Viva Julian Assange, e Viva Rafael Correa, il presidente dell’Ecuador che gli ha consentito di difendersi da quelli che vogliono vendicarsi per essere stati da lui smascherati. Non ho la minima idea di come abbia fatto, Assange, a tirare fuori migliaia di messaggi volati fra i governi e le loro ambasciate sparse nel mondo, le comunicazioni avvenute fra governi a governi, o addirittura i messaggi con cui i governi impongono il segreto ai loro funzionari. Non lo so, come Assange abbia fatto, e per quanto ne so sono molti pochi quelli che hanno scoperto come lui ha fatto ciò che ha fatto, ma darei qualsiasi cosa per mettere gli occhi sulle carte cosiddette segrete, non fosse altro per godere della faccia infuriata di qualche sbraitante presidente, rimasto in mutande davanti al mondo intero.
Cerchiamo di essere chiari: i documenti cosiddetti segreti di cui si tratta non sono quelli che, oddìo che tragedia se il nemico se ne impadronisse. Le armi terrificanti di cui le potenze nucleari dispongono sono e “devono essere” perfettamente note ai potenziali nemici affinché se ne stiano calmi. E’ bene infatti che loro conoscano per benino le armi di cui i potenziali nemici dispongono ed è quindi opportuno che ci pensino alcune decine di volte prima di far partire una bombetta e ricevere la risposta.
Di fatto, la conoscenza delle armi “segrete ma non troppo” è in pratica il più efficace deterrente capace di evitare il “meccanismo fine di mondo”, come diceva il tetragono ambasciatore sovietico nel memorabile “Stranamore” di Stanley Kubrik.
Ma allora, se le cose che Julian Assange ha reso note non contengono formule atomiche, calcoli di gittate missilistiche o piani di milioni di persone da ammazzare e quindi non comportano nessun pericolo di guerra nucleare e nessun rischio di morte né per voi né per me, né per Barack Obama, ne per David Cameron primo ministro britannico, né Maurice Yaméogo (presidente dell’Alto Volta) e nemmeno il signor Manuel Corragas, presidente del condominio in cui abito io. E allora, se nessuno degli abitanti della terra è in pericolo imminente, perché mai si sta perseguendo quel biondo australiano tanto accanitamente da costringerlo a rifugiarsi nell’ambasciata ecuadoriana a Londra?
E inoltre: perché la Gran Bretagna, uno dei Paesi di civiltà molto avanzata, si ritrova a minacciare di “andare a prendere” Julian Assange nell’ambasciata ecuadoriana, fregandosi di un caposaldo elementare come quello dell’inviolabilità delle sedi diplomatiche?
E perché gli Stati Uniti adombrano addirittura l’uso della “soluzione finale” per Julian Assange, visto che per i colpevoli di alto tradimento è prevista la sedia elettrica, proprio come accadde con i coniugi Rosenberg, ma allora si trattava appunto dei disegni dell’arma nucleare?
Sembra essersi verificato uno stranissimo rovesciamento di logica: gli spionaggi riguardanti le armi più mostruose che gli uomini, nella loro follia, siano riusciti a costruire le armi più spaventose di sempre, non richiedono troppa attenzione perché tanto provvede la stessa terribilità a rendere quelle armi “fuori uso”; gli spionaggi di cose innocue, invece, attraggono tanta attenzione da indicare in Julian Assange il pericolo numero uno. Perché Assange è peggio delle spie “vere”? Una risposta possibile è che per i governanti il prodotto di Assange è semplicemente insopportabile: si chiama ridicolo. Sin dai primi “documenti” divulgati da Assange, si sono sentiti presidenti, ministri, ambasciatori, alti militari, sparare baggianate sestiquedali che hanno messo a nudo l’ignoranza, la scarsezza di ragionamento, la pochezza generale che alberga nei loro poveri cervellini. Come nascondere quella loro disgraziata condizione? Con il segreto, ovvio. Julian Assange quel segreto lo ha rotto. Speriamo che con il suo nuovo migliore amico, Raffael Correa, possa continuare a rubare ogni tanto un po’ di stupidità governativa, per farci divertire a denti stretti.