non solo violenza in atto o sensibilmente potenziale, “a disposizione”; ma pure stipata, come in una sorta di conto deposito: sicché il maneggio amministrativo degli uni (Buzzi) poteva attingere, alla bisogna, dal “tesoretto” degli altri (Carminati); perciò, persino peggio di una violenza dispiegata che, almeno teoricamente, si può affrontare. Delitto e Criptodelitto: altro che indici. Si affermava “il male occulto”: un incubo. Di questa congettura, il M5S si è pasciuto come uno sciacallo, ruttando ogni specie di olezzante propaganda. Avessero saputo cos’era, per Roma, avrebbero chiesto lo Stato d’Assedio. Ora: “la più sicura del mondo”.
Conte intendeva replicare, nientemeno, al Sen. Matteo Salvini, che, a sua volta, affermava “colpa dei tagli ai fondi per la Polizia”. Ma sappiamo che il Nostro è per “buttare via le chiavi”, per il “marcire in galera”, e simili altri postulati di schietta estrazione liberale e democratica: perciò, diciamo, era una questione di brand, cui, va detto, ha sempre mantenuto rigorosa fedeltà.
Ma torniamo a Conte, a Raggi. Dicevamo che “sicura” è parola ampia; anche sotto lo stretto profilo “delittuoso”. Il Presidente Conte, essendo Professore e Avvocato, queste cose le sa; ma ribadiamolo ugualmente; pure l’omicidio colposo è un delitto, e piuttosto grave, anche.
Nel 2018, secondo dati Aci-Istat, a Roma ci sono stati 143 morti da sinistro stradale: 49 a Milano, 33 a Torino, 32 a Napoli (sì: a Napoli; mai fidarsi dei luoghi comuni). In crescita, peraltro, rispetto al 2017, quando a Roma i morti erano stati 129. Non tutti questi incidenti sono avvenuti su, o a causa di, buche o altre alterazioni delle strutture viarie (semafori inceppati, segnaletica insufficiente ecc): ma per un terzo, i rilevi sono certi. Nel 2018, circa 40 persone a Roma sono morte per incuria dell’Amministrazione. Perciò, “più sicura del mondo”, è una castroneria da mettere, come la mitica “riserva di violenza”, in conto deposito.
E’ uno spettacolo indegno. Tutto questo dire e negare, fare e disfare, sapendo di non dover mai rendere conto di un tale, incessante, lenocinio: dove il dolore, l’inquietudine, la serenità, vengono fatti oggetto di contrabbando, di una falsificazione permanente, di uno spaccio attossicante, che alla fine lasciano i postumi immedicabili di una radicale sfiducia, e l’immediata ma durevole sensazione di un disprezzo per tutto e per tutti: di una casba etica in cui non si può, non si deve, credere a nessuno, a nulla.
E ora, pronti per “il week-end elettorale” umbro: forti di quello che il Ministro Luigi Di Maio, inarrivabile banditore di balordaggini, ha presentato come “Evento di Coalizione”. Intendeva alludere ad una riunione in teatro: peraltro, bisogna riconoscerlo, luogo ineffabilmente appropriato per simile compagnia di saltimbanchi.