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March 15, 2015
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L’Italia affonda, ma la spending review non tocca privilegi & privilegiati

Aldo PennabyAldo Penna
Time: 3 mins read

L’Italia delle ineguaglianze, l’Italia delle distanze continua a inanellare primati da nascondere occultare, non mostrare.

Se l’ambasciatore italiano a Berlino guadagna il doppio del cancelliere tedesco, se il governatore della California guadagna la metà del governatore siciliano, se tre giudici costituzionali italiani costano quanto l’intera Corte Suprema americana, deve pur esserci qualche problema.

Il Parlamento Italiano è uno dei più numerosi al mondo e costa quanto l’Assemblea Nazionale Francese e il Bundestag tedesco messi insieme.

 La Casa Bianca ha 456 addetti contro i 1550 del Quirinale. E lo stipendio medio dei dipendenti americani è circa la metà dei dipendenti della Presidenza della Repubblica Italiana. Si fissano per legge 238 mila euro come retribuzione massima per l’impiego pubblico e nella sola Banca d’Italia, ma anche nelle innumerevoli aziende ex municipali, vi sono migliaia di dirigenti che superano impunemente tale tetto. Gli alti burocrati ministeriali italiani sono il doppio per numero e per paga dei loro omologhi inglesi senza che questo desti scandalo o si corra a trovare rimedio.

 

Nella Francia di Luigi XVI una vastissima oligarchia delle pensioni e degli appannaggi d’oro costringeva il terzo stato a prelievi fiscali confiscatori. Le vite dorate dei primi si alimentavano con il sudore, il sangue e la rinuncia degli altri.

In Italia la monarchia è stata abolita da un referendum popolare, ma i privilegi che le complicità politiche, l’informazione silenziata e l’opinione pubblica tenuta all’oscuro hanno prodotto fanno impallidire i precedenti pre-ivoluzionari francesi. Il gracile corpo dei produttori italiani è sempre più dilaniato dai morsi insaziabili della sua classe dorata.

 

I vertici delle classifiche dei maggiori contribuenti italiani sono affollati da uomini e donne che devono il loro reddito alle “grazie” del settore pubblico senza che questo generi allarme. Se un giudice della Corte Suprema americana affermasse che il suo reddito lo mette al riparo dalle tentazioni della corruzione, sarebbe costretto a dimettersi dall’indignazione popolare. Se lo afferma uno dei nostri non accade nulla.

 

Una rete di complicità che lega controllori e controllati ha imprigionato un intero Paese e rende impossibile, drenando grandi risorse, che in Italia si possano trovare i fondi per lo Stato sociale.

La corsa a essere come gli americani ha i suoni di spending review, elezione diretta dei leader, larga autonomia in stile federalista delle Regioni, e la furba faccia di inenarrabili privilegi che hanno consentito l’esplosione della spesa locale, l’elezione spesso di primi cittadini o presidenti di Regione teleguidati e la proliferazione incontrollata della classe dorata.

Non è un caso che gli unici Stati europei senza reddito minimo siano Italia e Grecia. La seconda ha scavato un baratro nelle sue finanze distribuendo favori a pioggia. Se ai costi della politica si sommano quelli della burocrazia, locale e centrale, e la vasta ragnatela di incarichi pubblici dalla sanità ai trasporti, alle migliaia di aziende pubbliche e parapubbliche, si dipana davanti agli occhi dei cittadini uno sterminato sistema che si tiene a vicenda toccando ogni snodo della vita pubblica.

Gli unici timidi segni di attacco al sistema sono stati previsti, ma ancora in larga parte disattesi, dopo la grande crisi iniziata alcuni anni fa.

Di fronte al contrarsi delle risorse, allo scandalo delle pensioni d’oro, degli affitti d’oro, delle retribuzioni d’oro, si è sollevata un’onda di protesta che sembrava potesse travolgere l’intero edificio. Un sistema dei media malato ha strillato, ma non troppo forte, né abbastanza a lungo. Le catene delle proprietà, direttamente incardinate nei conglomerati finanziari industriali, assicurano una rappresentazione ammaestrata della lotta politica. L’anticorpo essenziale delle democrazie, la libera informazione, è ridotta a un innocuo placebo che rassicura piuttosto che impensierire la classe dorata. E così la scandalosa distanza tra il gruppo ristretto che ha tutto e la gran parte della popolazione che sta smarrendo i sogni e vede infrante le speranze si allunga sempre più. Ma gli inganni non durano per sempre e migliaia di storie di protagonismo civico, di tutela dei diritti e libertà aspettano solo il filo che le cucia insieme.

 

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Aldo Penna

Aldo Penna

Tra inganni universali ed eroi di cartapesta, scrivere resta l'estrema difesa per aprire squarci di verità sulla tela dell'inganno che soffoca la libertà. Tre sono gli anticorpi nelle democrazie. Il primo, l’opposizione, a volte corrotta e complice. Il secondo, la magistratura, ma il sistema politico spesso trasforma in legge i favori di cui gode. Il terzo, il complesso mediatico, una rete di sentinelle che all’arrivo dei virus delle istituzioni democratiche richiama gli altri anticorpi e blocca gli invasori e che per funzionare non deve avere nulla da spartire con gli elementi che condizionano il sistema. La sfida per la libertà nel terzo Millennio sta tutta qui. p.s. Palermitano, alle ultime elezioni Aldo Penna è stato eletto alla Camera dei deputati con il Movimento Cinquestelle. Durante la campagna elettorale ha avuto un grave ictus ed è stato ricoverato per mesi in ospedale. Ha vinto le elezioni, nonostante molti elettori sapessero che fosse in pericolo di vita. In Parlamento è stato eletto nel collegio elettorale Palermo-Resuttana

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