L’Auditorium Parco della Musica sta ospitando un’eccezionale serie di concerti, che fanno onore alla più grande e dinamica struttura culturale della capitale. Non è da tutti mettere in fila, nell’arco di poco più di un mese, artisti come Giorgia, Ludovico Einaudi, The Cranberries, Joan Baez, Tony Bennet, Gilberto Gil e, la scorsa settimana, Patti Smith e Alanis Morissette che ho avuto la fortuna di ascoltare. Il ciclo “Luglio suona bene”, perla che si rinnova ogni estate nella programmazione dell’Auditorium, si raccomanda anche ai turisti che in questo periodo affollano Roma e che numerosi accorrono alla cavea per godersi gli artisti italiani e internazionali in cartellone.
Patti Smith e la Morissette non hanno bisogno di presentazione. Piuttosto, può essere interessante fare il punto su cosa accomuni o differenzi le due artiste, mostri sacri della contemporaneità musicale, e capirne il rapporto con il pubblico italiano, così entusiasta della loro esibizione romana. Le due donne appartengono a generazioni e generi musicali diversi.
Cresciute la prima tra il mondo operaio del Michigan e lo snobismo radical chic di New York dove ai suoi 65 anni risulta stabilmente radicata, la seconda tra il freddo Ontario e Los Angeles con una significativa puntata in India, hanno tirato dalle intese esperienze personali testi e musica di tutto rispetto che propongono al loro affezionatissimo pubblico, con una coerenza che ha pochi uguali nel cosmo della rock music. Più intellettuale e biascicante la prima (non casualmente definita con monotonia la “sacerdotessa del rock” o la “madrina del punk rock”, più vitale e scintillante la seconda, ragazzotta di 38 anni (firmò il primo contratto a 11!), bene in carne dopo essere passata negli inferi di anoressia e bulimia perché, come racconta volentieri, un cretino di discografico le disse dietro che “con quei fianchi” non sarebbe andata “da nessuna parte”.
L’avevo ascoltata quattro anni fa sempre in cavea, ed era affranta dalla fine del suo grande amore. Oggi sprizza allegria e movimento: il matrimonio e la recente maternità hanno contribuito a restituirle la vita, senza toglierle il successo decretatole nel 1995 innanzitutto dal suo paese di elezione, gli Usa, con Jagged Little Pill (16 milioni di copie negli Stati Uniti, più di 30 nel mondo). Bel problema il successo per queste donne. Patti Smith ha avuto alti e bassi da paura, anche per dolorose e ripetute vicende private. Fu aggredita da Mick Jagger, al quale non rispose mai a tono, come crap, awful, poseur, intellectual bullshit, useless guitar player e bad singer.
Al concerto di Roma, il pubblico le ha riservato ovazioni da stadio, lei è scesa dal palco stringendo mani dando baci e firmando autografi, con un sorriso da bambina inimmaginabile nelle copertine dei suoi vecchi album, quelli, per capirci,
con le foto anche del “suo” Mapplethorpe. Ha definito il tour “lungo e difficile, con vento, pioggia, freddo”.
Ma non per la parte italiana: “… sia la mia band che io, qui ci siamo esaltati. Anche perché, almeno in Italia, non c’è il pericolo di mangiare male”. La Morissette, nell’intervista a Repubblica, ha detto della “confusione” in cui l’aveva cacciata il successo precoce, e di come se ne sia allontanata perché era diventato “una priorità più della mia salute, del mio equilibrio, di una crescita sana”.
Con il pubblico romano è stata generosa, dando due bis, risultando a tratti persino sopra le righe nel timbro sonoro e strumentale. Patti e Alanis hanno dato l’impressione di raccontarsi con sincerità, cercando l’amicizia del pubblico. Che ha apprezzato.