Tra i motivi di soddisfazione del vivere nell’era di internet e della comunicazione globale, c’è che ora si può dar sfogo alle proprie innocenti manie rendendone partecipi il mondo intero. Un tempo il classico collezionista di farfalle o di vecchie chiavi d’epoca aveva ben poco pubblico se non qualche altro “fissato” come lui: oggi c’è un intero pianeta a disposizione. Certo in rete ci sono, come nella vita reale, delle cose e dei personaggi brutti e criminali. Ma si possono anche incontrare storie e esseri umani che ci strappano un sorriso.
Come Anna Albano il cui divertimento da anni consiste nel fotografare la gente che, per strada o sui mezzi pubblici, legge libri. Per poi mettere le immagini sul suo blog (http://cosedalibri.blogspot.it/2011/02/slave-toreader. html). La notizia, segno sempre dei tempi mutati, l’ho letta su un altro blog, curato da Tommaso Pellizzari sul sito del Corriere della Sera. Il tutto avviene a Milano e non poteva essere diversamente: il capoluogo lombardo, dove corruzione e scandali politici e finanziari dilagano, ha da tempo perso il titolo di “capitale morale” d’Italia per non parlare del suo vecchio primato economico ormai da discutere. Ma, su questo non ci sono dubbi, resta ancora il principale centro librario ed editoriale del Paese. La notizia però prende l’avvio da altro: da una lamentela di Anna. A lei, prima di rubare uno scatto (dà anche i consigli: usate il cellulare, indossate scarpe con i lacci e non i mocassini, così avrete la scusa di chinarvi e, non visti, fotografare) piace scoprire che libro stiano leggendo le persone. Facile, un tempo. Ma ora con gli ebook è diventato impossibile. E Anna protesta.
Come sempre nel caso dei blog, sono cominciati a piovere i consigli. Si va da quelli decisi e poco corretti («Gli dai un colpo in testa, guardi cosa stava leggendo sull’e-reader e poi lo lasci lì, così impara a fare il tecnologizzato!») ai suggerimenti più amabili e diplomatici («Gli prendi il tablet dalle mani, vedi di che si tratta e poi glielo ridai»). E’ una notizia piccola, ma di questi tempi è talmente difficile trovare qualcosa di cui sorridere.
ALTRIMENTI TOCCA PARLARE DI POLITICA. E allora scatta l’irritazione o, peggio, la depressione. Perché ormai è chiaro che la politica, anzi i politici, hanno fretta di scalzare quel rompiscatole di Mario Monti.
Avevo già commentato su queste colonne la terrificante minaccia di Maurizio Gasparri: «Stiamo tornando». Ora a chiarire le cose, ci si è messo Fabrizio Cicchitto. Monti era in Oriente e, davanti a una platea internazionale di primaria importanza, si stava preparando ad ascoltare il presidente americano Obama. Niente da fare: è dovuto uscire perché Cicchitto a tutti i costi insisteva da Roma, via cellullare di servizio, che doveva parlargli di una cosa urgentissima. Che poi si è rivelata riguardare una modifica al reato di corruzione allo studio del governo.
Sulla corruzione gli ex berlusconiani hanno le antenne molto vigili e le idee precise: basti pensare, tre le mille cose, che hanno depenalizzato il reato di falso in bilancio. Così Monti, dopo avere cercato di resistere («Chiamo dopo») è dovuto uscire. E si è perso l’unico complimento che Obama nel suo discorso ha fatto a un governo straniero: quello appunto di Monti che sta cercando di rimettere l’Italia in carreggiata. La cosa si commenta da sola. Non penso di sbagliare se mi immagino che, dall’Italy Desk del Dipartimento di Stato, qualche consigliere abbia bisbigliato all’orecchio di Obama, scuotendo la testa, che nel Belpaese c’è il rischio che tutto torni come prima.