Beppe Grillo (nella foto) cresce perché diminuisce la partecipazione democratica dei cittadini – Scusate se insisto, ma l’altro giorno un nuovo sondaggio ha frastornato l’Italia: il signor Grillo sarebbe al 21% dei suffragi elettorali. Certi commentatori avvertono (o minacciano?) che, da qui alle prossime elezioni, la “scalata” potrebbe continuare fino a toccare livelli davvero sorprendenti. Questo dato (reale o enfatizzato) accelera l’esigenza di cambiare registro e di correre ai ripari. A cominciare da un’incisiva riforma della legge elettorale (“porcellum”) per introdurre la riduzione di almeno il 30% del numero dei parlamentari (una Camera di 400 membri e un Senato di 200) e il voto (numerico) di preferenza affinché sia l’elettore a scegliere il suo rappresentante in Parlamento e non più il capo-partito. Ed anche l’abolizione del “premio” di maggioranza che aggiudica allo schieramento che prende un solo voto in più un premio di circa cento parlamentari. Una rendita scandalosa quanto inutile, che non è servita a far funzionare per il meglio il “bipolarismo”.
In realtà, il “premio” è servito per nominare altri cento servitori dei… capi-partito e per escludere dalla rappresentanza parlamentare talune forze politiche che, insieme, costituiscono quasi il 20% degli elettori italiani. Il risultato di questa legge indegna è sotto gli occhi di tutti. Mai come oggi, è stata così coartata, umiliata la partecipazione dei cittadini, dei militanti alla vita democratica, alle scelte politiche ed economiche del Paese.
Non un voto per punizione ma per convinzione – Perciò, bisogna subito modificare il “porcellum” (perchè non abolirlo?), anche attivando una corsia prioritaria in sede parlamentare, come chiedono i cittadini esasperati dalla mancanza di una reale possibilità di ricambio del ceto politico. Senza queste modifiche cresceranno la sfiducia, l’astensionismo, le delusioni e il ritiro nel “privato”, il voto di protesta. Crescerà Grillo. La preferenza unica non è la panacea, tuttavia potrebbe favorire il recupero di gran parte di tale disagio e sbloccare la situazione. Con la preferenza, infatti, si stimolerebbe la partecipazione politica ed elettorale; si riporterebbero dentro i partiti il confronto e la protesta dei cittadini i quali, riappropriandosi della facoltà di scelta, potrebbero esercitarla all’interno della lista di riferimento. Senza essere, cioè, costretti a votare per protesta: più per punire qualcuno che per scegliere un programma, un governo, un parlamentare.
Da questo malessere si originano, infatti, i dati preoccupanti dei sondaggi che un po’ fanno il paio con le manovre miranti a scardinare l’impianto democratico del Paese. Il primo problema è, dunque, quello di ricreare normali condizioni di esercizio dei diritti democratici per rasserenare il clima politico e per consentire agli elettori di votare non per ritorsione, ma per promuovere il benessere solidale della nazione. Insomma, ognuno deve potere scegliere, serenamente, fra programmi e candidati, con convinzione e responsabilità. Eventualmente, anche le liste del signor Grillo.
Questo è il punto politico più urgente! Poiché, votare con la legge-porcata potrebbe significare un colpo esiziale alla nostra democrazia.
A Parma è nato un torbido connubio, non la “terza Repubblica”- Chiarito quest’ aspetto, è necessario analizzare alcune tendenze emergenti dai sondaggi e un po’ dagli umori della gente che parrebbero indicare per l’Italia un futuro politico anomalo, incerto, probabilmente conteso fra il centro-sinistra e una forza populista senza progetto e senza statuto com’è quella del signor Grillo. La situazione è preoccupante ma recuperabile. Nulla è scontato. Tuttavia, non si può sottovalutare, poiché tali previsioni un qualche fondamento ce l’hanno e fanno leva sull’esasperazione diffusa in alcuni settori dell’elettorato giovanile e di centro-destra.
