Di sicuro c’è solo che doveva avere la barba e, in compenso, aveva pochi capelli in testa. Ma, detto questo, “quanti volti aveva San Nicola di Bari?” La domanda se la pone la Gazzetta del Mezzogiorno, commentando due vicende entrambe legate al Santo: una mostra dedicata a questa insolita ma grande figura della Chiesa e la processione annuale della statua del Patrono sul Lungomare del capoluogo pugliese. La mostra, alla Sala Murat, è l’occasione per verificare come nel corso dei secoli San Nicola, morto nel 343 dopo Cristo sia stato rappresentato in mille modi da artisti di tutte le parti del mondo.
Probabilmente è giusto così. Perché pochi Santi sono tanto internazionali e senza confini. Anche il suo “titolo” liturgico e la grafia del suo nome sono variegate: non solo San Nicola di Bari, ma anche San Nicola di Mira, San Nicola Magno, e pure San Niccolò e San Nicolò. In questi due ultimi casi la sottile differenza, con una o due “C”, distingue il nord dal sud d’Italia.
Ma se uno è poliedrico, lo è fino in fondo. Santo cattolico, Nicola è venerato anche dal cristianesimo ortodosso e da altre confessioni cristiane. Non basta. Il nostro Santo spazia anche nel campo del folclore laico: è lui Babbo Natale o Santa Klaus che porta i doni sulla slitta tranata dalle renne. Da uno così si accetta il fatto che, pur essendo il Santo Patrono di Bari, qui non ci sia né nato né morto. Non solo: le sue reliquie sono sì a Bari, dove l’8 maggio si festeggia la ricorrenza del loro arrivo nel 1087. Ma alcuni frammenti di ossa sono pure nella Chiesa di San Niccolò a Venezia: i veneziani, devoti anch’essi al Santo, mal sopportarono l’acquisizione barese e nel 1099 riuscirono ad impadronirsi di qualche ossicino dimenticato dai pugliesi nella tomba originaria di Mira, che è nella odierna Turchia. E ancora: se l’8 maggio a Bari è la festa di San Nicola, in realtà la Chiesa Cattolica celebra questo Santo il 6 dicembre.
Insomma: una bella confusione. In fondo, con un Santo così, la Gazzetta del Mezzogiorno non dovrebbe stupirsi e rizelarsi più di tanto per il «mix di fede e folclore» che, anche quest’anno, hanno accompagnato la processione in occasione del 925esimo della traslazione dei resti del Santo. Sentite: «Il lungomare, da Nord a Sud, è un suk a cielo aperto, regno dei venditori di bibite improvvisati, dei macellai che alimentano nuvole all’aroma di salsiccia, delle signore che friggono sgagliozze e popizze. Nessuno è in grado di esibire autorizzazioni alla vendita. Gli abusivi sono ovunque. Tanti. Troppi.
Forse per questo le sanzioni elevate dagli agenti della polizia municipale, 400 vigili in servizio, sono soltanto una quindicina. Sei le multe ai furgoni parcheggiati sull’erba». «Ma sul prato, sotto la Muraglia, non ci sono soltanto le automobili: i tavolini per gli avventori mordi e fuggi spuntano come funghi. Si sa: il polpo alla brace, cotto su fornelli apri-e-chiudi, va gustato seduti davanti a una birra Peroni, fino a qualche secondo prima affogata nel ghiaccio in una tinozza per lavare il bucato».
Giornata dell’8 maggio secondo copione, quindi. Non del tutto. Per la prima volta la processione in mare della statua del Santo dalla pelle color dell’ambra non è stata salutata dagli spari. Il rettore della Basilica, padre Lorenzo Lorusso, ha risparmiato sui fuochi sia in segno di solidarietà nei confronti delle famiglie in difficoltà che per ragioni legate alla sicurezza. Motivazioni però sconosciute alle migliaia di persone, che si sono poste domande senza risposta e che hanno aspettato invano i botti. Lui, San Nicola, non deve essersi formalizzato abituato com’è ai cambiamenti.