Significativamente, questo 21% dei grillini si realizza, quasinteramente, ai danni del PdL di Berlusconi, in caduta libera. Un déjà vu, potremo dire. Un travaso già verificatosi a Parma con l’elezione del sindaco grillino che qualche autorevole quotidiano (tra questi, sorprendentemente, anche il mio “La Repubblica”) ha qualificato, addirittura, come atto di nascita della “terza Repubblica”. Ora, con tutto il rispetto delle opinioni, considero, a dir poco, un abbaglio, il volere far nascere una nuova (terza?) Repubblica da un torbido connubio come quello che, di fatto, si è realizzato a Parma fra il candidato grillino e i berlusconiani i quali, esclusi dal ballottaggio dopo una lunga decade di malgoverno, hanno riversato, per ritorsione, i loro voti su Pizzarotti.
Una “terza Repubblica” che nascerebbe su una siffatta confluenza bisognerebbe indicarla al pubblico ludibrio invece che esaltarla, enfatizzarla. Fin qui, nulla di strano: sono gli aspetti beceri di certa politica e di una vista corta. Quel che più meraviglia è la lettura enfatica, e pertanto sospetta, che si continua a fare del “fenomeno” su quasi tutti gli organi d’informazione – com’è noto- controllati dai soliti “poteri forti” i quali, certo, non amano Grillo, ma vorrebbero usarlo come minaccia incombente per condizionare i singoli partiti in affanno, lo stesso governo Monti, per obiettivi di potere che poco hanno a che spartire con gli interessi veri del popolo italiano. Dopo il fallimentare dispotismo di Bossi e Berlusconi, un altro leader populista? Tuttavia, se siamo a questo punto delle ragioni ci sono e fra queste sicuramente alcune di cui quasi mai si parla: l’appiattimento dei partiti sugli interessi forti, italiani e stranieri; l’aggiramento della volontà polare e la vanificazione degli stessi esiti referendari; la distribuzione iniqua del carico fiscale e della ricchezza nazionale; l’occupazione sistematica del potere pubblico; ecc. ecc. Per rimuoverle non ci vuole la bacchetta magica, ma è necessario riaprire le vie della partecipazione democratica per la ricostruzione morale ed economica del Paese, per ridare fiducia e una prospettiva di lavoro ai giovani; per riformare lo Stato, l’amministrazione, la scuola, l’informazione,
ecc. Uno sforzo immane, collettivo e solidale, che presuppone il ripristino di una corretta dialettica democratica, elettorale che affida ai cittadini, organizzati nei partiti e nelle associazioni, il diritto/ dovere di cambiare uomini e cose.
Francamente, dopo il dispotismo fallimentare di Bossi e di Berlusconi, l’Italia non ha bisogno di un altro “leader” populista che, dalla sua villa “a cinque stelle”, detti ordini in nome del popolo indignato. Il discorso è di responsabilità nazionale e vale per tutti, per la destra, per la sinistra, per il centro. Su questo terreno vanno verificati il ruolo e la capacità propositiva dei partiti e dei loro raggruppamenti elettorali. Specie in questa fase di acuta crisi e con un governo tecnico (e anomalo), il problema è di come, con quali idee e schieramenti, si prepara il ritorno alla normalità politica, al dopo-Monti.
Un grande polo della sinistra democratica e progressista per governare il Paese – Il quadro è confuso, incerto. Il centro destra ondeggia, perde pezzi, anche pregiati, del suo elettorato. Allo stato, non sappiamo se e come uscirà dalla sua crisi. Una condizione propizia che dovrebbe favorire una sinistra davvero rinnovata negli uomini e nelle idee, portatrice di un progetto nuovo che rompe con i vecchi schemi ma anche con nuove ambiguità e incoerenze.
C’è necessità – a mio modesto parere – di un grande polo della sinistra democratica e progressista che assuma come compito costitutivo, identitario quello di rappresentare e difendere i legittimi interessi dei lavoratori, dei giovani, della cultura e degli intellettuali, dei ceti medi produttivi e professionali, dell’imprenditoria onesta e socialmente responsabile, ecc. Oggi, questo immenso popolo è sotto attacco, sta pagando le più gravi conseguenze della crisi che altri hanno provocato e- cosa ancor più grave- è senza una forte rappresentanza politica. Chi dovrà rappresentarlo? Questo è un altro punto politico chiave. Non certo formazioni minoritarie per vocazione, individualiste, ma una nuova sinistra, un “Frente amplio” di tutte le forze disponibili, se del caso, in alleanza con altre forze anche del centro popolare e soprattutto con settori della società prive di rappresentanza.